Atto Senato 1-00424
Presentata da NICOLETTA FAVERO
4 giugno 2015, seduta n.459
Ambito di interesse: asilo, accoglienza
Il Senato, premesso che:
il 13 maggio 2015, la Commissione europea ha approvato l'”Agenda europea globale sulla migrazione” che rappresenta una svolta significativa e un primo passo concreto verso l’adozione di una politica comune europea per la gestione di un fenomeno complesso ed in continua evoluzione;
gli interventi previsti si concentrano su 4 settori principali, che sono stati al centro del dibattito dei mesi scorsi: un nuovo sistema comune di asilo, una nuova politica europea sulla migrazione legale, una lotta più decisa alla migrazione irregolare e alla tratta di esseri umani, la revisione delle operazioni di sorveglianza delle frontiere esterne dell’Unione europea e il rafforzamento delle risorse finanziarie, umane e strumentali a disposizione di Frontex;
quanto al sistema comune di asilo, la Commissione ha indicato l’obbiettivo di superare le attuali divergenze tra le diverse politiche nazionali in materia di asilo e di progredire verso un efficace uso delle misure di ricollocazione e reinsediamento dell’Ue, mediante: una piena applicazione del sistema europeo comune di asilo tramite un nuovo meccanismo di monitoraggio; una valutazione del sistema Dublino entro la metà del 2016 in vista della sua revisione; l’attuazione di risolute iniziative per combattere gli abusi del sistema di asilo; una riflessione sull’istituzione di un unico processo decisionale in materia di asilo per garantire la parità di trattamento dei richiedenti asilo in tutta Europa;
considerato che:
con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la materia del diritto di asilo, di protezione sussidiaria e protezione temporanea, è stata assunta nella politica comune dell’Unione europea (articolo 78 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea) impegnando, così, gli Stati aderenti ad una comune regolamentazione;
la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea riconosce e garantisce il diritto di asilo nel rispetto delle norme stabilite dalla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, dal Protocollo del 31 gennaio 1967 sullo status dei rifugiati, e a norma del Trattato sull’Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (articolo 18). In tale ambito, sono vietate le espulsioni collettive e le espulsioni ed estradizioni verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti (articolo 19);
le richieste di asilo nei Paesi dell’Unione europea sono disciplinate dal regolamento (UE) n.604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 (cosiddetto «Dublino III»), che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di Paese terzo o da un apolide;
il regolamento «Dublino III» intende assicurare il pieno rispetto del diritto d’asilo garantito dall’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché dei diritti riconosciuti ai sensi degli articoli 1, 4, 7, 24 e 47 della Carta medesima (diritto alla dignità umana, proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, rispetto della vita privata e familiare, diritto del bambino e diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale);
lo stesso regolamento «Dublino III» ha lo scopo di realizzare un sistema di asilo europeo basato su criteri uniformi di riconoscimento del diritto d’asilo dei richiedenti, sul rispetto dei diritti umani nei Paesi d’accoglienza e sulla solidarietà tra gli Stati membri. Si propone, inoltre, di consentire la rapida determinazione ed identificazione dello Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure per il riconoscimento della protezione internazionale, senza pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle relative domande;
considerato inoltre che:
l’Italia ha riconosciuto il diritto di asilo nell’articolo 10, comma terzo della Costituzione, senza farne discendere una disciplina organica con legge ordinaria;
in un primo tempo, alcune disposizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato sono state adottate con il decreto-legge n. 416 del 1989, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 39 del 1990 (cosiddetta legge Martelli), che ha abolito la riserva geografica alla Convenzione di Ginevra del 1951, che limitava il riconoscimento dello status ai rifugiati provenienti dall’Europa;
successivamente, sono intervenuti il decreto legislativo n. 286 del 1998 recante “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero” e la legge n. 189 del 2002 recante “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo”. Quest’ultima ha influito notevolmente in materia d’asilo, anche attraverso la decentralizzazione della procedura e l’istituzione di commissioni territoriali con il compito di esaminare le istanze di riconoscimento della protezione internazionale;
