Atto Camera 6-00147
Presentata da PETRAROLI Cosimo
24 giugno 2015, seduta n. 449
Ambito di interesse: agenda europea immigrazione, Consiglio Europeo 25-26 giugno 2015
La Camera,
sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio dell’Unione europea del 25 e 26 giugno prossimi,
premesso che:
nella riunione del Consiglio europeo i capi di Stato e di Governo discuteranno dei futuri orientamenti in tema di modifiche e completamento dell’Unione Economica e Monetaria (UEM), il semestre economico europeo, l’Agenda digitale. Verranno inoltre trattati alcuni fondamentali temi di politica estera quali l’emergenza immigrazione, la revisione della strategia europea di sicurezza, la crisi ucraina e la lotta al terrorismo internazionale.
Per ciò che concerne le questioni internazionali.
La necessaria revisione della politica di sicurezza e difesa comune deve ricomprendere per intero la nostra politica estera, il dialogo e il sostegno concreto ai paesi del vicinato e del partenariato, in particolar modo quello Mediterraneo, e deve essere quanto più efficace possibile al fine di sviluppare un’area di stabilità, sicurezza e prosperità condivise, anche attraverso la nuova Politica europea di vicinato (PEV), che dovrebbe essere definita entro il prossimo autunno;
una politica di vicinato efficace deve fondarsi, in particolare, sulla costituzione di una politica estera e di sicurezza dell’Unione europea unitaria e coraggiosa, che sia autorevole e realmente in grado di incidere sugli scenari critici particolarmente rilevanti per le regioni vicine. Solo una siffatta politica europea di vicinato può creare i presupposti per la stabilità, la crescita democratica e l’instaurazione dello stato di diritto;
in particolare sarebbe opportuno dare il giusto rilievo e attenzione al raccordo e coordinamento tra Pev e politiche migratorie. La politica di vicinato potrebbe rappresentare la sede ottimale per rafforzare il dialogo con i Paesi partner in vista di una gestione condivisa delle dinamiche migratorie, nel quadro di un progressivo superamento di logiche meramente emergenziali, da realizzarsi anche attraverso l’auspicabile e urgente revisione del Regolamento Dublino III, e dell’instaurazione di criteri solidaristici tra gli Stati membri. Sarebbe in particolare urgente trovare un accordo in merito alla redistribuzione, su base equa e proporzionale, dei carichi relativi alle domande dei richiedenti asilo e protezione temporanea che interessano principalmente proprio il versante mediterraneo dei rapporti di vicinato;
a seguito dell’aggravarsi della crisi ucraina, l’Unione europea, gli Stati Uniti e altri Paesi hanno adottato sanzioni nei confronti della Federazione Russa. In risposta il 7 agosto 2014 le autorità russe hanno disposto un embargo annuale su diverse tipologie di prodotti agroalimentari provenienti da Unione europea, USA, Australia, Canada e Norvegia. Il nostro Paese risulta il terzo più danneggiato dell’Unione europea e le conseguenze riguardano non solo le mancate esportazioni, ma indeboliscono la struttura della rete commerciale e della distribuzione, con conseguente chiusura di aziende e perdita di occupati;
