La Digos di Torino ha perquisito nella mattina dello scorso 9 luglio alcune sedi e abitazioni private di esponenti e militanti di diversi gruppi di estrema destra del torinese. Su 11 perquisizioni eseguite, 7 hanno dato esito positivo. Tra queste quella nei confronti del leader torinese della Legio Subalpina, nella cui casa è stato ritrovato materiale di stampo fascista e proiettili da guerra. Ed è proprio per detenzione di munizionamento da guerra che il leader del gruppo, pluripregiudicato per danneggiamento, rapina, rissa, porto abusivo di arma e manifestazione fascista, è stato arrestato. Nelle altre abitazioni è stato rinvenuto diverso materiale propagandistico inneggiante al fascismo e al nazismo, insieme a coltelli, manganelli, tirapugni, proiettili e pistole giocattolo.
Le operazioni rappresentano la seconda parte di un’indagine avviata nei confronti degli ambienti di estrema destra, a seguito dell’esposizione di uno striscione recante la scritta “SPEZZA LE CATENE DELL’USURA VOTA FASCISTA VOTA FORZA NUOVA” (seguita dal simbolo del fascio littorio), la cui foto era stata pubblicata sul profilo Facebook di Forza Nuova Torino, e che il 20 giugno aveva portato ad altre perquisizioni e alla denuncia di Luigi Cortese, Coordinatore di Forza Nuova per le Regioni Piemonte e Valle d’Aosta, accusato di apologia del fascismo.
Le indagini si sono poi focalizzate su altri movimenti di stampo neofascista, tra cui la Legio Subalpina, che ha inaugurato la propria sede a Torino il 2 marzo scorso. L’inaugurazione, alla quale aveva preso parte anche l’ex europarlamentare leghista Mario Borghezio, aveva suscitato le proteste di molti residenti che, sostenuti dai militanti dell’ANPI, avevano manifestato la propria contrarietà all’insediamento del gruppo neofascista in città.
La Legio Subalpina fa parte della rete FEDErAZIONE, che dal 2018 riunisce i gruppi di estrema destra di tutta Italia sotto un’unica sigla con l’obiettivo di coalizzare e rafforzare le varie realtà della destra extraparlamentare presenti sul territorio italiano. Proprio Federazione ha dichiarato, in un comunicato stampa relativo alle vicende di questa mattina che “prenderà le iniziative e metterà in campo le risorse necessarie affinché i militanti coinvolti nell’inchiesta non rimangano soli ad affrontare questa delicata situazione ed a loro venga garantito un giusto processo nelle aule di giustizia non influenzato dal clima di tensione creato ad arte dalle sinistre per coprire problemi ben più gravi di cui sono responsabili”.
Purtroppo, l’aumento della violenza neofascista in Europa è un dato di fatto, riconosciuto come tale anche dalle istituzioni europee (il Parlamento Europeo ha adottato una Risoluzione in materia il 25 ottobre 2018, che evidenzia il legame tra la diffusione della retorica dell’odio e l’aumento della violenza).
In Italia, Lunaria ha per altro documentato diverse aggressioni e violenze razziste in cui l’estremismo di destra, nelle sue espressioni definite isolate (si ricordi, solo per citare i casi più recenti, la tentata strage di Macerata) e collettive ha svolto un ruolo centrale (si legga, tra gli altri, qui; qui; qui).
In Italia la questione di movimenti e partiti politici di stampo neofascista assume caratteristiche peculiari, e questo scaturisce in primo luogo dalla controversa definizione e collocazione giuridico-istituzionale di questi, riconosciuti da una parte quali organizzazioni libere e di carattere privato, ma allo stesso tempo titolari di alcune funzioni pubbliche e d’indirizzo politico attraverso il meccanismo della rappresentanza democratica (Tar Lazio, Sezione II, sentenza n. 9895/2009; per approfondimenti P. RIDOLA, L’evoluzione storico-costituzionale del partito politico e G. MOR, La disciplina giuridica dei partiti in Italia). In realtà la Costituzione non è completamente priva di disposizioni volte a tutelare l’ordinamento democratico. Il punto di partenza è senz’altro rappresentato dall’art. 49 sul diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere, con metodo democratico, a determinare la politica nazionale. L’obbligo di concorrere con “metodo democratico” è da intendersi sia come metodo di azione esterna, cioè nel rispetto delle regole della competizione e nel rapporto con gli altri partiti e le istituzioni statali, sia come disciplina interna del partito, che si si traduce e dimostra innanzitutto dalla selezione dei propri rappresentati, nel comportamento dei propri elettori, o ancora nel programma e nello Statuto dello stesso (per approfondimenti P. PETTA, “Le associazioni anticostituzionali nell’ordinamento italiano”, in Giurisprudenza costituzionale, 1973; G. PASQUINO, “Art. 49”, in G. BRANCA, A. PIZZORUSSO, Commentario della Costituzione, 1992, o ancora C. ESPOSITO, “Commento all’art.1”, in G. BRANCA (a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma, 1985). Tale diritto è limitato per le “associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare” (art. 18 Costituzione).
Ma è la XII disposizione transitoria e finale della Costituzione che vieta espressamente “la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”. Uno dei tentativi di dare una maggiore specificazione a questa, nonché di dare attuazione in via legislativa a tale dispositivo, è stato rappresentato dalla c.d. legge Scelba. La Legge evidenzia che “si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista”. La stessa legge predispone le conseguenze (provvedimenti e sanzioni) delle azioni di manifestazione dell’ideologia fascista (da intendersi in senso ampio) e della sua apologia, per cui si prevede la possibilità di scioglimento del partito, previo giudizio di incostituzionalità da parte della Corte costituzionale per i partiti che dovessero perseguire “finalità antidemocratiche”, o altrimenti dovessero adottare i metodi propri del partito fascista, considerati allo stesso modo illeciti ai sensi della XII disps. trans. fin.
Si ricorda infine anche la c.d. legge Mancino, in materia di discriminazione “razziale”, etnica e religiosa, che, modificando la legge Scelba, punisce con la reclusione “chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”.
Ma la cronaca giurisprudenziale ci restituisce un triste riscontro.
Quando si è tentato di accusare alcuni movimenti politici di violazione della legge Scelba, e in particolare di apologia al fascismo, i procedimenti si sono conclusi con l’archiviazione e/o l’assoluzione degli imputati, nella maggior parte dei casi a tutela della piena libertà di espressione e manifestazione del pensiero.
Pur essendo consapevoli del fatto che quella legale è solo una delle strategie da seguire, noi restiamo sempre convinti che le iniziative che rivendicano e praticano l’apologia del fascismo non vadano mai giustificate, ma sempre perseguite.