Atto Senato
Presentata da: LUIS ALBERTO ORELLANA
25 marzo 2015, seduta n.417
Ambito di interesse: lotta alla tratta, piano nazionale anti-tratta
Premesso che:
il 7 ottobre 2014 la Commissione europea ha pubblicato una relazione statistica contenente i dati sulle vittime della tratta di esseri umani e sui trafficanti per il periodo 2010-2012. Tale documento, che rappresenta forse l’unica raccolta di dati statistici a livello dell’Unione europea su questo fenomeno, evidenzia il conseguimento di progressi incoraggianti in termini di disponibilità dei dati, al contempo fa emergere con chiarezza l’impellente necessità di ulteriori miglioramenti. Lo studio, difatti, non misura le dimensioni effettive della tratta, ma si limita a fornire dati sulle vittime e sui trafficanti che sono venuti a contatto con le autorità o con altri attori a livello nazionale. Nel triennio 2010-2012, nei 28 Stati membri UE sono state registrate 30.146 vittime, tra queste l’80 per cento sono donne e il 16 per cento minori. Otre 1.000 vittime minori erano oggetto di tratta a fini di sfruttamento sessuale;
tali dati tratteggiano una situazione sicuramente allarmante, che tuttavia rappresenta solo una minima parte delle reali dimensioni del fenomeno, anche in ragione dell’aumento assoluto dei flussi di migranti irregolari e della loro peculiare composizione nazionale. La maggior parte, difatti, fugge da aree di crisi o conflitto quali la Siria, l’Africa subsahariana o il Corno d’Africa, ponendoli in una situazione di estrema vulnerabilità nei confronti dei trafficanti. In tale contesto, particolarmente critica è la condizione dei minori che si spostano in assenza di un membro del nucleo familiare di appartenenza;
l’articolo 2 della Costituzione sancisce che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale;
l’articolo 10 della Costituzione stabilisce altresì che l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute. La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge;
il comma 1 dell’articolo 21 del Trattato dell’Unione europea sancisce, tra l’altro, che l’azione della UE sul piano internazionale si prefigge di promuovere la democrazia, lo Stato di diritto, l’universalità e indivisibilità dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e rispetto della dignità umana;
l’articolo 5 della Carta dei diritti fondamentali della UE proibisce la schiavitù, il lavoro forzato e, al comma 3, la tratta di esseri umani;
la Convenzione sulla schiavitù del 1926, così come emendata dal protocollo del dicembre 1953, il cui precipuo scopo è quello di porre fine al traffico degli schiavi, all’articolo 1 definisce la schiavitù come lo stato o la condizione di un individuo sul quale si esercitano gli attributi del diritto di proprietà;
la Convenzione ILO del 1930 per l’abolizione dell’impiego del lavoro forzato o obbligatorio, inteso, ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione medesima, come ogni lavoro o servizio estorto a una persona sotto minaccia di una punizione o per il quale detta persona non si sia offerta spontaneamente, è stata ratificata dall’Italia nel 1934;
nel 1999 l’ILO ha altresì adottato la Convenzione sulle forme peggiori di lavoro minorile, intendendo con tale espressione, ai sensi dell’articolo 3, tutte le forme di schiavitù o pratiche analoghe alla schiavitù, quali la vendita o la tratta di minori, la servitù per debiti e l’asservimento, il lavoro forzato o obbligatorio, compreso il reclutamento forzato o obbligatorio di minori ai fini di un loro impiego nei conflitti armati; l’impiego, l’ingaggio o l’offerta del minore a fini di prostituzione, di produzione di materiale pornografico o di spettacoli pornografici; l’impiego, l’ingaggio o l’offerta del minore ai fini di attività illecite, quali, in particolare, quelle per la produzione e per il traffico di stupefacenti, così come sono definiti dai trattati internazionali pertinenti; qualsiasi altro tipo di lavoro che, per sua natura o per le circostanze in cui viene svolto, rischi di compromettere la salute, la sicurezza o la moralità del minore;
nel 2000, a Palermo, si è tenuta la conferenza delle Nazioni Unite dedicata alla presentazione della Convenzione contro la criminalità organizzata transnazionale. Nell’occasione sono stati presentati anche due protocolli addizionali alla Convenzione, dedicati rispettivamente l’uno alla prevenzione, repressione e punizione della tratta di persone in particolare di donne e bambini, l’altro per combattere il traffico di migranti via terra, via mare e via aria. Il Parlamento italiano ha ratificato sia la Convenzione che i protocolli con la legge 16 marzo 2006, n. 146;
