La legge n.286 introduce l’azione civile contro la discriminazione (Art. 43 e 44).
L’art.43 comma 1 definisce il concetto di discriminazione individuandola in “ogni comportamento che, direttamente o indirettamente, comporti una distinzione, esclusione, restrizione o preferenza basata sulla razza, il colore, l’ascendenza o l’origine nazionale o etnica, le convinzioni e le pratiche religiose, e che abbia lo scopo o l’effetto di distruggere o di compromettere il riconoscimento, il godimento o l’esercizio, in condizioni di parità, dei diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale e culturale e in ogni altro settore della vita pubblica”.
La legge definisce dunque come discriminazioni azioni che, anche indirettamente, si traducono in un trattamento sfavorevole a danno di una persona a causa della sua appartenenza etnica, nazionale, religiosa ecc. E’ opportuno osservare che il T.U. 286/98 include tra le cause di discriminazione l’origine nazionale risultando più lungimirante, da questo punto di vista, della Direttiva 2000/43/CE.
Il comma 2 dell’Art. 43 individua tra i potenziali autori dell’atto discriminatorio illecito i pubblici ufficiali o le persone incaricate di pubblico servizio che discriminino ingiustamente i cittadini stranieri e al punto b stabilisce che compie atto di discriminazione “chiunque imponga condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire beni o servizi offerti al pubblico ad uno straniero soltanto a causa della sua condizione di straniero o di appartenente ad una determinata “razza”, religione, etnia o nazionalità”. Compie ugualmente discriminazione chiunque ponga illegittimamente condizioni più svantaggiose o si rifiuti di fornire l’accesso all’occupazione, all’alloggio, all’istruzione, alla formazione e ai servizi sociali e socio-assistenziali al cittadino straniero in ragione della sua “razza”, nazionalità, religione, etnia.
L’Art.44 disciplina invece l’azione civile contro la discriminazione: questa può essere proposta con ricorso, anche personalmente dalla parte lesa, presso la cancelleria del pretore che può accogliere o rigettare la domanda con apposita ordinanza e, eventualmente condannare il convenuto al risarcimento del danno. Il giudice può ordinare, su istanza di parte, la cessazione del comportamento discriminatorio sia esso adottato da un privato cittadino o da una pubblica amministrazione.
L’Art. 44 contiene un’altra disposizione importante laddove affida alle regioni il compito di istituire dei centri di osservazione, di informazione e di assistenza legale per gli stranieri che sono vittime di discriminazioni. Norma che purtroppo è stata scarsamente applicata.