nonostante il cessate il fuoco entrato in vigore il 15 febbraio 2015 in Ucraina orientale gli scontri, seppur ridotti, non si sono tuttavia interrotti e permangono urgenti necessità mediche. Occorre, inoltre, un maggiore impegno per evitare i rischi di uno stato permanente di conflitto in Ucraina, dannoso per tutti gli europei, per la stessa Russia, per l’Ucraina, e per gli altri Paesi del vicinato, ivi inclusi Balcani, Caucaso e Asia Centrale, al fine di scongiurare la possibilità che si sfoci in una nuova guerra fredda, implementando una insensata e destabilizzante corsa agli armamenti attraverso il potenziamento missilistico delle basi Usa e Nato nei paesi dell’Europa orientale, nonché il continuo ripetersi di esercitazioni militari sia nel Mar Baltico e nel Mar Nero che possono essere avvertite come una minaccia per la Federazione Russa oltre che essere motivo di gravi incidenti diplomatici e militari;
la spesa militare dell’Unione europea già nel 2010 ha raggiunto quota 194 miliardi di euro, approssimativamente la cifra del deficit annuale di Grecia, Italia e Spagna messe insieme; gli alti livelli di spesa militare, nei Paesi ora nell’epicentro della crisi dell’euro, hanno giocato un ruolo significativo nel provocare la crisi del loro debito e i debiti provocati dalla vendita di armi sono sovente il risultato di affari di corruzione tra funzionari dei governi, pagati con soldi dei cittadini, gli stessi che devono sopportare tagli pesantissimi nei servizi sociali;
i tagli alla spesa militare, dove sono avvenuti, sono quasi interamente ricaduti sulle persone – riduzioni di personale, salari più bassi e pensioni più basse – e non sulla spesa per l’acquisto di armi mentre l’ampia consistenza di esportazioni di armamenti da parte degli Stati membri verso numerosi paesi del Sud del mondo e le aree di maggior tensione del pianeta dovrebbe obbligare l’Europa a una profonda riflessione sull’effettiva applicazione dei criteri restrittivi enunciati nella Posizione Comune dell’Unione europea del 2008 sulle esportazioni di armamenti;
sottolineato, altresì, l’opportuno inserimento tra gli strumenti della PESC delle capacità civili e militari dell’Unione europea nella gestione delle crisi e il riconoscimento dello scenario geopolitico della sponda sud del Mediterraneo e del Medio Oriente – anche alla luce della recrudescenza terroristica con gli attentati di Tunisi al museo Bardo e la mortifica iniziativa contro le popolazioni del cosiddetto Califfato (Isis) – quali priorità strategiche ai fini della sicurezza europea, sicurezza che non può che essere conseguita attraverso il moltiplicarsi dell’iniziativa diplomatica, il riconoscimento dei diritti umani e dei diritti dei popoli, dell’implementazione delle politiche di disarmo, della cooperazione e del ripudio della guerra;
considerato inoltre il delicato ruolo della Turchia, anche e non solo per la stretta cooperazione militare tra la Unione europea e questo Paese, che appare strategico nella costruzione di una Europa solidale e democratica ma che fino a oggi ha fatto mancare il proprio sostegno alla lotta al terrorismo dell’Isis, bloccando le forniture anche umanitarie verso i curdi e avendo avuto un comportamento alquanto ambiguo nei confronti degli estremisti islamici. Il risultato delle recenti elezioni politiche in Turchia e la perdita della maggioranza assoluta da parte del partito di Erdogan, possono aprire la strada verso un pieno coinvolgimento in funzione anti-Isis del Governo di Ankara e finalmente avviare quel processo di pace e d’inclusione del popolo curdo riconoscendone pienamente i diritti delle minoranze etniche e linguistiche. In questa direzione è auspicabile che il Pkk, formazione politica fondamentale sia nel processo di pace in Turchia sia nella stessa coalizione anti-Isis in Siria e Iraq. Si sottolinea in particolare come sia necessario che la frontiera tra Turchia e Siria cessi di essere il luogo di transito di migliaia di foreign fighters che alimentano le truppe fondamentaliste dell’Isis;
Per ciò che concerne le questioni economiche.