recependo le direttive europee in materia, l’Italia si è dotata di un quadro normativo di riferimento, comune agli altri Paesi dell’Unione. Il decreto legislativo n. 140 del 2005 di attuazione della direttiva 2003/9/CE (direttiva “accoglienza”), ha stabilito le norme sull’accoglienza degli stranieri richiedenti il riconoscimento dello status di rifugiato nel territorio nazionale, in linea con gli standard europei e con il diritto internazionale dei rifugiati (in particolare, con la Convenzione di Ginevra del 1951). Il decreto legislativo n. 251 del 2007, di attuazione della direttiva 2004/83/CE (direttiva “qualifiche”) ha stabilito i criteri di riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria. Il decreto legislativo n. 25 del 2008, in attuazione della direttiva 2005/85/CE, ha introdotto norme minime per le procedure da applicare per il riconoscimento della protezione umanitaria. I 2 ultimi decreti menzionati hanno modificato in maniera sostanziale le normative sull’asilo, abrogando, ad esempio, il trattenimento dei richiedenti asilo ed introducendo l’effetto sospensivo del ricorso contro il diniego della domanda d’asilo con alcune categorie per le quali l’effetto sospensivo non è automatico e la possibilità, anche per coloro cui è stata concessa una protezione sussidiaria, di ottenere il ricongiungimento familiare;
ritenuto che:
ai sensi della normativa descritta, la richiesta di diritto di asilo e protezione internazionale può essere presentata dal cittadino straniero e dall’apolide per vedersi riconosciuto lo status di rifugiato o quello della protezione sussidiaria, all’ufficio di Polizia di frontiera, al momento dell’ingresso in Italia, o in alternativa può essere presentata direttamente all’ufficio immigrazione della Questura;
il rifugiato è colui che non vuole far ritorno nel Paese dal quale proviene a causa del timore di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le proprie opinioni politiche. Invece, è ammissibile alla protezione sussidiaria colui che non possiede i requisiti per essere riconosciuto rifugiato, ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese dal quale proviene, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno;
in seguito alla presentazione della domanda, la Questura provvede ad inviare la domanda alla commissione territoriale, l’unico organo competente a decidere in ordine al riconoscimento dello status di rifugiato, e rilascia allo straniero un permesso di soggiorno per richiesta di asilo in attesa della definizione del procedimento. La commissione territoriale, qualora non riconosca lo status di rifugiato e neppure la protezione sussidiaria, può trasmettere gli atti del procedimento al questore, affinché sia rilasciato il permesso di soggiorno umanitario, nel caso ritenga che sussistano gravi motivi di questo carattere;
le commissioni territoriali sono distribuite sul territorio nazionale attualmente ne sono operative 20 e sono composte da 4 membri, un funzionario dell’ufficio territoriale di Governo (Prefettura) come presidente, un funzionario della Polizia di Stato, un rappresentante di un ente territoriale, e un rappresentante UNHCR; tutti i membri hanno diritto di voto e la decisione sui casi individuali può essere adottata a maggioranza, o con il voto favorevole di almeno 3 membri. Esiste inoltre una commissione nazionale per il diritto di asilo che decide sui casi di revoca e di cessazione della protezione internazionale e svolge un ruolo di indirizzo, coordinamento, formazione e aggiornamento delle commissioni territoriali. La commissione nazionale è responsabile del monitoraggio delle richieste, attraverso la costituzione di un’apposita banca dati e della documentazione sulla situazione socio-politica dei Paesi di origine dei richiedenti. La commissione nazionale ha 5 membri, è presieduta da un Prefetto ed è composta da dirigenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Ministero dell’interno (dipartimento libertà civili e immigrazione e dipartimento di pubblica sicurezza) e un rappresentante UNHCR con funzioni consultive;
nell’esame della domanda la commissione territoriale deve valutare, in relazione al richiedente: la situazione nel suo Paese di origine, riferita al momento in cui l’istanza va decisa, previa verifica del relativo sistema normativo e regolamentare; le dichiarazioni e la documentazione fornite (l’interessato è tenuto a precisare se ha già subito o rischia di subire persecuzioni o danni gravi); la sua situazione personale, in particolare la condizione sociale, il sesso e l’età; l’eventualità che con la sua condotta, successiva a quando ha lasciato il Paese di origine, abbia intenzionalmente precostituito le condizioni per presentare l’istanza di protezione in questione; la possibilità che possa avvalersi della protezione di un altro Paese;
il richiedente che abbia ricevuto una decisione di rigetto totale o parziale da parte della commissione territoriale o una decisione di revoca o cessazione da parte della commissione nazionale può presentare ricorso innanzi al giudice ordinario. La legge prevede 3 gradi di giudizio, in cui tribunale di primo grado e la Corte di Appello possono decidere nel merito, mentre la Corte di cassazione può decidere solo su questioni di legittimità/diritto. La competenza per la materia è attribuita al giudice in composizione monocratica del capoluogo del distretto di Corte di Appello dove ha sede la commissione territoriale o in cui ha sede il centro in cui è accolto o trattenuto il richiedente. Il termine per impugnare la decisione può variare dai 15 ai 30 giorni dalla notifica della decisione. Il ricorso può essere depositato anche attraverso una rappresentanza diplomatica o consolare italiana all’estero, entro 60 giorni;
rilevato che:
