Atto Camera
Presentato da: ARTINI Massimo
27 febbraio 2015, seduta n. 383
Ambito d’interesse: intervento militare, missione, d’inchiesta terrorismo
La Camera, considerato che:
dalla fine della Guerra Fredda l’Italia ha visto crescere notevolmente il proprio protagonismo nello scenario internazionale, soprattutto per quanto riguarda le missioni militari: Afghanistan, Bosnia, Centrafrica, Iraq, Libano, Libia, Somalia, Kosovo sono solo alcuni dei Paesi dove a tutt’oggi sono impegnati i militari italiani. Negli ultimi decenni l’Italia ha pagato un contributo di sangue elevatissimo partecipando a missioni internazionali di ogni genere, da quelle di peacekeeping che, come in Libano, hanno dato un concreto contributo alla stabilità internazionale, alle scellerate azioni di guerra che, come in Libia nel 2011, hanno finito per provocare solo ulteriori conflitti;
purtroppo, il bilancio complessivo di queste missioni, pur condotte con professionalità dai militari italiani, è da considerarsi fortemente negativo, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza internazionale, che oggi risulta fortemente compromessa;
per di più l’Italia, nel tentativo di ottenere un maggior rilievo sulla scena internazionale, ha scelto di partecipare anche a missioni che andavano evidentemente contro gli interessi nazionali, come nel già citato caso della vicina Libia, e ha accettato di proseguire la partecipazione a missioni che hanno comportato elevatissimi costi economici e, soprattutto, ingenti perdite di vite umane, anche quando era ormai evidente l’inevitabile fallimento della missione stessa, come nel caso dell’Afghanistan, dove i nostri soldati sono presenti ormai da ben 14 anni;
questo protagonismo dell’Italia, che a tratti è apparso scadere nel servilismo nei confronti di alcuni alleati, Stati Uniti in primis, non si è evidentemente tradotto in un maggiore spessore dell’Italia sullo scenario internazionale;
il nostro Paese, infatti, è sempre in prima linea quando si tratta di inviare soldati, aerei e navi in teatri anche molto lontani, per supportare sforzi bellici che rispondono agli interessi di Paesi alleati, ma non riesce a farsi ascoltare quando si tratta di ottenere dagli stessi alleati qualche nave in più per salvare le migliaia di migranti che arrivano sulle coste italiane, oppure per tutelare i diritti dei nostri fucilieri di marina trattenuti in India ormai da tre anni;
l’Italia è sempre pronta quando si tratta di cercare visibilità e credibilità con le missioni all’estero, ma quando finalmente le viene assegnato un ruolo di guida in un contesto internazionale, non riesce a sfruttare l’occasione: basti pensare al recente semestre di presidenza italiana della Unione europea, trascorso senza far registrare nessun apprezzabile risultato, mentre invece era un’opportunità importante per tentare di riorientare verso sud l’attenzione dei partner europei e affrontare con decisione temi quali l’emergenza immigrazione e la sicurezza dell’area mediterranea;
appare, dunque, ormai evidente che tentare di accrescere il peso dell’Italia nel consesso internazionale attraverso la presunta «scorciatoia» dell’adesione a missioni militari volute e guidate da altri Paesi, in base ai loro interessi e alle loro agende di politica estera non fa altro che relegare il nostro Paese sempre di più nel ruolo di mero esecutore di scelte altrui; continuare a scegliere o, peggio a non scegliere, di volta in volta, solo in base alle convenienze politiche del Governo in quel momento in carica, senza mai mettere in discussione ruoli e consuetudini nel rapporto con gli alleati non può portare da nessuna parte;
occorre quindi elaborare una volta per tutte una politica estera ben definita e di ampio respiro, basata su una attenta valutazione degli interessi nazionali a lungo termine e orientata verso una chiara visione di quello che si vuole sia il ruolo dell’Italia nel mondo;
