E’ difficile dare un’idea dell’aria che si respira a Macerata dopo quanto successo sabato scorso, 3 febbraio. Il fatto, di cui abbiamo parlato qui, è che Luca Traini, ventottenne maceratese vicino agli ambienti di estrema destra ed ex candidato con la Lega Nord, ha sparato contro un gruppo di persone, tutte di origine africana, ferendone sei. Si è poi avvolto nella bandiera tricolore urlando “Italia agli italiani” mentre faceva il saluto fascista, a braccio teso. Molto specifico per essere il gesto di un folle, come alcuni hanno provato a derubricare il gravissimo episodio.
Altri invece l’hanno sostenuto, da subito e con chiarezza: Forza Nuova in primis, che ha espresso pieno sostegno all’aggressore. Ieri il movimento di estrema destra si trovava sotto la sede del Pd, identificato come “colpevole di aver permesso l’invasione degli immigrati”, e per domani, martedì 6, è prevista una manifestazione, proprio nella piazza principale della città: una dimostrazione “contro l’immigrazione”, come recita il comunicato di FN. Una manifestazione che, dalle ultime informazioni, sembra sia stata autorizzata: cosa molto grave, visto che di fatto si consente di stare in piazza, legittimandone la presenza e dunque anche i discorsi, a chi ha da subito sostenuto una persona che ha sparato contro altri esseri umani.
Anche altri hanno espresso da subito il proprio sostegno: ma non all’aggressore, bensì alle vittime e a quella parte di società che rifiuta il razzismo, il fascismo e la violenza: “Fermiamoci tutti contro ogni violenza e ogni fascismo” è la frase scritta sullo striscione che campeggiava ieri – domenica – ai giardini Diaz, dove si sono ritrovate più di trecento persone. Un presidio spontaneo, nato dal bisogno di non normalizzare gli attacchi di odio, i discorsi fascisti, il razzismo sempre più palese. Un presidio nato tramite whattsapp, dall’iniziativa di singoli, che hanno preferito non utilizzare facebook proprio perchè sempre più spesso questo social diventa la vetrina dei discorsi di odio: meglio agire, si è pensato. E sono stati in tanti a pensarlo (qui il video).
Diametralmente opposta la posizione di chi appoggia Traini e ne legittima l’operato: è frequente il richiamo alla morte di Pamela Mastropietro e in generale ai reati di cui si macchierebbero gli immigrati, andando a esasperare gli italiani. Parole che ritornano spesso nel gruppo facebook ‘Sei di Macerata se..’, e che si ritrovano anche nelle dichiarazioni di molti politici: oltre agli esponenti di Forza Nuova, anche Salvini e Berlusconi puntano il dito contro “la presenza degli immigrati”, in una strana costruzione retorica per la quale se vieni quasi ucciso, il problema non è chi ti ha sparato e perchè, ma la tua stessa presenza.
C’è poi chi non si espone in modo così definito e non giustifica quanto successo: però, in parte, lo capisce. C’è, insomma, chi alla condanna dell’aggressione associa il pensiero che “però gli immigrati sono troppi”. Chi ha normalizzato, o sta normalizzando, qualcosa che normale proprio non è. Uscire di casa con una pistola, mirare contro sei persone identificate come nemici in quanto nere, e sparare, non è normale. Queste sei persone hanno dei vissuti individuali, come tutti e tutte noi, non sono parte di un gruppo omogeneo contro cui scagliarsi per ogni problema – dalla criminalità alla disoccupazione, alla mancanza di risorse economiche. Ma questo sembra ormai passato in secondo piano, anche in una città come Macerata dove storicamente l’estrema destra non ha una rappresentanza particolarmente forte. “Macerata è una tipica città della provincia italiana: tranquilla, non vuole fastidi. La cosa grave è che da tanta gente quanto accaduto viene vissuto come un fastidio”, afferma Paolo Bernabucci, presidente del Gruppo Umano Solidarietà, realtà che in città gestisce due centri di accoglienza. Due delle vittime di Traini vivono proprio in uno di questi centri.
Del resto, se la comunicazione, nazionale e ancor più locale, si appiattisce su una narrazione al limite del deumanizzante, giorno dopo giorno gli strumenti per affrontare la realtà in modo critico vengono meno. Di fronte a un vero e proprio atto di attacco fascista la narrazione mediatica si è concentrata molto sul profilo psicologico dell’aggressore, oscurando le vittime. Se nei casi di attacchi terroristici siamo abituati a scoprire la vita passata delle persone aggredite, in una comunicazione voyeristica che mira alla pietas del lettore, qua accade l’inverso: le vittime scompaiono. Solo dopo qualche giorno, e solo su alcuni quotidiani nazionali, si ascolta la loro voce e si da spazio a quello che hanno da dire. “Chi lotta tra la vita e la morte sembra caduto nel dimenticatoio mediatico. Ancora una volta le vere vittime sono escluse, private della parola e del racconto. Anche questo è sintomo del razzismo dilagante”, affermano i membri del centro sociale Sisma, presenti ieri al presidio nei giardini Diaz. “La stampa locale, e in particolare i siti online, sono i mandanti e i fautori di questo clima che stiamo ora vivendo. Non fanno giornalismo, bensì fomentano odio. Non forniscono strumenti per capire, piuttosto diffondono slogan e stereotipi”, fa eco Bernabucci.
E allora occorre mettersi in gioco. Lo affermano tutte le realtà che promuovono la manifestazione indetta per sabato 10. Un’iniziativa nazionale: perchè quanto avvenuto a Macerata non riguarda solo Macerata. L’aggressione fascista di sabato scorso è l’ennesimo grave episodio che indica una deriva molto pericolosa presente in tutta Italia, che va contrastata anche e soprattutto a fronte delle legittimazioni e banalizzazioni di parte del mondo politico e mediatico.
“È ora di dire basta – afferma l’Anpi – il gesto di terrorismo fascista che ha colpito Macerata è la conseguenza del quotidiano stillicidio di parole razziste e violente che stanno lentamente avvelenando la convivenza civile delle nostre città”. E’ contro questo clima che si vuole scendere in piazza sabato, in un corteo eterogeneo, al quale sono chiamate a partecipare tutte le persone che non vogliono lasciare più spazio al razzismo e al fascismo. Qui info.