Atto Camera 6-00146
Presentata da BRUNETTA Renato
24 giugno 2015, seduta n. 449
Ambito di interesse: agenda europea immigrazione, Consiglio Europeo 25-26 giugno 2015
La Camera,
udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri, premesso che:
nella riunione del 25 e 26 giugno, il Consiglio europeo discuterà di migrazione, e, in particolare, di ricollocazione, reinsediamento e politica di rimpatrio;
nel 2014 le richieste di asilo rivolte alla Unione europea, secondo i dati Eurostat, sono state pari a 626.100. Quasi il doppio della media relativa agli anni 2004-2012. Il dato inoltre, non contempla ovviamente i migranti non richiedenti asilo ma motivati a spostarsi da motivi di carattere economico;
secondo fonti britanniche (stando alle notizie pubblicate dal quotidiano Guardian), in Libia ci sarebbero «tra 450.000 e 500.000 migranti» in attesa di partire. Dato, forse, sottostimato;
durante l’estate è facile prevedere che almeno 100.000 ulteriori migranti raggiungeranno le coste italiane, anche a seguito dell’azione umanitaria di Triton, i cui mezzi di soccorso rendono meno rischioso il viaggio verso i lidi di accoglienza, almeno dal punto di vista logistico, riducendo le distanze tra i porti di partenza e gli incontri in mare aperto, favoriti dalle comunicazioni effettuate con cellulari satellitari;
la nuova ed inusitata dimensione del fenomeno migratorio dimostra il salto di qualità che si è verificato nella sua dinamica, a seguito dei conflitti e della crisi economica che caratterizzano molti degli stati africani e mediorientali. Siamo, pertanto, di fronte a fatti che nulla hanno a che vedere con la normale fisiologia del fenomeno migratorio, ma con una patologia, che non può essere affrontata solo dall’Italia, peraltro alle prese con una crisi economica che non ha ancora trovato le necessarie soluzioni. Anzi: stando alle previsioni dei principali Organismi internazionali, la nostra economia si muoverà, nel prossimo quinquennio, a scartamento ridotto. Con un’ulteriore crescita delle distanze rispetto al resto dell’Eurozona;
ad un fenomeno che ha una dimensione internazionale non si può che rispondere con un coinvolgimento di tutta la Comunità internazionale a partire dall’ONU, l’Unione europea e la Nato, con il supporto attivo del G7 e del G20. Con una metodologia che ricalchi quanto fatto in passato per far fronte ai problemi del sottosviluppo o della lotta contro la fame nel mondo;
un’azione coordinata, quindi, che richiede interventi anche di natura militare contro i trafficanti di persone e che isoli quegli Stati che, per ragioni di potenza regionale, ne favoriscono, seppure con modalità diverse, i relativi traffici;
solo alzando il livello di guardia è possibile sperare di poter governare un fenomeno altrimenti destinato a creare focolai di infezione all’interno dell’Europa, con conseguenze drammatiche per la stessa tenuta democratica e la convivenza tra Stati diversi;
temi, questi ultimi, che erano stati trattati nel dibattito parlamentare tenutosi il 22 aprile scorso, in vista della riunione straordinaria del Consiglio europeo del 23 aprile 2015, a cui il Governo purtroppo non ha dato seguito, ma che l’accelerazione della crisi pongono al centro della necessaria riflessione politica;
al termine del dibattito, le Assemblee di Camera e Senato avevano approvato due risoluzioni del gruppo FI-PdL;
in particolare, la risoluzione approvata alla Camera impegnava il Governo:
a rappresentare con vigore in seno al Consiglio europeo la necessità morale di un umanitarismo efficace, coinvolgendo l’Unione europea in azioni umanitarie e di soccorso armato, intesa come polizia internazionale, per la prevenzione di pericoli mortali mentre sono in atto crimini contro l’umanità;
ad istituire un tavolo di coesione nazionale per l’emergenza immigrazione e per le crisi internazionali in atto, che coinvolga i rappresentanti dei governi che hanno maturato un’esperienza nel passato, e le forze politiche di buona volontà;
ad adottare ogni iniziativa per promuovere un’azione incisiva a livello europeo, attraverso scelte chiare che implichino: un sistema di intelligence forte e radicato che monitori all’origine del problema e fino alla sua destinazione; il contrasto tenace e determinato ai trafficanti di morte, anche attraverso interventi mirati in Libia; un piano sostenibile di accoglienza e solidarietà in Europa e nei Paesi di origine;
a trovare la strada giuridicamente e politicamente congrua per intervenire in un ruolo di leadership sulla costa libica, nell’ambito di una forza multilaterale sotto l’egida delle organizzazioni internazionali, per contrastare in ogni modo l’azione degli scafisti e reprimere la tratta degli esseri umani, e garantendo la sicurezza dei profughi in campi sotto l’egida dell’Unhcr;
