Atto Camera
Presentata da: BATTELLI Sergio
18 marzo 2015, seduta n. 394
Ambito di interesse: Consiglio dell’Unione europea del 19 e 20 marzo 2015
La Camera,sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio dell’Unione europea del 19 e 20 marzo prossimi;
premesso che:
nella riunione del Consiglio europeo i capi di Stato e di Governo discuteranno dei futuri orientamenti in tema di unione dell’energia. Nella riunione verrà inoltre esaminata la situazione economica degli Stati membri e si concluderà la prima fase del semestre europeo 2015, compreso il punto sul fondo europeo degli investimenti strategici (FEIS). Inoltre verranno trattati alcuni fondamentali temi di politica estera quali l’attuale situazione delle crisi ucraina e libica;
per quanto concernente l’unione dell’energia:
il 25 febbraio è stato presentato a Bruxelles il cosiddetto Pacchetto unione dell’energia, ovvero la Comunicazione della Commissione (COM(2015) 80 final) «Una strategia quadro per un’Unione dell’energia resiliente, corredata da una politica lungimirante in materia di cambiamenti climatici». La Comunicazione definisce 15 punti di azione attraverso i quali raggiungere gli obiettivi di «migliorare la sicurezza, la sostenibilità e la competitività dell’approvvigionamento energetico». La strategia continua ad essere incentrata sui combustibili fossili, mantiene il nucleare come elemento del mix energetico e non esplora appieno il potenziale dell’energia rinnovabile;
il 25 febbraio scorso è stata altresì presentata a Bruxelles la Comunicazione COM(2015) 82 final «Raggiungere l’obiettivo del 10 per cento di interconnessione elettrica. Una rete elettrica europea pronta per il 2020» volta a fissare gli obiettivi per l’interconnessione elettrica tra gli Stati membri senza però analizzare appieno l’impatto economico ambientale che la connessione comporterebbe;
autorevoli ricerche, citate tra l’altro dalla Deutsche Bank, stimano che, oltre all’indubbio valore di sostenibilità ambientale, le fonti di energia rinnovabile hanno anche un potenziale economico rilevante. Infatti mentre il costo dell’energia elettrica continua a salire, quello dell’energia solare scende, con entrambi i trend che sembrerebbero confermati per gli anni a venire. A fronte di ciò, però, l’Unione europea continua ad investire le risorse disponibili in energie non rinnovabili, come si evince dalla Comunicazione COM(2015) 80 final, infatti «La costruzione dell’infrastruttura che consentirà di approvvigionare l’Unione europea da nuove fonti di gas richiede il concorso di molti soggetti e comporta notevoli complessità e costi […]. La Commissione intensificherà il suo sostegno a questo processo attingendo a tutti gli strumenti di finanziamento comunitario disponibili, in particolare il futuro Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS)»;
l’8 ottobre 2014 la Commissione europea ha autorizzato l’Inghilterra a concedere sussidi per la realizzazione di una nuova centrale nucleare. Gli aiuti dovevano essere notificati alla Commissione europea in quanto ricadevano nelle fattispecie relative agli aiuti di Stato. L’Inghilterra ha inoltre incluso la nuova centrale tra i progetti finanziabili dal FEIS. Sul tema, sia l’Austria che una cooperativa energetica tedesca hanno annunciato l’intenzione di ricorrere alla Corte di Giustizia Europea;
nell’ottobre 2014 i leader dei 28 paesi membri dell’UE hanno raggiunto un accordo sul pacchetto energia e clima che prevede per il 2030: il taglio delle emissioni di CO2 del 40 per cento rispetto ai livelli del 1990 e una quota del raggiungimento del 27 per cento di produzione da fonti energetiche rinnovabili, entrambi target vincolanti a livello dell’Unione, mentre resta indicativo l’obiettivo del 27 per cento in materia di efficienza energetica;
per quanto concernente il semestre europeo e la crescita:
il 16 novembre 2014 la Commissione europea ha presentato il Piano di investimenti per l’Europa con la comunicazione COM(2014)903 volto a mobilitare «almeno 315 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi» nel triennio 2015-2017. Il piano si propone di conseguire tre obiettivi strategici correlati tra loro: 1) invertire la tendenza del calo degli investimenti e contribuire alla ripresa economica e al miglioramento della situazione occupazionale; 2) soddisfare i bisogni a lungo termine dell’economia europea; 3) rafforzare la dimensione europea del capitale umano, della capacità produttiva, delle conoscenze e delle infrastrutture fisiche, con particolare attenzione al mercato unico. Il piano si articola su tre pilastri: il primo è l’istituzione del fondo, il secondo si compone di una serie di misure volte ad assicurarne l’effettiva destinazione dei finanziamenti all’economia reale mentre il terzo pilastro consiste nel miglioramento del contesto regolamentare nell’Unione europea in senso favorevole ad ulteriori investimenti;
il 13 gennaio 2015 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento (COM(2015)10) che definisce puntualmente le modalità di istituzione e funzionamento del FEIS. Gli obiettivi primari del fondo vengono individuati nel sostegno agli investimenti nell’Unione e nell’offrire un maggiore accesso ai finanziamenti alle imprese che contano un massimo di 3.000 dipendenti, con particolare attenzione per le piccole e medie imprese. Si stabilisce, inoltre, che il FEIS è aperto all’adesione degli Stati membri e di altri terzi, tra cui banche di promozione nazionali o enti pubblici di proprietà degli Stati membri o da essi controllati, e soggetti del settore privato. Inoltre sarà il comitato direttivo a decidere l’indirizzo generale, le linee guida d’investimento, il profilo di rischio, le politiche e l’allocazione strategica delle attività del Fondo. Il numero dei membri e dei voti del comitato direttivo rispecchierà il contributo al fondo. Nelle iniziali previsioni il piano dovrebbe essere approvato da Consiglio e Parlamento entro giugno 2015 ed operativo nella seconda metà del 2015;
il 13 gennaio 2015, in concomitanza con il predetto regolamento la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione COM(2015) 12 final contenente nuove linee guida interpretative del Patto di stabilità e crescita atte ad incoraggiare l’attuazione effettiva delle riforme strutturali, promuovere gli investimenti nel contesto del FEIS e tenere maggiormente conto del ciclo economico nei singoli Stati membri;
per quanto concernente le questioni di rilevanza internazionale:
occorre ridare smalto e credibilità al ruolo internazionale dell’Italia recuperando la dimensione etica della sua politica estera, favorendo la democratizzazione degli Stati autoritari con progetti di cooperazione sulle best-practices europee, la tutela dei diritti umani e il riequilibrio tra Nord e Sud del mondo, ma anche attraverso il rilancio del Processo di Barcellona, di cui dovrebbe farsi al più presto principale e strategico attore, l’impegno sul disarmo e la non proliferazione, l’impegno per l’attuazione dell’Agenda Globale post-2015, tutti temi sui quali l’Italia deve ritrovare autorevolezza e uscire dalla dimensione provinciale e marginale di media potenza;
a seguito dell’aggravarsi della crisi ucraina, l’Unione europea, gli Stati Uniti e altri Paesi hanno adottato sanzioni nei confronti della Federazione Russa. In risposta il 7 agosto 2014 le autorità russe hanno disposto un embargo annuale su diverse tipologie di prodotti agroalimentari provenienti da Unione europea, USA, Australia, Canada e Norvegia. Il nostro Paese risulta il terzo più danneggiato dell’Unione europea e le conseguenze riguardano non solo le mancate esportazioni, ma indeboliscono la struttura della rete commerciale e della distribuzione, con conseguente chiusura di aziende e perdita di occupati;
sebbene dopo il cessate il fuoco del 15 febbraio gli scontri in Ucraina orientale si siano ridotti, in alcune aree proseguono i bombardamenti che provocano urgenti necessità mediche su entrambi i lati del fronte. Occorre, quindi, un maggiore impegno per evitare i rischi della permanenza del conflitto in Ucraina, dannoso per tutti gli europei, per la stessa Russia e per gli altri Paesi del vicinato, ivi incluso nei Balcani;
