Atto Senato 1-00438
Presentata da ANTONIO SCAVONE
18 giugno 2015, seduta n.468
Ambito di interesse: Ambito di interesse: agenda europea immigrazione, Consiglio Europeo 25-26 giugno 2015
SCAVONE, Mario FERRARA, COMPAGNONE, D’ANNA, RUVOLO, DE PIN, DI MAGGIO, CARIDI, PEPE, BARANI, Mario MAURO – Il Senato,
premesso che:
in data 16 giugno 2015 sono arrivati al porto di Catania 400 immigrati soccorsi da una nave irlandese; il 9 giugno sono sbarcati a Porto Empedocle 384 profughi, che si aggiungono ai 1.143 sbarcati in data 8 giugno presso il porto di Catania, in seguito all’operazione di salvataggio condotta dalla Marina militare inglese, e ai 113 immigrati alla deriva soccorsi dalla nave “Dattilo” della Guardia costiera;
i migranti soccorsi nel fine settimana precedente ammontano al ragguardevole numero di 6.000, mentre il numero complessivo degli sbarcati dal gennaio 2015 tocca la cifra di 55.000;
gli eventi degli ultimi giorni testimoniano l’esistenza nel Mar Mediterraneo di una situazione esplosiva caratterizzata da flussi migratori epocali la cui gestione diventa di giorno in giorno più difficile soprattutto per la Sicilia, considerata regione di primo approdo con oltre 38.400 migranti sbarcati dall’inizio dell’anno;
per quanto riguarda l’ospitalità, è sempre la Sicilia che detiene la percentuale più alta di immigrati (22 per cento), seguita dal Lazio, Lombardia, Puglia, Campania e Calabria;
i migranti percorrono diverse rotte e molti partono dalla Libia in un quadro geopolitico del Nord Africa, peraltro assai preoccupante, che vede l’Isis conquistare sempre più posizioni in Libia per raggiungere il pieno il controllo dei giacimenti di petrolio;
anche a causa della non tranquilla situazione politica, è facile prevedere che la pressione migratoria sarà destinata ad aumentare nei prossimi mesi (la stampa britannica parla di circa 500.000 persone pronte a partire dalla Libia). Se l’Europa decidesse di farsi carico solo di una piccola parte del numero dei migranti arrivati in Italia, il nostro Paese dovrebbe provvedere alla sistemazione di un numero impressionante di rifugiati che da oggi alla fine dell’anno potrebbe toccare, secondo diverse stime, anche la punta di 130.000 persone. Si sarebbe costretti in questo caso, ad allestire veri e propri campi profughi, come accade in Libano, Turchia, Giordania o nei Paesi confinanti con regioni in guerra o, ancor più, si vedrebbero le pensiline delle stazioni ferroviarie o i giardini pubblici delle nostre città trasformati in bivacchi improvvisati per disperati;
i centri di accoglienza non solo siciliani, ma dell’intero Paese, sono ormai al collasso e registrano situazioni di sovraffollamento incompatibili con il rispetto e il senso della dignità dovuti ad ogni essere umano. Preoccupano certamente le notizie provenienti dal Ministero dell’interno secondo cui si vuole ancora incoraggiare lo stazionamento di lunga durata dei migranti, predisponendo addirittura i “centri hub” regionali, come se non avessimo già compreso abbastanza che più a lungo i migranti rimangono nei luoghi di prima accoglienza, più cresce il rischio di episodi di corruzione o malaffare;
appare chiaro che l’Unione europea tenda a considerare il fenomeno dell’immigrazione come un problema meramente italiano tanto da voler rinviare la discussione sulle quote di distribuzione dei migranti addirittura a settembre, quando, presumibilmente, altre decine di migliaia di persone si saranno riversate sulle coste italiane; e comunque manifesta di voler farsi carico solo delle persone che hanno diritto all’asilo, cioè una piccolissima parte, e non di tutti gli altri;
il Governo è stato sollecitato più volte dal gruppo Grandi Autonomie e Libertà a porre la questione immigrazione con più forza e più incisività presso le sedi europee, non tanto e non solo guardando al numero dei migranti già arrivati, quanto piuttosto alla quantità che sarebbe arrivata nei mesi successivi. Queste sollecitazioni sono state più frequenti e pressanti durante il semestre europeo a guida italiana, senza sortire l’effetto sperato;
