Atto Senato 6-00101
Presentata da PAOLO ROMANI
22 aprile 2015, seduta n.435
Ambito di interesse: stragi migranti, operazioni di ricerca e soccorso, politiche europee
Il Senato,
premesso che:
il naufragio occorso nel canale di Sicilia, al largo delle coste dell’isola di Lampedusa, nella notte tra il 18 e il 19 aprile ultimo scorso, ha registrato la più grave strage di migranti (circa 700) degli ultimi anni, confermando la drammatica situazione che si sta consumando nel Mediterraneo;
la gravità della situazione e la dimensione del problema, al di là delle polemiche – pur legittime – avanzate dalle parti politiche, sulla cessazione dell’operazione “Mare nostrum” e la sua sostituzione con la missione europea “Triton”, impongono una ferma presa di coscienza e interventi concreti, a livello nazionale e internazionale, sia sul piano politico-diplomatico, che sul piano di polizia internazionale, e richiedono una risposta europea unanime;
numerosi Paesi della sponda Sud del Mediterraneo continuano ad essere interessati da un’instabilità politica – leggi Egitto, Libia, Siria, Libano – il cui processo verso una normalizzazione istituzionale non è facilitata dalle azioni terroristiche del Da’ish, da lotte interne, anche di carattere religioso, vere e proprie guerre civili. Tali Paesi risentono, inoltre, di una situazione economica non favorevole per la maggior parte dei loro cittadini;
l’Italia per la sua posizione geografica è da anni meta di una forte e continuo flusso migratorio: influisce certamente sulla scelta dell’Italia come Paese per l’ingresso in Europa anche una politica di accoglienza che non dissuade l’immigrazione illegale;
l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani ha esortato i Governi dell’Unione europea ad adottare un approccio più sofisticato, più coraggioso e meno insensibile per affrontare i flussi di migranti verso l’Europa, ed ha espresso che la maggior enfasi data dall’operazione Triton, indirizzata ad un maggior controllo delle frontiere, rispetto al precedente programma Mare nostrum più focalizzato sul salvataggio degli immigrati al momento non ha sicuramente interrotto, ma nemmeno indebolito il flusso migratorio e scoraggiato chi contrabbanda vite umane;
il “mercato della disperazione”, come spesso viene definito, frutta un fatturato annuo di US$ 34 miliardi; ciò impone di ripensare una “politica comune di immigrazione” che contempli interventi mirati per contrastare gli scafisti in partenza dalla Libia e dalla Tunisia, unitamente a interventi di carattere umanitario per garantire, a chi ne ha diritto, di avere assistenza in Africa e accoglienza in Europa. A tal fine, sarebbe auspicabile accelerare il progetto che prevede la creazione di almeno tre campi profughi in Niger, Tunisia e Sudan sotto l’egida dell’ONU, per esaminare le istanze di asilo in modo da poter avviare la procedura con i Paesi indicati dai richiedenti;
occorre ricordare che il Regolamento n. 604 del 2013 – Dublino III – che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un Paese terzo o da un apolide, ha come obiettivo la creazione di un sistema europeo comune di asilo e si basa sul principio dell’unicità della competenza, secondo il quale una domanda di protezione internazionale che venga proposta nel territorio dell’Unione europea da un cittadino di uno Stato terzo o da un apolide deve essere esaminata dalle autorità competenti di un solo Stato membro;
in secondo luogo, il Regolamento condiziona la competenza a conoscere delle domande di protezione internazionale all’applicazione di taluni criteri successivi, ordinati in modo gerarchico, che dovrebbero essere stabiliti in modo oggettivo ed equo, sia per gli Stati membri sia per le persone interessate dalla domanda di protezione. Tale meccanismo dovrebbe soprattutto consentire di individuare con ragionevolezza lo Stato membro competente;
nonostante l’enunciazione di principio che esigerebbe l’applicazione gerarchica dei criteri, anche nel sistema Dublino III persiste la tendenza a favorire la competenza per l’esame di una domanda di protezione internazionale, in primis, sullo Stato che ha svolto il maggior ruolo in relazione all’ingresso e al soggiorno del richiedente nel territorio degli Stati membri: (si legge nell’articolo 13 del Regolamento) quando, infatti, è accertato – attraverso prove o circostanze indiziarie, inclusi ovviamente i dati sulle impronte digitali raccolte attraverso il sistema Eurodac – che il richiedente ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale e la sua responsabilità cessa 12 mesi dopo l’attraversamento clandestino della frontiera;