la crisi in Libia si radica su un quadro istituzionale assente e si palesa in un grave deterioramento della sicurezza che ha portato, inoltre, alla temporanea chiusura della nostra ambasciata, l’ultima tra le ambasciate occidentali rimaste aperte a Tripoli. Il peggioramento della situazione e la crescente minaccia terroristica aggravano il dramma delle migliaia di persone che fuggono via mare sui barconi verso le nostre coste. Tuttavia, non si può non ricordare che le origini della crisi attuale vanno cercate negli errori compiuti dalla comunità internazionale nella fase successiva alla caduta del vecchio regime. La Libia appare oggi come un Paese privo di istituzioni credibili con potenziali gravi ripercussioni sul nostro Paese e sulla stabilità e la sostenibilità dei processi di transizione democratica nei Paesi africani limitrofi;
l’immigrazione è un problema di notevolissima entità e di estrema urgenza, come dimostrato dai dati che stimano in circa 170.000 gli sbarchi sulle coste italiane nel 2014. La situazione è altresì aggravata dalle critiche condizioni nelle quali i migranti sono accolti una volta sbarcati sulle coste del nostro Paese, ovvero i Centri di accoglienza per richiedenti asilo (CARA) ed ancor peggio i Centri di identificazione ed espulsione (CIE). Di notevole portata negativa sono i numeri delle vite perse nel Mediterraneo, stimate dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni in più di 3000 solo nei primi 9 mesi del 2014. Al fine di arginare la situazione sono state attivate l’operazione italiana Mare nostrum, e a partire dal 1 novembre 2014 l’operazione Triton, che stanzia 2,9 milioni di euro al mese per finanziare il pattugliamento delle coste. Bisogna però rilevare che le predette operazioni non stanno raggiungendo i risultati sperati,
impegna il Governo:
per quanto concernente l’unione dell’energia:
a) ad attivarsi per la ridiscussione dell’obiettivo minimo di efficienza energetica da raggiungere entro il 2030, innalzandolo ad almeno il 30 per cento, incrementando significativamente il numero delle riqualificazioni energetiche degli edifici pubblici;
b) nell’ambito delle prerogative ad esso riservate, ad impegnarsi per rimandare il raggiungimento dell’obiettivo minimo di interconnessione dell’energia elettrica tra gli Stati fissato al 10 per cento alla previa creazione di adeguate reti di trasmissione dell’energia prodotta localmente, al fine di favorire la programmazione di impianti di generazione distribuita da fonti energetiche rinnovabili e di smart grid;
c) ad agire, per quanto di sua competenza, al fine di escludere espressamente la possibilità di concedere qualsiasi forma di incentivazione, inclusi gli aiuti di Stato, alla produzione di energia da fonti non rinnovabili;
per quanto concernente il semestre europeo e la crescita:
d) nell’ambito della definizione degli orientamenti politici del semestre europeo affidati al Consiglio, a definire, in accordo con gli altri capi di Stato e di Governo, quali obiettivi prioritari: un alto livello di occupazione in un’economia che sia realmente intelligente, sostenibile e solidale; ingenti investimenti volti a far raggiungere ai cittadini europei un elevato livello di servizi ed una protezione sociale reale e concreta, incluso il reddito di cittadinanza facendo sì che in nessun caso il rispetto degli obiettivi del 3 per cento deficit/PIL o del debito pubblico inferiore al 60 per cento del PIL siano ragione per la prosecuzione di politiche di bilancio restrittive, provatamente negative per i sistemi paese europei;
e) a richiedere una revisione sostanziale del Fiscal compact, dei cosiddetti Six pack e two pack e delle altre disposizioni fiscali contenute nei Trattati facendo sì che la revisione tenda a superare i rigidi requisiti attualmente esistenti, a contemplare l’istituzione di un sistema unico di indebitamento come gli eurobond e a far ripartire la domanda aggregata in modo da rilanciare sviluppo sostenibile e occupazione con tutti i mezzi a disposizione, ivi inclusa una politica fiscale espansiva con investimenti in infrastrutture e sulla green economy;