a valutare l’opportunità di ricorrere anche ad altri strumenti di intervento, quali la sottrazione del costo che l’Italia sostiene per far fronte ad un’emergenza che è di tutta l’Europa dal contributo che ogni anno il nostro Paese versa all’Unione europea;
nel corso del dibattito, il Presidente del Consiglio dei ministri aveva confermato la necessità di una risposta organica e strategica alle stragi nel Mediterraneo, e la necessità di fornire risposte politiche per affrontare la pressione migratoria;
dalle stime in corso, riportate anche dalla stampa quotidiana, risulta che, ad oggi, sono 76.486 i migranti presenti nei centri di accoglienza temporanei, nei CARA, nelle diverse strutture messe a disposizione dalle amministrazioni locali, mentre ammonterebbe a 130.000 il numero dei migranti che potrebbero arrivare in Italia entro la fine dell’anno;
il popolo siciliano, che merita un ringraziamento per lo sforzo eccezionale sopportato senza mai cedere all’intolleranza, sta sostenendo il maggior onere della presenza di migranti, nel numero di 16.010 persone, pari al 22 per cento del totale;
dai dati del Ministero dell’interno, risulta che le persone sbarcate in Italia dal mese di gennaio 2015 ad oggi sono 52.671;
nei primi mesi del mandato, il Governo in carica ha completamente disatteso gli impegni di vigilanza strategica assunti nel 2013 con il governo americano;
occorre ricordare che l’operazione «Mare nostrum», varata dal governo Letta nell’autunno 2013, prevedeva, unitamente alle operazioni di soccorso in mare dei migranti, anche l’opzione militare, peraltro totalmente disattesa dal Governo in carica, e che la stessa si è rivelata totalmente inadeguata sotto il profilo del contrasto all’operato delle organizzazioni criminali;
da tempo si sollecita la riforma del Regolamento Dublino III – che stabilisce i meccanismi e i criteri di determinazione dello Stato membro competente per l’esame delle domande di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di Paese terzo o da un apolide –, riconoscendo la profonda inefficacia dello stesso e con l’obiettivo di sollecitare una responsabilizzazione dei singoli Paesi europei;
in seguito agli sbarchi summenzionati, i Presidenti delle regioni Lombardia, Veneto e Liguria hanno espresso le proprie rimostranze ed hanno paventato l’ipotesi di adottare provvedimenti volti alla non accettazione di nuovi immigrati nei territori delle rispettive regioni;
in base all’ultima direttiva dei Ministero dell’interno, riguardante la sistemazione di 8.406 profughi giunti sulle coste italiane negli ultimi giorni, la quota spettante alla Lombardia era fissata in 2.116 persone e quella per il Veneto in 1.926;
tutte le iniziative e le misure poste in essere fino ad oggi per fronteggiare e risolvere il fenomeno migratorio non hanno avuto alcun esito positivo; al contrario, si può constatare che gli eventi degli ultimi mesi hanno determinato un peggioramento della situazione e che si è registrato l’ennesimo fallimento di una politica europea comune delle migrazioni;
il piano ipotizzato dal Presidente del Consiglio nel corso del vertice del G7 di Berlino, di dare la possibilità ai comuni virtuosi che ospiteranno i migranti di sforare i vincoli del patto di stabilità interno, ovvero di corrispondere «misure compensative» ai comuni con i bilanci in rosso, appare assolutamente demagogico;
l’Italia non è più in grado di affrontare e gestire da sola i continui sbarchi, considerato anche che i centri di accoglienza ubicati sul territorio nazionale hanno raggiunto, e in taluni casi superato, le soglie di massima capienza;
l’allarme proveniente dall’emergenza sbarchi riguarda anche il forte rischio di infiltrazioni di matrice terroristica: i ricorrenti e sanguinosi attentati terroristici di matrice jihadista che hanno colpito vari paesi europei pongono infatti in evidenza quanto gravi siano i pericoli per il nostro Paese, anche alla luce delle esplicite minacce contro l’Italia formulate dall’Isis;
il terrorismo è un atto criminale ingiustificabile in qualsiasi circostanza: rappresenta una minaccia alla pace, alla sicurezza e alla stabilità internazionale di ciascun paese, nonché ai diritti e alle libertà dei suoi abitanti, a causa della volontà degli attentatori di arrecare distruzione e morte in maniera indiscriminata, coinvolgendo i bambini, e persino addestrandoli ad uccidere;