occorre mettere l’Europa di fronte a sé stessa, facendo comprendere in ogni modo che non è più tempo di un umanitarismo di facciata, ma occorrono azioni più forti che prevedano l’istituzione di un tavolo internazionale permanente che abbia il coraggio di dichiarare l’emergenza immigrazione e che verifichi anche l’opportunità di un potenziamento del sistema di intelligence internazionale volto a contrastare il pericolo di infiltrazioni terroristiche;
non è più rinviabile il coinvolgimento dell’ONU, per individuare una strategia risolutiva dei flussi migratori in Mediterraneo; d’altra parte non va dimenticato che l’operazione “Mare nostrum” ora cessata e sostituita dall’operazione “Triton”, contemplava, non solo le attività di soccorso dei migranti, ma anche le operazioni militari di contrasto, mai attuate;
l’operazione “Triton”, al contrario, è volta semplicemente al controllo delle frontiere e non ha sortito alcun effetto in ordine all’indebolimento della pressione migratoria;
la risposta europea finora è stata blanda ed è cresciuto nei territori il senso di solitudine di fronte ad un problema di immani proporzioni, tanto che più volte abbiamo chiesto che il costo finanziario sopportato dall’Italia per fronteggiare un’emergenza che è europea, venga decurtato dal contributo annuale che il nostro Paese deve all’Unione;
le recenti chiusure delle frontiere da parte di Germania, Francia e Austria con conseguente sospensione di fatto del trattato di Schengen e le tensioni generate dall’arrivo di gruppi consistenti di migranti a Ventimiglia, dimostrano il chiaro atteggiamento dell’UE che non intende farsi carico del problema;
infatti i flussi migratori nel Mediterraneo sembra diano vita a un giro d’affari illecito di centinaia di milioni di euro l’anno. Il prezzo dei viaggi varia da frontiera a frontiera e il pagamento usualmente non è rimborsabile nel caso in cui la traversata non si compia;
sebbene esistano viaggi auto organizzati dagli stessi migranti, la maggior parte delle partenze è controllata da alcune organizzazioni, ognuna delle quali si occupa del passaggio di una frontiera;
alla base del sistema si trovano i cosiddetti reclutatori, usualmente connazionali dei migranti, residenti nelle zone di origine dei clandestini, che si occupano di vendere i contatti, ad esempio in Libia o in Marocco, della rete di persone che li ospiterà e li trasborderà al luogo di imbarco;
il viaggio vero e proprio viene organizzato dai passeurs, parola traducibile con il termine “trafficanti”, più spesso originari del luogo da cui parte la traversata del mare. Molte persone di alto livello di istruzione riescono comunque a raggiungere i Paesi di partenza da sole, facendosi dare contatti dei passeurs dai propri parenti che sono già arrivati in Europa. Una volta pagati in contanti, i passeurs portano i candidati alla traversata al punto di partenza (nel caso della Libia solitamente verso Zuara, una città al confine con la Tunisia), dove alloggiano per qualche giorno prima di imbarcarsi;
una volta approntata la nave comprata al ribasso o rubata, i passeggeri vengono portati nella notte in riva al mare. Sconti particolari vengono fatti a chi si offre volontario per la guida delle imbarcazioni, spesso affidate per questo a capitani senza alcuna esperienza di mare, con conseguente aumento delle vittime;
si apprende dalla stampa che il lucroso giro di affari scaturente dal traffico dei profughi sarebbe in grado di superare perfino steccati di ordine ideologico o religioso, se è vero che gli accordi riguarderebbero mafia turca, mafia siriana e gruppi combattenti dell’IS, sunniti e sciiti;