f) a farsi promotore nel contesto del nascente Fondo europeo per gli investimenti strategici (FEIS) della creazione di sinergie con il più alto numero di Capi di Stato e di Governo al fine di poter avere una reale influenza nel consiglio direttivo del fondo e parimenti nella selezione dei progetti finanziabili, affinché la garanzia dell’Unione europea venga utilizzata solo qualora le finalità siano ampiamente condivisibili sia dagli Stati membri che dai cittadini europei, in particolare privilegiando gli investimenti strategici con elevato valore sociale e alta sostenibilità ambientale, utilizzando come criterio primario di selezione la massimizzazione dei benefici sociali di lungo periodo per i cittadini europei e provvedendo contemporaneamente ad assicurare che banche e fondi di investimento privati non detengano quote del fondo di garanzia e non possano quindi definire gli obiettivi strategici del fondo, che risulterebbero altrimenti falsati dalle finalità puramente lucrative degli stessi;
g) ad orientare il Consiglio europeo alla definizione di una quota rilevante dei finanziamenti del Fondo Europeo per gli Investimenti Strategici (FEIS) per le PMI così come definite nella raccomandazione 2003/361/CE e non come si legge nella proposta di regolamento COM(2015)10 ovvero «imprese fino a 3000 dipendenti»;
h) a farsi promotore presso la Commissione europea affinché la medesima applichi «la clausola degli investimenti» per la contribuzione degli Stati al FEIS, a prescindere dalla situazione congiunturale del singolo Stato, ed anche nel caso in cui la partecipazione al Fondo venga realizzata mediante una banca nazionale, ovvero una banca nazionale di sviluppo con risorse, su cui insiste la garanzia dello Stato;
i) a non impegnarsi in sede europea alla destinazione al FEIS di risorse di qualsivoglia entità;
per quanto concernente le questioni di rilevanza internazionale:
j) a proporre la revoca delle sanzioni economiche dell’Unione europea alla Russia in quanto inefficaci e controproducenti e contemporaneamente sostenere la richiesta di un effettivo cessate il fuoco;
k) a sospendere l’adesione alla NATO di altri Paesi dell’ex Unione Sovietica, sostituendo l’attuale politica di espansione a est con politiche di buon vicinato che abbassino la tensione e avviino un percorso di disarmo convenzionale e nucleare in tutto il continente europeo;
l) a promuovere un ruolo più attivo e collegiale dell’Unione europea nella crisi ucraina, anche tramite l’Alto Rappresentante che non può continuare ad avere solo un ruolo di spettatore, ancorché di prestigio;
m) a farsi promotore di un’iniziativa, eventualmente a guida italiana, da attuarsi di concerto con i partners internazionali e in accordo con gli attori arabi e l’Unione africana, tesa a preparare le condizioni di una riconciliazione nazionale della Libia che consenta la ricostruzione del tessuto istituzionale e la stabilizzazione interna, la smilitarizzazione delle milizie irregolari e che favorisca la formazione di un’autorità statuale;
n) ad attivarsi perché l’Unione europea si faccia maggiormente carico della gestione dei flussi migratori, superando la missione Triton e rivedendo gli impegni di Dublino III.
(6-00120) «Battelli, Luigi Di Maio, Fico, Fraccaro, Nesci, Petraroli, Vignaroli, Manlio Di Stefano, Di Battista, Del Grosso, Grande, Sibilia, Scagliusi, Spadoni, Castelli, Brugnerotto, Cariello, Caso, Colonnese, D’Incà, Sorial, Da Villa, Crippa, Della Valle, Fantinati, Lupo, Vallascas, Brescia, Lorefice, Dadone, Businarolo».
GOZI SANDRO – PARERE GOVERNO NON ACCOLTO IL 18/03/2015 PARERE GOVERNO IL 18/03/2015 DISCUSSIONE CONGIUNTA IL 18/03/2015 DISCUSSIONE IL 18/03/2015 RESPINTO IL 18/03/2015 CONCLUSO IL 18/03/2015 NON ACCOLTO PARERE GOVERNO DISCUSSIONE CONGIUNTA DISCUSSIONE RESPINTO CONCLUSO
Fonte: http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=33665