la gravissima emergenza umanitaria è legata ad una altrettanto grave emergenza criminale, per risolvere e debellare le quali è indispensabile e urgente massimizzare l’impegno e gli sforzi del nostro Paese e dell’Europa tutta, per fronteggiare i principali rischi politici, economici e di sicurezza che provengono dal Sud del Mediterraneo;
occorre evidenziare che nella Relazione programmatica sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea, per l’anno 2015 – Doc. LXXXVII-bis, n. 3 -, in discussione in Parlamento, al capitolo V – Dimensione esterna dell’Unione -, paragrafo 4 (Politica di vicinato), viene ribadito l’impegno dell’Italia “per assicurare il suo pieno appoggio alla mediazione dell’ONU, offrendo alla squadra dell’UNSMIL (United Nations Support Mission in Libya) diretta dallo SRSG (Special Representative of the Secretary General) Bernardino León il massimo supporto possibile, sia dal punto di vista logistico che condividendo il suo prezioso patrimonio di contatti e conoscenze…”;
come emerge dalla stessa Relazione, lo scenario nella sponda Sud del Mediterraneo presenta un quadro disomogeneo, considerato che a fianco di democrazie che, come quella tunisina, si stanno consolidando grazie anche al supporto politico ed economico europeo, in altri Paesi l’evoluzione appare più contrastata, mentre permangono situazioni che presentano evoluzioni in senso negativo;
il Consiglio supremo di difesa, presieduto dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, “ha esaminato la situazione internazionale constatando che gli eventi degli ultimi mesi hanno determinato un generale peggioramento degli scenari di crisi e di conflitto e particolarmente grave è l’impatto sulle popolazioni civili. Al riguardo, si è convenuto sulla necessità di focalizzare l’impegno del sistema-Paese nelle aree di crisi di più immediato e concreto interesse per la sicurezza nazionale, a partire dalla Libia;
considerato che:
il 17 aprile, i Ministri degli affari europei di Francia, Harlem Désir, Germania, Michael Roth, Italia, Sandro Gozi, e Slovacchia, Peter Javorcik hanno affermato congiuntamente che gli ultimi tragici eventi nel Mediterraneo, con la perdita di centinaia di vite in naufragi di imbarcazioni di migranti, richiedono una reazione forte e comune dell’Europa. I ministri chiedono un’efficace azione per la lotta contro le reti criminali che approfittano di disperati che vogliono raggiungere l’Europa. Questa tragedia riguarda l’Europa nel suo complesso e richiede una risposta europea risoluta. Essa mostra l’urgenza di sviluppare una politica migratoria europea comune e coerente, che affronti i temi del controllo delle frontiere e della stabilità e sviluppo dei Paesi di origine e di transito. Tali questioni devono ora entrare nella nuova agenda europea per la migrazione;
il Presidente dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’europa, Anne Brasseur, ha sottolineato la necessità che l’UE non lasci sola l’Italia ad affrontare i continui arrivi di immigrati. Serve che l’Europa condivida questa responsabilità. L’Italia, in quanto Stato in prima linea per i flussi d’immigrati irregolari, richiedenti asilo e rifugiati affronta una sfida particolare. Sussistono dei problemi, incluso quello del ritardo nella registrazione di chi sbarca sulle sue coste. Tuttavia è chiaro che l’Italia non può continuare ad affrontare e gestire da solo questi continui arrivi. Occorre una più grande condivisione delle responsabilità con altri Paesi europei”. Per quanto riguarda la ripartizione delle responsabilità, la Brasseur ha detto che occorre cambiare il sistema di Dublino perché “non solo è antiquato, e inefficace per la gestione delle sfide di oggi, ma anche ingiusto per i Paesi di arrivo e per i richiedenti asilo”;