sembrerebbe che questi gruppi criminali che organizzano le migrazioni illegali si avvarrebbero di navi che piene di migranti salperebbero dalla Libia alla volta delle acque internazionali e che solo giunti qui calerebbero in mare i barconi, vi caricherebbero i migranti, che lasciati in balìa di uno scafista di turno, sarebbero pronti per essere poi soccorsi dalle unità navali europee ed essere sbarcati sulle coste italiane;
la Guardia costiera italiana e quella greca hanno individuato numerosi cargo pieni di esseri umani. Il business delle navi mercantili “fantasma” che cambiano proprietà all’ultimo momento rendendo pressoché impossibile risalire all’ultimo armatore, è in forte espansione. Le navi verrebbero acquistate nel Mar Nero o in Siria, dove la guerra ha bloccato i commerci, oppure in Turchia, nella zona costiera poco lontana da Smirne. Lì la concorrenza tra i demolitori è molto forte e per poco più di 200.000 dollari si può acquistare una portacontainer varata cinquant’anni prima e guadagnare venti volte tanto caricandola con 500 migranti, poiché ogni passeggero pagherebbe in media 6.000 dollari. Si tratterebbe di una vera e propria filiera che lavora in sincronia. Infatti la criminalità turca si occupa di acquistare i cargo in età da disarmo e fa in modo che la proprietà cambi rapidamente, cosicché i nuovi armatori siano irreperibili cittadini siriani residenti in zone di guerra; intanto i combattenti dell’IS garantiscono ai profughi un passaggio sicuro fino a un luogo dove, con l’appoggio della mafia turca, vengono caricati su vaporetti e trasbordati sui mercantili ormeggiati fuori dal porto;
taluni si chiedono anche come sia possibile che i mercantili se ne stiano in rada per giorni e giorni nella totale indifferenza delle autorità portuali. La risposta potrebbe riposare sulla grande quantità di rimozioni forzate che si sono registrate in seno alla pubblica sicurezza turca. Sembrerebbe che lo scorso anno 110 funzionari siano stati trasferiti nottetempo e gli agenti, alcuni anche di alto grado, siano stati oggetto di un’apposita “purga” insieme ad altri 4.000 funzionari pubblici, tra cui 120 magistrati, accusati di aver sollevato troppo polverone su casi di corruzione che mettevano in cattiva luce l’entourage del presidente Erdogan;
considerato che:
il regolamento 2003/343/CE (regolamento Dublino II) e la successiva modificazione nota come Dublino III, mira a individuare lo Stato membro competente a istruire le domande di asilo che solitamente è lo Stato in cui il migrante ha fatto il primo ingresso nell’Unione europea. Ne deriva che, in assenza di una politica europea comune, gli Stati membri più settentrionali e centrali dell’Unione non si assumono le responsabilità che dovrebbero e costringono gli Stati dell’UE che si affacciano nel Mediterraneo, come l’Italia, a trasformarsi in veri e propri “depositi” di disperati (ad oggi i migranti, a causa dell’operatività del regolamento di Dublino, non possono andare oltre il punto di ingresso). Infatti l’art. 13 del regolamento prevede più nello specifico che quando sia accertato, sulla base degli elementi di prova e delle circostanze indiziarie, che il richiedente asilo ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un Paese terzo, il territorio di uno Stato membro, il Paese membro in questione è competente per l’esame della domanda di protezione internazionale. Tale responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera;
vale la pena a questo punto ricordare alcuni principi giuridici a proposito del concetto di “territorio”: le navi e gli aerei costituiscono il cosiddetto territorio galleggiante di uno Stato; le navi militari costituiscono sempre territorio dello Stato di cui battono bandiera; le navi civili sono territorio dello Stato di cui battono bandiera fino a quando si trovano in acque internazionali. Questo permette di affermare un criterio di collegamento tra quanto previsto dal regolamento Dublino III e la nazionalità della nave che soccorre i migranti in mare. In altre parole, va affermato il principio che il territorio di primo ingresso per il migrante, ai fini dell’individuazione dello Stato competente ad esaminare la domanda del richiedente asilo, sia il Paese di cui la nave che ha prestato soccorso batte bandiera. Pertanto, se i migranti vengono soccorsi da una nave tedesca o francese, la Germania o la Francia devono essere considerati i Paesi competenti che quindi devono trasportare i migranti fin nei loro porti;