malgrado tutti gli sforzi coordinati e la crescente cooperazione tra i Paesi europei ed extra europei, la minaccia terroristica rimane altissima; a questo proposito ciascun paese dell’Unione ha l’obbligo di garantire non solo la sicurezza dei propri cittadini e delle persone che vi transitano o soggiornano, ma anche quella dei paesi che costituiscono l’Unione, ponendo in essere iniziative di polizia e di legge che rafforzino lo Stato di diritto e che prevengano infiltrazioni terroristiche entro i propri confini, attraverso fenomeni migratori, ingressi regolari ai varchi aeroportuali o marittimi, per motivi sia di lavoro, sia di studio o affari;
le bande di criminali scafisti, spesso infiltrati da jihadisti, che organizzano il trasferimento soprattutto dalla Tripolitania alla Sicilia di decine di migliaia di immigrati clandestini hanno l’obiettivo non solo di realizzare ingentissimi guadagni, ma anche quello di destabilizzare l’Italia e gli altri paesi dell’Unione europea, e la risposta dell’Unione europea di fronte a questa migrazione di proporzioni bibliche insostenibile economicamente e pericolosa per la sicurezza è stata fino ad ora assolutamente insufficiente;
tutelare la sicurezza nazionale è compito prioritario del Governo; salvaguardare la coesione e la pace sociale del popolo italiano, già messa a dura prova dagli effetti della crisi economica, impone un realismo umanitario ed efficiente, che eviti in ogni modo di incentivare gli esodi sia dalle coste del Mediterraneo, sia dai paesi dell’Africa sub-sahariana;
di fronte alla gravissima crisi umanitaria in corso in particolare in Libia e Siria è necessario che la comunità internazionale valuti, come avvenuto in altre occasioni simili e come consentito dal diritto internazionale, di intraprendere un intervento umanitario volto alla tutela delle popolazioni e alla stabilizzazione dell’area;
la governance dell’area euro sembra sempre più orientata verso l’unione economica, bancaria e di bilancio, senza una progressione parallela dell’unione politica, per cui aumentano i controlli europei e cresce la forza di una burocrazia comunitaria sempre più occhiuta, senza il necessario controbilanciamento politico e, quindi, democratico,
impegna il Governo:
in vista del Consiglio europeo del 25-26 giugno prossimo, ad adottare, con la massima urgenza e con assoluta fermezza, ogni utile iniziativa per dare corso agli impegni assunti nelle Aule parlamentari il 22 aprile 2015;
a proporre al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite una risoluzione che consenta interventi umanitari sul suolo libico, anche con forze multinazionali a guida italiana, per sostenere un processo di stabilizzazione e debellare le organizzazioni criminali che lucrano sui flussi migratori;
a sollecitare tempestivamente la definizione di una politica europea comune dell’immigrazione in seno al Consiglio europeo, per rafforzare il sistema di intelligence e per pianificare ogni azione utile volta ad un definitivo contrasto ai trafficanti di persone, considerato il totale fallimento delle proposte sulla suddivisione tra i paesi di quote di richiedenti asilo;
a istituire un tavolo di coesione nazionale per l’emergenza immigrazione, con la partecipazione anche di rappresentanti delle istituzioni regionali e locali coinvolte nella gestione dell’accoglienza;
a mettere in mora l’Unione europea, comunicando formalmente che, in mancanza di un reale e concreto impegno degli altri paesi europei, sarà sottratto dai trasferimenti che il nostro Paese effettua a favore dell’Unione il costo che l’Italia sopporta per far fronte da sola all’emergenza immigrazione;
allo stesso modo, ad assumere iniziative per prevedere la diminuzione dei fondi strutturali europei allocati a quei paesi che rifiutino di accogliere una quota di richiedenti asilo, venendo così meno al dovere di solidarietà tra Stati, istituzioni e, in ultima analisi, cittadini comunitari;
a imporre una seria discussione in seno all’Unione europea finalizzata ad una revisione delle clausole del Regolamento di Dublino III per coinvolgere tutti gli Stati dell’Unione europea nella gestione dei richiedenti asilo e dei migranti che varcano i confini europei, in particolare nelle attività di accoglienza e di identificazione, superando l’attuale principio del «Paese di primo arrivo»;
a sollecitare il Consiglio europeo ad applicare quanto previsto in caso di «afflusso massiccio di sfollati nella Unione europea», con le modalità di concessione della protezione temporanea, secondo quanto previsto dalla direttiva 2001/55/CE, definendo quote di accoglienza per ciascuno Stato membro, anche al fine di garantire ai migranti il diritto costituzionalmente garantito della libertà di circolazione;