nel corso del 2014, secondo i dati forniti dall’Eurostat a marzo 2015, il numero dei richiedenti asilo è più che raddoppiato, passando dai circa 26.000 del 2013 agli oltre 64.000 dell’anno scorso. Un aumento che segna un incremento del 143 per cento contro un aumento, a livello dell’Unione europea pari al 44 per cento, dove le richieste hanno toccato quota 626.000. Per quanto riguarda l’origine di chi chiede asilo in Italia, nel 2014 il primo Paese è la Nigeria, da dove sono arrivate oltre 10.000 domande (il 16 per cento del totale), seguito dalle 9.800 dal Mali (il 15 per cento) e 8.500 dal Gambia (il 13 per cento delle richieste complessive). Se si considerano le domande accettate in prima istanza, in Italia nel 2014, su 35.180 casi presi in considerazione ne sono state accettate 20.580, oltre il 58 per cento. Un numero decisamente maggiore rispetto alla media Ue dove in prima istanza sono state accettate il 45 per cento delle domande presentate. In Italia l’anno scorso Pakistani e Afghani si sono visti accettare il maggior numero di domande (12 per cento per entrambi i Paesi), seguiti dai nigeriani al 10 per cento. In conclusione, l’Eurostat certifica che l’Italia si colloca al terzo posto, dopo la Germania e la Svezia;
valutato che:
il sistema dell’accoglienza e della gestione dei richiedenti asilo e protezione internazionale nel nostro Paese, presenta diverse criticità;
tra queste, vengono in evidenza la mancanza o l’insufficienza del personale addetto alle traduzioni in lingua, con conseguenti imprecisioni o errori nella identificazione dei richiedenti e nella valutazione delle domanda, esponendo così le persone ad una possibile assenza di tutela;
in molti casi, i richiedenti non hanno sufficiente cognizione dei diritti e delle procedure in materia di asilo e, in assenza di un supporto tecnico, offrono una rappresentazione inadeguata della loro situazione oppure sbagliano nell’uso delle procedure, rischiando il rigetto della domanda. Si ricorda che non sempre le commissioni territoriali dispongono delle competenze previste dalla legge e della presenza di uno psicologo;
le commissioni territoriali risultano ancora poche in tutta Italia, nonostante il continuo afflusso di immigrati. Ciò rallenta l’iter burocratico della procedura, che attualmente si attesta nei tempi medi di oltre 2 anni;
i percorsi di integrazione per gli stranieri, organizzati dalle varie associazioni umanitarie e dalle comunità locali, comportano costi crescenti a carico della collettività e un importante investimento di risorse umane ed economiche che rischiano di rivelarsi inutili dati i lunghi tempi di attesa e gli incerti esiti delle richieste che potrebbero concludersi con l’espulsione del soggetto;
accade, inoltre, che risulti una disparità di valutazione delle domande pur quando esse provengono da richiedenti aventi analoga provenienza e condizione personale. Ci si domanda se, in tali casi, intervengano elementi non oggettivi o comprovati a condizionare l’esito del pronunciamento finale;
infine, la scarsa efficienza della procedura di espulsione prevista per gli immigrati vittime non riconosciute della violenza subita nei loro Paesi di origine, genera non solo episodi di emarginazione ma, in alcuni casi, alimenta il loro disadattamento e fornisce “manodopera” alla criminalità organizzata sempre pronta ad approfittare di una situazione tanto drammatica;
le problematiche descritte devono essere affrontate e risolte dalle istituzioni nazionali, in modo da evitare che ci siano pesanti ricadute che coinvolgano non solo i richiedenti asilo e protezione internazionale, che fuggono dalle drammatiche situazioni in cui versano i loro Paesi d’origine, ma anche le comunità che rischiano di vedere dispersi gli sforzi economici e sociali messi in campo per accoglierli,
impegna il Governo:
1) a completare il quadro normativo in materia di asilo in coerenza con la disciplina europea, anche prevedendo l’adozione di un testo unico, facendone discendere disposizioni regolamentari che assicurino ai richiedenti e a tutti gli operatori coinvolti un sistema di riferimento certo ed univoco, dal quale far discendere le decisioni da adottare;
2) a favorire un ulteriore incremento delle commissioni territoriali competenti per il riconoscimento dell’asilo politico e la protezione internazionale, presenti sul territorio italiano, integrandole con tutte le competenze necessarie a garantire in tempi certi e rapidi l’esito delle procedure di esame;
3) a dare un indirizzo comune a tutti gli operatori chiamati a decidere in merito alle richieste di asilo, definendo parametri e criteri mediante i quali motivare la decisione;
4) a considerare il notevole impegno delle comunità locali in tema di accoglienza ed integrazione, valorizzando l’adesione effettiva dei richiedenti asilo ai progetti di inserimento scolastico e lavorativo loro proposti sia nell’ambito della procedura di esame della domanda sia al fine di riconoscere ai soggetti meritevoli il permesso di soggiorno per motivi umanitari ai sensi dell’art. 5 comma V, del decreto legislativo n. 286 del 1998 in caso di rigetto della protezione internazionale;
5) ad implementare il sistema di accoglienza dei richiedenti asilo e di integrazione dei rifugiati sostenendo l’attività delle amministrazioni locali e di tutti gli operatori istituzionali, sociali e volontari che possano essere coinvolti in progetti di sperimentazione di buone pratiche locali.
Fonte: http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=37008