Un vero e proprio raid razzista ha sconvolto Macerata questa mattina intorno alle 11. Sei vittime, una donna e cinque uomini africani, tutti colpiti dagli spari di una pistola nella parte superiore del corpo. Due di loro hanno subito un intervento chirurgico, uno è in camera di rianimazione, l’altro è in prognosi riservata. Al momento purtroppo le notizie che si hanno sulle loro condizioni di salute sono scarse.
L’autore del raid è Luca Traini, 28 anni, testa rasata, tatuaggio di Terza Posizione sulla tempia, simpatizzante, a quanto si apprende dalla stampa, di Forza Nuova e Casa Pound e candidato della Lega Nord alle elezioni comunali di Cardonia nel 2017.
Traini ha iniziato a sparare contro le persone nere che ha trovato sulla sua strada circolando sulla sua auto nel quartiere di residenza dell’uomo che è stato arrestato qualche giorno fa, accusato dell’omicidio tremendo di Pamela Mastropietro.
Quando è stato fermato dalle Forze dell’Ordine, Traini indossava sulle spalle un tricolore e ha fatto il saluto fascista.
Un fatto isolato?
Il raid di Macerata ricorda molto, moltissimo, la strage di Firenze del 9 dicembre 2011, quando Gianluca Casseri, estremista di destra e membro di Casa Pound, uccise a colpi di fucile Samb Modou e Diop Mor e ferì gravemente Moustapha Dieng per poi suicidarsi.
Ma ricorda anche l’omicidio di Emmanuel Chidi Nnamdi, ucciso il 4 luglio 2016 a Fermo da Amedeo Mancini, altro estremista di destra.
Come avvenne a Fermo, l’autore del raid di Macerata ha ricevuto immediatamente la solidarietà di Forza Nuova, “pieno sostegno a Luca Traini”, pronta a offrire assistenza legale.
Liquidarlo come un atto “individuale” ci sembra quanto meno riduttivo.
Ora. E’ forse bene ricordare che l’iniziativa del movimento di destra nella città marchigiana è radicata e che l’immigrazione è uno dei temi chiave della sua propaganda politica. Nel luglio 2011 con un blitz notturno, Forza Nuova sigillava diversi negozi gestiti da cittadini cinesi. Nel luglio 2012 tappezzava la città di manifesti contenenti slogan razzisti: “Bello paese Italia. Casa gratis, aiuti da sindaco e prete di chiesa. Questo paese giusto per crescere miei 28 figli”; “Venuto Italia clandestino per vendere droga a stupidi italiani. Ora io ricco e loro tossicodipendente”; “Quando arrivato in Italia povero, ora aperto 10 negozi Kebab e 5 tappeti mentre bar poveri italiani chiude”; “Comunisti italiani brava gente. Dare aiuto a me e a tutti stranieri mentre a italiani vecchi non dare niente”; “In nostro paese donne coperte per volere di grande Allah. Ora Italia è nostro paese. Italiani non potete fare quel che vuole ora qui”. Il 13 ottobre 2012 manifestava in piazza (con una cinquantina di persone) al grido “Bisogna espellerli tutti”. Nel maggio 2013 il bersaglio di uno striscione affisso davanti a una sede del PD fu l’ex ministra “nera”: “Kyenge torna in Congo”. Il 15 marzo 2015 il leader locale del movimento fu accusato di aver incendiato il negozio di generi alimentari di due cittadini nigeriani. Il 27 settembre successivo uno striscione firmato FN chiese di “Chiudere le frontiere”.
La “follia” sceglie sempre i suoi bersagli
Allora, in attesa di avere informazioni più precise sulle condizioni di salute delle vittime, due delle quali risultano gravi, urge fare poche doverose considerazioni.
Oggi, come subito dopo la strage di Firenze e l’omicidio di Fermo, personaggi di rilievo pubblico hanno definito “folle” l’autore del raid maceratese. La testimonianza del proprietario della palestra frequentata da Traini viene riportata da diversi organi di stampa per evidenziare che l’uomo “Aveva dei problemi”, una situazione familiare difficile, lavoretti intermittenti. Di sicuro chiunque decida di sparare all’impazzata su vittime inermi un minimo di follia deve averla. Ma la “follia” dei fascisti, più o meno esplicitamente dichiarati, sceglie i suoi avversari e spesso sono “neri”.
“Lo Stato sarà particolarmente severo verso chiunque pensi di alimentare una spirale di violenza”: questa la dichiarazione del Presidente del Consiglio che ha giustamente condannato immediatamente quanto successo a Macerata. Bene. I pochi fatti ricordati sopra e le decine di altri fatti simili successi in tutto il paese fanno però pensare che sino ad oggi lo Stato non sia stato “particolarmente severo” con chi non si limita all’apologia del razzismo e all’istigazione al razzismo, ma sceglie di passare alle maniere forti sempre più spesso.
Vi è chi sottolinea che i movimenti di estrema destra hanno ancora un seguito limitato nel nostro paese. Non andrebbe però sottovalutata l’ampia rete di alleanze più o meno dichiarate che sembrano capaci di stringere.
Come facciamo ormai da tempo torniamo dunque a chiedere che la Legge Mancino sia applicata e che chiunque faccia apologia del fascismo e istighi al razzismo sia punito: troviamo letteralmente incomprensibile che movimenti di questo tipo possano tranquillamente operare e persino tornare a candidarsi a far parte delle istituzioni democratiche.
Ma sappiamo benissimo che le sanzioni penali non bastano.
C’è una responsabilità collettiva.
E’ ormai sin troppo facile identificare chi ha fatto del razzismo e della retorica della paura una vera e propria arma politica. Ma è altrettanto grave l’agibilità mediatica che a questa retorica è stata offerta. Si smetta di ospitare le parole del rifiuto in Tv senza battere foglia. Boicottiamo gli ascolti di chi soffia sul fuoco del rifiuto e della violenza.
Torniamo a parlare di eguaglianza e di diritti nelle scuole e nelle strade.
Ma, soprattutto, chiediamo politiche giuste e capaci di accogliere.
Se lasciamo il fascismo e il razzismo liberi di esprimersi e agire senza pudore, torneranno prima o poi colpire anche noi.
Grazia Naletto