“Se tra i cani ci sono razze che vengono più predisposte a aggredire, perché non ammettiamo che i rom sono più portati a commettere certi reati?”. E ancora: “4 case in una settimana a Motta…giovedì ho segnalato che davanti a me ed i miei vicini c’era una zingara ma non si può accusare..se non cambiano le leggi i nostri figli cresceranno in un mondo orribile!”. Infine: “Le telecamere servono per punire tutti ‘sti bastardi! Comunque niente gattabuia, ci vorrebbero i forni…metto a disposizione la mia taverna. Se vedete del fumo strano che esce dal tetto non vi preoccupate”. Sono le frasi scritte sul proprio profilo Facebook da Massimilla Conti, trentenne consigliera comunale eletta nella lista civica di centrodestra “Liberamente Motta”a Motta Visconti, un comune di 7mila abitanti in provincia di Milano. “Uscite indegne”, ha commentato il segretario locale del Pd Leonardo Morici, che ha chiesto le dimissioni di Conti: “E’ inconcepibile che una persona che esprime concetti di questa gravità, che violano Costituzione e codice penale, sieda in un consiglio comunale. Chiedere il ritorno dei forni crematori è un limite che non si può oltrepassare”. Ma la consigliera respinge le accuse: “Non sono razzista. E’ stato lo sfogo di un momento. In un anno ho subito due furti e uno a pochi giorni dalla scomparsa di mia madre. I ladri mi hanno portato via molti suoi ricordi”. A questa reazione di Conti, il deputato Pd Vinicio Peluffo ha annunciato che presenterà un’interrogazione urgente al ministro dell’Interno Angelino Alfano.
Le frasi scritte da Conti sono estremamente gravi, esattamente come le parole con cui ha provato a spiegarsi. Si propone un collegamento, dato per scontato, tra ladri e rom, invocando addirittura nuove leggi. Forse per rendere possibile la segnalazione di persone solo perché rom (in attesa che lo stigma si allarghi ad altri gruppi umani e sociali)? Ci chiediamo inoltre se il fatto di subire un danno da parte di una persona giustifichi la condanna di un intero popolo, la sua stigmatizzazione generale e il ricorso a frasi che rievocano un passato agghiacciante. “Sono una persona umana e ho usato Facebook come fanno tutti, ho commentato le frasi di un amico con leggerezza”, si giustifica la Conti, mentre arriva la difesa del sindaco Primo De Giuli: “Il consigliere ha usato frasi sbagliate per esprimere amarezza per gli episodi di delinquenza, ma non erano rivolte ai rom in particolare. E soprattutto non parlava a nome della nostra lista. Sono cavolate che si scrivono su Facebook, che, oltre a essere sbagliate, non sono opportune, dato il ruolo che ricopre”.
In realtà, il riferimento ai rom non può essere equivocato. E le frasi segnalate non sono “cavolate”, bensì commenti gravi che rispecchiano una precisa mentalità. Lo stesso si può dire della “leggerezza” con cui vengono scritte e giustificate. Ed è proprio il fatto che, come affermato dalla consigliera, lo “fanno tutti”, “con leggerezza”, che deve far riflettere.
Conti è infatti in buona compagnia.
A Borgaro Torinese il sindaco del Pd ha proposto l’istituzione di un bus per soli rom: dopo le critiche suscitate la proposta è stata definita “una provocazione” per ovviare a un “problema di ordine pubblico” (ne abbiamo parlato qui).
Mercoledì scorso il segretario della Lega Nord Matteo Salvini scriveva su Facebook: “Gli zingarelli minorenni che rubano, non possono finire in galera”. Post seguito da diversi commenti tra cui “Forni”, “Una pistola in bocca e fagli saltare a tutti il cervello”, “Dopo un po di mascelle rotte e femori fratturati si calmano subito”, “Sono quelli che odio di più. Una mano di botte ben date e via nel fiume”, “Riaprire le camere a gas hitleriane non sarà così facile”. All’ingresso del parco Rotta Po di Occhiobello, nei pressi di Rovigo, un cartello vieta l’accesso ai “nomadi”, consentendolo a tutti gli altri cittadini, come denunciato dal periodico Biancoenero (ne abbiamo parlato qui). Sono solo tre esempi recenti delle discriminazioni a cui sono soggetti, nell’Italia del 2014, i cittadini rom: dimostrazioni dell’antiziganismo ancora troppo presente nella società, che dimostra di non avere alcuna memoria collettiva riguardo a quanto subito dal popolo rom.
Tra il 1933 e il 1945 furono uccise 500.000 persone rom e sinti. La maggior parte morì nei campi di concentramento nazisti. Prima, molti passarono dai campi di internamento fascisti presenti in Italia. Un genocidio che oggi viene ricordato con il nome di Porrajmos. Un ricordo evidentemente troppo flebile.