a questo proposito, non vi è dubbio che l’affermazione dell’Italia passa anche attraverso l’affermazione dell’Europa quale attore unitario, capace di porsi come un pilastro di un sistema internazionale che si sta via via sempre più configurando come multipolare;
l’Europa nel suo complesso ha gli strumenti culturali, politici ed economici per assumere un ruolo stabilizzante nello scenario internazionale, ma affinché ciò possa accadere è necessario che l’ambizioso progetto che ha dato vita all’Unione europea vada ben oltre la moneta unica e ritorni a essere guidato dall’idea originale, cioè di creare un’Europa dei popoli, non delle banche, un’Europa della solidarietà, del progresso sociale, dello sviluppo sostenibile, dell’accoglienza, capace di promuovere e mantenere la pace e la sicurezza e di rappresentare un faro di democrazia;
solo mettendo in campo una grande sinergia ed elaborando politiche comuni i Paesi dell’Unione europea potranno affrontare le grandi sfide economiche, energetiche, sociali, ambientali e di sicurezza, ed è in quest’ottica che l’Italia deve guardare al proprio ruolo internazionale, cioè come promotore del rilancio del progetto europeo e come attore fondamentale dell’elaborazione e della implementazione della politica estera e di sicurezza comune;
a questo proposito l’Italia dovrebbe, ad esempio, promuovere convintamente la realizzazione di un efficiente strumento militare comune gestito dall’Unione europea nell’ambito della politica estera e di sicurezza europea e contestualmente favorire un progressivo ritorno della NATO al proprio ruolo originale, cioè limitato alla difesa collettiva dell’Europa e degli Stati Uniti;
appare infatti evidente che il ruolo di «gendarme del mondo» che la NATO si è auto-assegnata all’indomani dello scioglimento del Patto di Varsavia, e i conseguenti numerosi interventi militari che ha condotto nell’ultimo ventennio non hanno certo portato a una maggiore stabilità dello scenario internazionale; inoltre, la progressiva espansione a Est, che ha portato l’Alleanza Atlantica ai confini della Russia è evidentemente una delle cause della grave crisi attualmente in atto in Ucraina;
risulta quindi auspicabile un maggiore coinvolgimento dell’Unione europea nell’affrontare le attuali crisi che riguardano l’aerea euro-mediterranea; riguardo alla crisi Ucraina, ad esempio, sarebbe stato necessario un maggiore supporto da parte del Governo italiano al ruolo svolto dall’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini, che ha purtroppo finito per essere relegata ai margini del dialogo diplomatico, tanto da rimanere esclusa dal recente vertice di Minsk, scavalcata dall’iniziativa franco-tedesca;
un errore simile dovrà essere evitato riguardo alla crisi in Libia e alla diffusione del fenomeno ISIS, temi che l’Italia dovrebbe impegnarsi a fare emergere come priorità nell’agenda dell’Unione europea, evitando di cadere nella tentazione di favorire direttamente o indirettamente soluzioni all’apparenza più rapide, ma dall’esito del tutto incerto, come in un eventuale intervento militare egiziano in Libia;
proprio i rapporti con i Paesi arabi dovranno essere gestiti con particolare attenzione, utilizzando gli strumenti della collaborazione e della «soft power» per contribuire a un’evoluzione positiva del difficile quadro politico che riguarda i Paesi del Nord Africa e del Medio Oriente;
a questo proposito appare importante non indugiare ulteriormente riguardo al riconoscimento dello Stato palestinese, decisione già adottata dal Governo della Svezia e approvata dai Parlamenti di Francia, Spagna e Regno Unito, seppure non ancora adottata dai rispettivi Governi;
una simile decisione da parte italiana, oltre a contribuire a promuovere la «soluzione dei due Stati» per la composizione della crisi israelo-palestinese, contribuirebbe anche a neutralizzare il tentativo di tacciare l’Italia come uno Stato «crociato» portato avanti dalla purtroppo efficace propaganda dell’ISIS, e potrebbe garantire al nostro Paese maggiori simpatie nel mondo arabo e islamico, a tutto vantaggio dell’efficacia delle iniziative diplomatiche che l’Italia dovrà necessariamente mettere in campo per risolvere conflitti complessi come quello libico,