a garantire un sistema che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni in tutti i paesi e il coordinamento nella raccolta delle domande dei richiedenti, per permettere agli aventi diritto di raggiungere i paesi di accoglienza in modo sicuro, prevenendo ogni abuso del sistema con la presentazione di domande di asilo multiple da parte di una sola persona;
ad assicurare un sistema di mutuo riconoscimento tra gli Stati membri della concessione del diritto di asilo, tale da garantire la libertà di stabilimento del beneficiario in ogni Stato membro, prodromico all’istituzione del sistema europeo di accoglienza;
a proporre e sostenere in seno all’Unione europea e all’Onu, in conformità con il diritto internazionale, un’operazione di polizia internazionale per mettere sotto controllo le spiagge e i porti della Libia, con azioni mirate dove se ne individui la necessità. Tale operazione si rende necessaria anche di fronte al flagrante, continuato e sempre più vasto crimine contro l’umanità in atto in Libia (e Siria). A tal fine si ricorda che nello «Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale» sono definiti crimini contro l’umanità la «riduzione in schiavitù», la «deportazione o trasferimento forzato della popolazione», l’«imprigionamento o altre gravi forme di privazione della libertà personale in violazione di norme fondamentali di diritto internazionale». Tali infami pratiche sono attuate dalle organizzazioni criminali e terroristiche attive nell’area, come documentato in modo inoppugnabile da testimonianze dirette e reportage giornalistici;
ad attivarsi per la creazione urgente di campi profughi in nord Africa in modo da offrire aiuto e riparo ai profughi in fuga, sostenere i paesi confinanti nel loro sforzo di accoglienza e procedere ad un primo esame delle istanze per il riconoscimento dello status di rifugiato politico in Europa, garantendo al contempo condizioni di sicurezza e di vivibilità per profughi e migranti economici;
ad assumere iniziative per istituire una task force diplomatica europea, sotto l’egida dell’Alto Commissario dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, per ottenere la collaborazione dei paesi di transito nella costituzione di campi profughi attrezzati secondo criteri di decorosa vivibilità e sicurezza in Niger, Sudan e in Tunisia, ovvero negli altri paesi interessati dal transito migratorio. La gestione dei campi dovrà prevedere il coinvolgimento dell’Alto commissariato per i rifugiati e dell’Oim, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni che, in Africa – ma anche in Libia – vanta un’esperienza in progetti riusciti di rimpatrio assistito;
ad operare un contrasto serio ed efficace agli scafisti e ai trafficanti di persone, anche prevedendo una normativa specifica e favorendo un lavoro di intelligence multinazionale e a mettere in campo un’azione diplomatica serrata nei confronti dei governi di Tobruk e Misurata, in Libia, e presso i paesi influenti sull’area perché si costituisca in tempi brevi un governo di unità nazionale, necessaria, seppur non sufficiente, condizione per procedere alla stabilizzazione e pacificazione dell’area;
ad intraprendere, a livello nazionale e comunitario, una collaborazione strutturata con la Tunisia che preveda l’impiego del dispositivo navale tunisino e che permetta così di estendere l’area operativa di sorveglianza e contrasto all’immigrazione clandestina, in particolar modo nella zona adiacente la Libia, integrando la ridotta sorveglianza dovuta al restringimento dell’area operativa definita da Triton;
a riconsiderare la posizione dell’Italia con riguardo alle sanzioni comminate alla Federazione russa perché controproducenti per la convivenza pacifica e dannose per l’economia anzitutto del nostro Paese, e ad adoperarsi affinché questo esempio sia seguito da un numero crescente di paesi, riconoscendo alle parti implicate nel conflitto il diritto alla propria identità nazionale e all’autodeterminazione, al fine di raggiungere un accordo unanime che porti all’annullamento delle sanzioni in vigore contro la Federazione russa;
a sollecitare con forza un fattivo impegno degli Stati dell’Unione europea per prevenire l’infiltrazione di cellule terroristiche nei contini dei singoli Stati potenziando nelle misura necessaria le operazioni di intelligence per sorvegliare con la massima attenzione e continuità tutti i possibili luoghi di aggregazione dei terroristi;
ad assumere iniziative per progredire nell’unione politica dell’area euro di pari passo con le unioni bancaria, economica e di bilancio, onde evitare una deriva imperiale-tecnocratica che cancella, di fatto, lo spirito dell’Europa delle origini, comportando, tra l’altro, la progressiva perdita di sovranità dei singoli Stati nazionali.
(6-00146) «Brunetta».
Fonte: http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=37938