la portavoce della Commissione UE Bertaud fa appello ai Governi per un nuovo approccio europeo alla questione immigrazione, perché la situazione nel Mediterraneo “è grave e peggiorerà nelle prossime settimane e mesi e la Commissione non può fare da sola perché non abbiamo i fondi né il sostegno politico” per lanciare operazioni europee di salvataggio;
Frans Timmermans, primo vice presidente della Commissione UE, ha affermato che l’immigrazione è ormai un problema che riguarda tutti gli Stati membri, non è più Mare nostrum ma Europa nostra”, lanciando l’Agenda europea sulle migrazioni;
il commissario UE all’immigrazione Avramopoulos ha annunciato che “Europol lancerà ufficialmente un centro di intelligence marittimo per meglio rintracciare e identificare le reti” di trafficanti di esseri umani che operano nel Mediterraneo;
tenuto conto che:
l’operazione Mare nostrum, lanciata dal Governo italiano nell’autunno 2013, aveva compiti di ricerca e salvataggio dei migranti (con un costo di euro 9 milioni al mese), mentre Triton è una missione di sorveglianza e pattugliamento delle frontiere dell’Unione europea. Il Governo italiano ritiene Triton una operazione fondamentale ma da rafforzare e potenziare: attualmente sono impiegate 2 navi d’altura, 2 navi di pattuglia costiera, 2 motovedette, 2 aerei e 1 elicottero, per un budget di 3 milioni di euro al mese. Il Governo italiano intende chiedere il raddoppiamento dei mezzi, degli uomini e del budget di spesa;
il Governo italiano propone inoltre un piano di contrasto internazionale al traffico di esseri umani, ed un raccordo internazionale di polizia e di intelligence che sia in grado di colpire e smantellare il network dei trafficanti, con operazioni mirate, anche in loco, per distruggere il racket criminale (come la recente operazione coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo, con l’ausilio dei servizi segreti e del servizio centrale operativo della Polizia di Stato). La stessa analisi del problema, e il conseguente approccio di contrasto ai trafficanti di uomini, è stata elaborata dal ministro degli esteri inglese Hammond. Il Governo italiano non sostiene le ipotesi di un intervento militare in Libia e di blocco navale (impossibile da attuare perchè richiederebbe degli accordi con la Libia, attualmente non in grado di presentarsi come interlocutore stabile ed affidabile);
i flussi migratori devono però essere affrontati non solamente con modalità di sensibilità verso le persone ma anche con razionalità, e tenendo conto, comunque, di alcuni elementi:
finora quest’anno (fonte UNHCR: bollettino del 21 aprile 2015), oltre 35.000 rifugiati e migranti sono arrivati via mare in maniera irregolare in Europa e, se l’ultimo tributo di morte è confermato, oltre 1.600 sono deceduti;
chi cerca di mettersi in viaggio cerca di sottrarsi ad una situazione di povertà o di totale insicurezza per il proprio futuro;
l’immigrazione incontrollata genera problemi più o meno rilevanti per il Paese di accoglienza, specialmente se il Paese affronta, come è il caso dell’Italia, una situazione di stagnazione o recessione economica. In una situazione di incertezza sociale ed economica un’accoglienza indiscriminata produce insofferenza ed astio verso il cittadino straniero (con riferimento all’Italia, nel 2014 sono giunte nel nostro Paese oltre 170.000 migranti, a fronte dei circa 43.000 del 2013; nel 2014 sono arrivati in Europa 278.000 migranti irregolari; i centri di accoglienza italiani ospitano circa 67.000 migranti. Nei primi tre mesi e mezzo del 2015 sono sbarcati sulle coste italiane circa 18.000 migranti, oltre il 40 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2014);
il fenomeno delle richieste di asilo aumenta in tutti i Paesi dell’Unione europea (+44,7 per cento nel 2014 rispetto allo scorso anno): l’Italia è il terzo Paese per numero di richieste di asilo ricevute (dopo Germania e Svezia) e registra il maggior incremento rispetto al 2013 (+142,8 per cento);
i flussi migratori provengono da Paesi non di cultura laica ma connaturati dalla religione dove l’instabilità politica nasce essenzialmente da scontri interni nei quali la religione assume un ruolo rilevante;
secondo Frontex nel 2015 ci sono circa 500.000-1.000.000 di migranti che potrebbero partire dalla Libia;