Gli Stati membri dell’Unione europea si caratterizzano per condizioni economiche e sociali eterogenee, motivo per il quale sarebbe preferibile predisporre misure diversificate predisposte appositamente per ogni singolo Stato membro, volte a correggere le distorsioni sociali ed economiche;
il Consiglio ECOFIN, nelle conclusioni di maggio, sottolinea che «sedici degli Stati membri oggetto di esame indicati nella relazione sul meccanismo di allerta 2015 (Belgio, Bulgaria, Germania, Irlanda, Spagna, Francia, Croazia, Italia, Ungheria, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovenia, Finlandia, Svezia e Regno Unito) presentano squilibri macroeconomici di genere e portata diversi». Contestualmente l’ECOFIN concorda con il parere della Commissione secondo cui cinque Stati membri (Bulgaria, Francia, Croazia, Italia e Portogallo) presentano squilibri eccessivi, nonché accoglie con favore l’intenzione della Commissione di monitorare in particolare le raccomandazioni del Consiglio agli Stati membri con squilibri eccessivi (Bulgaria, Francia, Croazia, Italia e Portogallo);
se sedici Stati su ventotto presentano squilibri macroeconomici sembra evidente che l’Unione europea non sia un’area valutaria ottimale, considerato anche che in luogo di misure comuni quali il salario flessibile o la mobilità del lavoro, il nostro, continente è vessato da precariato e disoccupazione;
l’assenza di una politica economica europea unitaria e di un sistema unico di indebitamento acuisce le suddette distorsioni sociali ed economiche;
il recente andamento macroeconomico europeo è stato deludente, caratterizzato da una morsa di austerity che ha bloccato qualsiasi prospettiva di rilancio dell’economia, ed ha causato altissimi e persistenti livelli di disoccupazione;
vi è un calo degli investimenti pubblici e privati nella Unione europea sin dall’insorgere della crisi finanziaria;
la composizione della spesa pubblica dei Paesi europei deve essere più orientata al rilancio economico del Paese ed in particolare a sostegno degli investimenti;
dopo un periodo di ideologia neo-liberalista nella quale il mantra era «lasciar fare» e «lasciare che i gruppi di interesse si autoregolamentino», le «vecchie teorie» keynesiane, che in Italia si tradurrebbero non solo in un aumento della spesa pubblica in consumi, ma anche in investimenti pubblici, che avrebbero un moltiplicatore molto elevato, stanno offrendo molteplici spunti per contrastare la crisi. Lo stesso Stiglitz nel suo discorso alla Camera ha ribadito come lo Stato debba perseguire tali politiche che non solo sarebbero da supporto alla domanda aggregata, ma innescherebbero dei moltiplicatori per ogni euro investito;
come ci suggerisce il Rapporto stilato nel 2014 da Unioncamere e Symbola (Io sono cultura – Rapporto 2014 di Unioncamere e Symbola), per ciò che concerne l’Italia un altro esempio di moltiplicatore attivabile è quello sul sistema produttivo culturale il quale vanta un moltiplicatore pari a 1,67 sul resto dell’economia, ovvero «in termini monetari, ciò equivale a dire che gli 80 miliardi di euro prodotti nel 2013 dall’intero sistema produttivo culturale (comprensivo di no profit e pubblica amministrazione), riescono ad attivare 134 miliardi di euro, arrivando così a costituire una filiera culturale, intesa in senso lato, di 214 miliardi di euro»;
in questi anni l’unico effetto della riduzione della spesa nella spasmodica rincorsa al pareggio di bilancio sono stati i tagli allo stato sociale e alle pensioni, trascinando il Paese in una crisi ben descritta dalle rilevazioni dell’Ufficio studi della Confcommercio;
lo sterile utilizzo di indici quali il PIL, che da un lato, in base alla riclassificazione Sec 2010 altro non fa che inserire elementi distorsivi nel calcolarlo, rendendo antieconomico il debellamento di fenomeni quali la criminalità organizzata e lo sfruttamento della prostituzione e dall’altro tale indice non è indicativo «del benessere» di uno Stato e dei suoi cittadini, così come esaustivamente espresso dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) nel rapporto How’s Live 2013, il quale afferma come ci sia il bisogno di tener conto anche di indicatori alternativi al PIL, quali la qualità e il costo delle abitazioni, i salari, la sicurezza dell’impiego, la disoccupazione, l’educazione, la coesione sociale, la qualità di vita;
nel Consiglio Europeo informale di febbraio 2015 è stato presentata il report «Preparing for Next Steps on. Better Economic Governance in the Euro Area», denominato report dei quattro presidenti. Nel documento, oltre a mettere in luce alcuni aspetti migliorabili dell’Unione Economica e Monetaria (Unione europeaM), si chiedeva agli stati membri di presentare proposte volte e migliorare questa unione. Il Parlamento ha appreso da notizie di stampa che il Governo italiano ha presentato una proposta di completamento dell’UEM che, senza previa consultazione delle Camere, propone dei trasferimenti di sovranità all’Unione europea;
per ciò che concerne l’Agenda Digitale europea.