in seguito ai più recenti sbarchi, sono emersi atteggiamenti di protesta da parte di sempre più larghe fette di cittadini, se non addirittura specifiche delibere di Consigli comunali ostili all’accoglienza di nuovi immigrati;
tutto quanto fino ad oggi posto in essere dal Governo si è rivelato insufficiente e, comunque, non efficace al fine di fronteggiare il fenomeno, mentre si stigmatizza l’ipotesi (meramente appresa dalla stampa) che il Presidente del Consiglio dei ministri intenderebbe autorizzare i Comuni che accetteranno di ospitare i migranti, a sforare i vincoli del patto di stabilità interno,
impegna il Governo:
1) anche in vista del prossimo Consiglio europeo previsto per il 25-26 giugno 2015, ad assumere in seno al Consiglio un atteggiamento più energico, perché passi la linea dell’obbligatorietà per tutti i Paesi dell’Unione europea a instaurare un’efficace ed egalitaria sinergia per affrontare il fenomeno in modo risolutivo;
2) a coinvolgere l’Organizzazione delle Nazioni Unite in vista di una risoluzione che possa consentire interventi mirati in Libia a sostegno di un processo di rafforzamento della stabilità politica;
3) a proporre il rafforzamento di un sistema di intelligence europea per contrastare efficacemente i gruppi criminali che si occupano di organizzare i fenomeni migratori;
4) a manifestare, in seno al Consiglio europeo, la volontà di procedere alla decurtazione dei costi sostenuti dall’Italia, in termini di sforzi extra per fronteggiare gli sbarchi degli immigrati, dal contributo annuale che il nostro Paese deve all’Europa;
5) in definitiva, a dichiarare l’emergenza immigrazione nel Mediterraneo, ad attivarsi per sospendere il regolamento Dublino III e in particolare a rinegoziare l’articolo 13 (ove si prevede che in caso di ingresso irregolare sul territorio dell’Unione, sia lo Stato la cui frontiera è stata varcata, e solamente questo, a dover esaminare la domanda di protezione internazionale presentata dagli asilanti. Ciò anche quando la volontà da costoro espressa sia chiaramente quella di raggiungere uno Stato dell’Unione europea diverso da quello di primo accesso);
6) in sintesi, a proporre in seno al prossimo Consiglio europeo la creazione in Italia di un reale modello organizzativo, efficiente e adeguato al fenomeno, che intercetti il flusso migratorio e provveda contestualmente a smistarlo nei Paesi di destinazione finale di ciascun migrante, onerando tali Paesi della responsabilità dell’identificazione e di ogni altra incombenza legata al rilascio di visti e documenti;
7) a ritenere comunque quale Paese di primo ingresso del migrante il territorio dello Stato di cui la nave che presta soccorso batte bandiera, con la conseguenza che la prima identificazione e le successive incombenze, di cui al regolamento di Dublino III, deve essere posta a carico del Paese che ha prestato il primo soccorso;
8) a porre in essere ogni altro, opportuno intervento affinché il Paese venga tutelato dal rischio che i flussi della disperazione possano essere sfruttati sia come occasione per l’Isis di infiltrare propri affiliati in Occidente, sia come possibilità lucrativa per ogni altro racket del malaffare;
9) si impegna il Governo a porre in essere tutte quelle doverose azioni perché le martoriate coste delle regioni del Sud, e in particolare della Sicilia e il suo popolo siano sottratti ad ogni ulteriore, insopportabile gravame. (1-00438)
Fonte: http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=37744