impegna il Governo:
in ordine alla crisi in Libia:
a promuovere una forte iniziativa dell’Unione europea, anche a guida italiana, che affianchi gli sforzi condotti dall’inviato delle Nazioni Unite, Bernardino Leon, allo scopo di esplorare ogni possibile soluzione politico-diplomatica, che porti a una composizione pacifica della crisi, ascoltando anche le richieste delle tribù locali e dei gruppi politici minori libici;
a non partecipare a nessuna missione militare se non preventivamente autorizzata dalle Nazioni Unite e solo nel caso che risulti con ogni evidenza l’impossibilità di addivenire a una soluzione negoziale concordata tra le parti;
a dare la disponibilità alla partecipazione a una missione di peacekeeping, anche a comando italiano, previa richiesta ufficiale da parte delle autorità libiche, solo in seguito a un accordo di riconciliazione tra le parti;
a vincolare qualsiasi eventuale impegno militare alla preventiva elaborazione di un dettagliato piano di ricostruzione e supporto alle istituzioni libiche volto a sostenere la rinascita della Libia come una vera democrazia basata su libere elezioni e regole condivise dal popolo libico;
a impegnarsi nel rafforzare le attività di contrasto dei traffici di idrocarburi, armi, droga, armi ed esseri umani che costituiscono fonti di ricchezza per ISIS, Jabat Al Nusra, Boko Haram, Ansar Al-Sharia e altri gruppi terroristici islamisti;
a esercitare pressione nei confronti di Qatar, Arabia Saudita, Kuwait, Emirati Arabi Uniti e Turchia affinché attuino efficaci politiche di contrasto alle organizzazioni civili e religiose, di qualsiasi genere, che raccolgono fondi a favore di gruppi terroristici o predicano l’odio interreligioso, interetnico o interculturale;
in ordine al fenomeno delle migrazioni di massa:
a chiedere un rafforzamento del dispositivo della missione Triton dell’Unione europea allo scopo di potenziare la capacità di salvataggio in mare dei migranti e di assicurare alla giustizia gli scafisti;
a proporre alle Nazioni Unite e all’Unione europea l’istituzione di corridoi umanitari per i migranti provenienti dal Corno d’Africa e dall’Africa sub-sahariana organizzando campi di accoglienza e smistamento in Paesi di transito della fascia del Sahel, quali Sudan, Ciad, Niger e Mali, dove potranno essere assegnati passaporti umanitari temporanei che consentano ai migranti di impiegare mezzi di trasporto legali, sottraendo così una preziosa fonte di reddito ai trafficanti di esseri umani, e dove potranno essere valutati i singoli casi per assegnare permessi di soggiorno suddividendo in modo solidale tra i Paesi ad economia avanzata il carico umano ed economico di questa emergenza;
in ordine alla crisi in atto in Ucraina:
a promuovere il ruolo dell’Unione europea come attore unitario, sostenendo le iniziative diplomatiche dell’Alto Rappresentante e scoraggiando iniziative autonome dei singoli Stati dell’Unione;
a non partecipare a esercitazioni della NATO eventualmente condotte in territorio ucraino;
in ordine alla situazione in Afghanistan:
ad accelerare il ritiro di tutte le truppe italiane dall’Afghanistan e a comunicare agli altri partner della NATO l’indisponibilità italiana a partecipare a un eventuale prolungamento della missione Resolute Support, nonché a prendere parte a qualsiasi altra eventuale missione internazionale in Afghanistan;
in ordine al caso dei fucilieri di Marina detenuti in India:
a sospendere la partecipazione italiana alla missione anti-pirateria Atlanta dell’Unione europea fintanto che non sarà risolto positivamente il contenzioso con l’India e a impiegare i fondi originariamente dedicati alla missione Atlanta per il rafforzamento del dispositivo navale italiano impegnato nelle attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. (6-00115)
Fonte: http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=32789