Lo scoreboard sugli avanzamenti in materia di Agenda Digitale europea, pubblicato quest’anno dalla Commissione europea, ha certificato una situazione di assoluta asimmetria a livello continentale circa la realizzazione degli obiettivi prefissati nel programma europeo;
secondo il DESI 2015 (indice dell’economia e della società digitali), l’Italia, con un punteggio complessivo pari a 0,36, è venticinquesima nella classifica dei 28 stati membri dell’Unione europea ed è dunque ricompresa nel gruppo dei paesi con prestazioni basse insieme alla Bulgaria, Cipro, Grecia, Croazia, Ungheria, Polonia, Romania, Slovenia e Slovacchia;
i dati sull’Italia appaiono particolarmente significativi: il nostro Paese risulta, infatti, ben lontano dal raggiungimento degli obiettivi stabiliti rispetto alla maggior parte degli indicatori considerati e, segnatamente, mercato della banda larga; utilizzo di internet, competenze digitali, sviluppo del commercio elettronico e investimenti in ricerca e sviluppo nel settore ICT;
la situazione di deficit di sviluppo sopra rappresentata è dovuta, principalmente, all’inefficacia delle politiche nazionali fino ad ora perseguite in materia, oltre che dalla mancanza di una visione d’insieme sui temi legati all’innovazione del Sistema Paese ma è, al contempo, determinata dalla rigidità dei vincoli stabiliti dai Trattati europei in vigore in materia di investimenti pubblici dei singoli Stati membri, oltre che dalla mancata destinazione di risorse finanziarie specifiche anche comunitarie per il raggiungimento degli obiettivi del programma europeo;
il rispetto del principio della net neutrality, a mente del quale ogni pacchetto di dati veicolato attraverso la rete internet deve essere trattato in maniera omogenea senza distinzioni, restrizioni o interferenze, in relazione all’origine, al contenuto, alla qualità o tipologia dei dati considerati, costituisce l’architrave sulla quale è stata costruita la rete internet così come la conosciamo oggi, garantendo il pieno esercizio dei diritti, anche di rango costituzionale, afferenti alla ricezione e comunicazione di informazioni da parte dei cittadini;
nel tempo i fornitori di servizi di rete hanno adottato politiche sempre più aggressive in termini di gestione del traffico internet, come tali idonee a compromettere la neutralità della rete;
in proposito la Commissione europea in vista dell’obiettivo di costruire un mercato unico delle telecomunicazioni ha presentato nel settembre 2013 un pacchetto di riforme del mercato delle telecomunicazioni comprendente un regolamento e una raccomandazione sul tema;
in particolare, il regolamento all’articolo 23 prevede disposizioni volte a garantire il rispetto del principio di neutralità della rete, norme che sono state emendate in prima lettura dal Parlamento europeo il 3 aprile 2014, attraverso una risoluzione legislativa che specifica che l’accesso ad internet debba essere garantito «indipendentemente dalla sede dell’utente finale o del fornitore e dalla localizzazione, dall’origine, dalla finalità del servizio, delle informazioni o dei contenuti»;
impegna al Governo:
Per ciò che concerne le questioni internazionali.
Ad adoperarsi, in funzione della definizione, nel Documento Politica europea di vicinato (PEV) previsto per l’autunno 2015, per una revisione della PEV che assicuri un quadro unitario e sinergico tra questa politica e la politica estera, di sicurezza e di difesa comune dell’Unione, atta ad individuare modalità flessibili e commisurate al diversi livelli di ambizione dei partenariati di vicinato e che tenga conto dei conflitti in pieno svolgimento in molti Paesi limitrofi, delle diverse modalità di azione e intervento;
a proporre la revoca delle sanzioni economiche della Unione europea alla Russia in quanto inefficaci, e controproducenti e continuare a sostenere la richiesta di un effettivo cessate il fuoco in Ucraina;
a dare attuazione alla mozione (1-00605) approvata il 18 dicembre 2014 che impegnava il Governo a revisionare l’accordo Dublino III istituendo punti adibiti alla richiesta d’asilo direttamente sui territori di partenza dei migranti, nonché corridoi umanitari per questi ultimi;
ad attivarsi perché si trovi immediatamente una soluzione multilaterale condivisa all’urgente e gravissima emergenza concernente i migranti che stanziano nei pressi della frontiera francese, in particolare nella zona di Ventimiglia ed al contempo perché si adotti in tempi brevi un testo unico europeo in materia di asilo che preveda un equa e proporzionale ripartizione di quote di migranti da accogliere sui territori dei vari stati membri dell’Unione europea;
a porre in essere ogni iniziativa affinché venga esclusa in questa fase l’adesione alla NATO di ulteriori Paesi della disciolta Unione Sovietica e a congelare, o in subordine a ridurre, le esercitazioni militari nel Baltico e nel Mar Nero con il fine di raffreddare la tensione con la Federazione Russa;
a riprendere nelle apposite sedi i negoziati per il disarmo convenzionale e nucleare del nostro continente evitando ulteriori processi di militarizzazione della frontiera tra Unione europea Federazione Russa;
ad escludere azioni di guerra in Libia che finirebbero per rafforzare in tutto il Medio Oriente le pulsioni fondamentalistiche antioccidentali e terroristiche;
ad attivarsi nelle apposite sedi perché l’Unione europea chieda al nuovo Governo di Ankara l’avvio del processo di pace e di inclusione con il popolo curdo nonché dei diritti fondamentali di tutte le minoranze ed al contempo perché la Repubblica di Turchia ponga fine a ogni ambiguità nei confronti dell’Isis collaborando con la Unione europea al fine di bloccare l’afflusso di armi alle organizzazioni terroristiche e impedire il transito verso Siria e Iraq dei foreign fighters;
Per ciò che concerne le questioni economiche.