è necessario tutelare la sicurezza nazionale e dell’Unione europea senza compromettere i rapporti amichevoli con gli Stati origine del fenomeno migratorio: per tale motivo le azioni devono essere condivise, o quanto meno comprese, dai Paesi di origine del fenomeno migratorio;
il migrante irregolare per ragioni economiche non può essere equiparato al migrante per ragioni politiche od umanitarie. Il migrante economico lasciando il proprio Paese indebolisce il futuro di quel Paese (fenomeno del brain drain);
la predisposizione di campi profughi nei Paesi confinanti con Paesi instabili non può essere che una situazione di necessità ed urgenza di natura temporanea poiché richiede un impegno economico enorme da parte, in primis, delle Nazioni Unite (in termini di risorse economiche, alimentari, strumentali ed umane, anche per garantirne fisicamente la sicurezza) e del Paese che ospita il campo profughi,
tenuto conto che:
al capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, gli articoli 41 e 42 dispongono rispettivamente che:
º il Consiglio di sicurezza può decidere quali misure, non implicanti l’impiego della forza armata, debbano essere adottate per dare effetto alle sue decisioni, e può invitare i membri delle Nazioni Unite ad applicare tali misure. Queste possono comprendere un’interruzione totale o parziale delle relazioni economiche e delle comunicazioni ferroviarie, marittime, aeree, postali, telegrafiche, radio ed altre, e la rottura delle relazioni diplomatiche;
º se il Consiglio di sicurezza ritiene che le misure previste nell’articolo 41 siano inadeguate o si siano dimostrate inadeguate, esso può intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale. Tale azione può comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali o terrestri di membri delle Nazioni Unite;
evidenziato che:
l’operazione Atalanta dell’Unione europea si è dimostrata uno strumento efficace per contrastare situazioni criminali nel Mediterraneo (pirateria), in accordo con numerose Risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSCR);
un intervento militare, in un quadro di legalità internazionale, sarebbe giustificato o da una Risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite o se richiesto da un Paese,
impegna il Governo:
nell’impossibilità di un intervento internazionale su richiesta dello Stato libico, considerato che il Governo riconosciuto dalla comunità internazionale non ha un vasto controllo del territorio libico e, in particolare, delle zone costiere di partenza delle imbarcazioni, a valutare l’opportunità di proporre al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite l’adozione di una Risoluzione che autorizzi interventi mirati in Libia volti a sostenere un processo di stabilizzazione del Paese e a debellare l’attività criminale degli scafisti;
ad istituire un tavolo di coesione nazionale per l’emergenza immigrazione e per le crisi internazionali in atto, che coinvolga i rappresentanti dei Governi che hanno maturato un’esperienza nel passato, e le forze politiche di buona volontà;
a valutare l’opportunità di proporre in sede di Consiglio europeo un summit internazionale, sotto l’egida delle Nazioni Unite, al fine di giungere ad uno strumento condiviso con cui affrontare con modalità risolutive, di ampio spettro, il fenomeno migratorio nel Mediterraneo e tale da consentire al nostro Paese di avere un ruolo di leadership di una forza multilaterale sotto l’egida delle organizzazioni internazionali;
a porre in essere operazioni analoghe all’operazione UE Atalanta di contrasto alla criminalità, a sollecitare il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (UNSCR) a valutare l’opportunità di emanare Risoluzioni che permettano alla comunità internazionale l’applicazione di misure in accordo con quanto stabilito dagli articoli 41 e 42 della Carta delle Nazioni Unite;
a valutare l’opportunità di sollecitare l’Unione europea ad una revisione delle clausole del Regolamento di Dublino III, che coinvolga fattivamente tutti gli Stati dell’Unione europea e non soltanto quelli maggiormente esposti ai flussi di migranti.
(6-00101)
Paolo ROMANI, BERNINI, GASPARRI, BRUNO, PELINO, FLORIS, AMORUSO, MINZOLINI, ALICATA, TARQUINIO, Giovanni MAURO.
Risoluzione parzialmente accolta
Fonte: http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=35333