A porre in essere ogni iniziativa affinché vi sia un ripensamento e una rimodulazione dei principi del regime dell’austerity superando l’anacronistico e deleterio vincolo del 3 per cento nel rapporto deficit-Pil e più in generale ridiscutere e modificare i vincoli posti dal Fiscal Compact al fine di rilanciare l’economia del Paese, nonché aumentare l’occupazione, ed infine sospendere la partecipazione dell’Italia al Meccanismo europeo di stabilità finanziaria (EMS);
ad intraprendere azioni atte ad espungere elementi distorsivi dal calcolo del PIL quali le attività illegali realizzate in uno stato di sostanziale incapacità di volere, come ad esempio la prostituzione e il procurarsi sostanze stupefacenti, che rendono antieconomica la loro risoluzione e affinché queste attività non siano considerate come svolte «consensualmente»;
a farsi promotori, nelle opportune sedi, dell’abbandono dell’utilizzo del PIL quale parametro di riferimento della salute di uno Stato e utilizzare indici alternativi quali quelli promossi dal progetto «The Better Life Index» dell’OCSE;
ad impegnarsi, nelle apposite sedi, per una mitigazione dei vincoli europei sul bilancio, al fine di ridurre il regime di rigore che strangola la nostra economia e toglie prospettiva allo sviluppo dell’Italia;
a concordare in sede europea l’immediato scomputo dal calcolo della soglia del 3 per cento deficit/PIL del cofinanziamento dei fondi europei, delle spese effettuate per investimenti infrastrutture, in prevenzione del rischio sismico ed idrogeologico, della messa in sicurezza a degli edifici pubblici, degli investimenti nella ricerca, dell’informatizzazione della pubblica amministrazione. Queste spese, infatti, da un lato arrecherebbero benessere ai cittadini e dall’altro innescherebbero moltiplicatori economici tali da rilanciare il sistema Paese;
a sostenere in sede europea l’obbligatorietà, per tutti i paesi membri, di adottare politiche di sostegno economico delle persone che vivono al di sotto della soglia di povertà relativa, mediante l’istituzione di strumenti come il reddito di cittadinanza;
ad attivarsi per ridiscutere con gli altri stati membri dell’Unione europea i processi decisionali e gli assetti istituzionali dell’Unione nel segno di una maggiore trasparenza, di un più intenso coinvolgimento dei parlamenti nazionali e di una più forte responsabilizzazione che obblighi le istituzioni europee a rispondere ai cittadini nei casi di clamorosi fallimenti, quali sono quelli provocati da alcune delle decisioni adottate recentemente per fronteggiare la crisi;
a ricercare, in accordo con gli altri Stati membri, strumenti comuni finalizzati a debellare il fenomeno dell’elusione e dell’evasione fiscale internazionale;
a porre in essere ogni iniziativa affinché l’Unione europeaM (Unione economica e monetaria) non si limiti ad essere uno sterile sistema di regole ma sostenga, nel quadro del bilancio dell’Unione, lo sviluppo e la coesione sociale in coerenza con i principi di uguaglianza e solidarietà tra gli stati membri affrontando gli squilibri, le divergenze strutturali e le emergenze finanziarie direttamente connesse all’Unione monetaria, in un’ottica di cooperazione e solidarietà, senza compromettere le sue funzioni tradizionali di finanziamento delle politiche comuni. Inoltre si dovrebbe modificare il sistema al fine di accrescere il controllo democratico delle decisioni prese nell’Eurozona;
ad impegnarsi affinché siano varati in sede comune sistemi diversi di gestione delle situazioni critiche degli stati più deboli, che devono essere supportati e non emarginati e condannati a richieste di maggiore austerità anche quando sono già stati messi in discussione alcuni beni e servizi fondamentali come il sistema sanitario;
a ridiscutere gli aspetti sostanziali concernenti l’unione monetaria e la moneta unica in particolare, sia nella sua struttura, sia nella visione economica di fondo poiché attualmente rischia di essere, come la definisce Alain Parguez «una moneta “falsa”», scollegata dall’economia reale, puramente privata, creata unicamente su richiesta di operatori privati da banche obbligate a soddisfare gli obiettivi fissati dalla Banca Centrale, sorretta dalle aspettative dei mercati finanziari», anche in vista della possibilità di svincolarsi dalla politica monetaria unica che mal si sposa con le caratteristiche e le esigenze economiche del Paese riacquisendo la sovranità monetaria, in considerazione del fatto che di recente è stata depositata in Senato una proposta da parte di cittadini italiani per dare il via alla legge di iniziativa popolare finalizzata al referendum consultivo sull’euro;
in merito all’accordo di libero scambio con gli Stati Uniti (TTIP) a non ratificare l’accordo e in ogni caso a garantire il massimo livello di trasparenza in tutte le fasi delle trattative e a provvedere immediatamente ad eliminare la previsione della clausola Isds, perché non vi sia un ribasso sugli standard del comparto agroalimentare europeo ed in particolare quello nazionale e a sostenere uno studio sull’impatto nei 28 Stati membri, finanziato dall’Unione europea, per valutare gli effetti sull’economia nazionale e sulla tutela del «Made in Italy»;
per ciò che concerne l’Agenda Digitale europea.
A porre in essere ogni iniziativa presso le competenti sedi dell’Unione europea affinché vengano destinate risorse addizionali per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale europea in favore degli Stati membri che registrano più elevati deficit nel raggiungimento degli obiettivi del programma europeo, come certificati dallo scoreboard diffuso dalla Commissione europea, prevedendo tempi certi per la realizzazione degli obiettivi e stabilendo sanzioni adeguate a carico degli Stati membri in caso di mancata utilizzazione delle risorse addizionali per tal via destinate;
a porre in essere ogni iniziativa presso le competenti sedi dell’Unione europea al fine di prevedere delle deroghe specifiche ai vincoli di bilancio stabiliti dai Trattati in vigore al fine di favorire gli investimenti pubblici a livello di singoli Stati membri per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda Digitale europea oltre che dei singoli programmi adottati in materia di innovazione dagli Stati membri;
a porre in essere ogni iniziativa presso le competenti sedi dell’Unione europea affinché si giunga ad una rapida approvazione del nuovo pacchetto in materia di mercato delle telecomunicazioni, secondo quanto approvato in prima lettura dal Parlamento europeo in data 3 aprile 2014;
a favorire a livello europeo la creazione di un quadro regolamentare idoneo a consentire un più incisivo intervento pubblico diretto nell’infrastrutturazione con banda ultralarga delle aree dei Paesi membri a fallimento di mercato.
(6-00147) «Petraroli, Battelli, Nesci, Luigi Di Maio, Fraccaro, Vignaroli, Sorial, Caso, Brugnerotto, Cariello, Castelli, Colonnese, D’Incà, Di Battista, Sibilia, Del Grosso, Manlio Di Stefano, Grande, Scagliusi, Spadoni, Massimiliano Bernini, Basilio, Corda, Frusone, Rizzo, Tofalo, De Lorenzis, Nicola Bianchi, Carinelli, Dell’Orco, Liuzzi, Paolo Nicolò Romano, Spessotto».
Risoluzione respinta
Fonte: http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=37939