altro fondamentale strumento nel sistema normativo internazionale mirato al contrasto della tratta di esseri umani a fini commerciali, sfruttamento sessuale o di lavoro forzato è la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta degli esseri umani, adottata il 3 maggio 2005 e ratificata dall’Italia tramite la legge 2 luglio 2010, n. 108. Sono principalmente due gli elementi innovativi di tale Convenzione rispetto ai precedenti strumenti di diritto internazionale: il concepire la tratta di persone come una delle principali e più gravi violazioni dei diritti umani e l’attenzione verso l’adozione di concrete misure volte a proteggere e assistere vittime e testimoni della tratta, assicurare indagini e il perseguimento efficace dei trafficanti e promuovere la cooperazione internazionale contro la tratta. In particolare, la Convenzione richiede agli Stati aderenti l’adozione di specifiche politiche nazionali di coordinamento, sensibilizzazione, nonché misure per individuare e sostenere le vittime;
più specificatamente, l’articolo 4 (a) della Convezione definisce la tratta di esseri umani come il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’alloggio o l’accoglienza di persone, con la minaccia dell’uso o con l’uso stesso della forza o di altre forme di coercizione, con il rapimento, con la frode, con l’inganno, con l’abuso di autorità o della condizione di vulnerabilità o con l’offerta o l’accettazione di pagamenti o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra, a fini di sfruttamento. Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro o i servizi forzati, la schiavitù o pratiche simili alla schiavitù, la servitù o l’espianto di organi;
la Convenzione, ai sensi dell’articolo 36, istituisce un meccanismo di controllo basato sul Group of experts on action against trafficking in human beings (Greta). Tale gruppo ha il compito di monitorare l’implementazione delle disposizioni della Convenzione nei Paesi firmatari, principalmente tramite la periodica pubblicazione di rapporti di valutazione relativi ai provvedimenti adottati dagli Stati per l’applicazione della Convenzione. Il gruppo è composto da esperti indipendenti ed altamente qualificati nel campo dei diritti umani e della lotta contro la tratta;
premesso altresì che:
elemento cardine per quel che concerne la disciplina a livello nazionale del contrasto al traffico di esseri umani è sicuramente il disposto dell’articolo 18 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante “Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, che prevede, tra l’altro, il rilascio di uno speciale permesso di soggiorno per consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti dell’organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale;
l’articolo 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228, recante “Misure contro la tratta di persone”, prevede l’istituzione di uno speciale programma di assistenza per le vittime dei reati previsti dagli articoli 600 e 601 del codice penale. Il decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2005, n. 237, è finalizzato all’attuazione di tale articolo, prevedendo in particolare la realizzazione di programmi di assistenza consistenti in interventi rivolti specificamente ad assicurare, in via transitoria, alle vittime adeguate condizioni di alloggio, vitto e assistenza sanitaria, idonee al loro recupero fisico e psichico;
l’organismo che a livello governativo si occupa di coordinare e implementare le politiche antitratta è il Dipartimento per le pari opportunità, subordinato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, la cui azione si basa su 3 principali elementi: il numero verde antitratta; i progetti finalizzati a garantire, per un periodo minimo di 3 mesi, assistenza alle presunte vittime di tratta e a quelle già identificate come tali ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 228 del 2003; i progetti che trovano il loro fondamento giuridico nell’articolo 18 del testo unico sull’immigrazione, il cui fine è quello di garantire alle persone vittime di tratta, per un periodo di 12 mesi, la possibilità di accedere ad una serie di servizi ed attività, in base al piano di assistenza individuale elaborato in base ai loro bisogni specifici;
giova ricordare che, ai sensi dell’articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, organismi, associazioni ed enti che, svolgendo attività in favore degli stranieri immigrati ed elaborando i menzionati programmi, intendono attingere al Fondo nazionale per l’integrazione di cui all’articolo 45 del testo unico sull’immigrazione, devono necessariamente essere iscritte presso il registro delle associazioni e degli enti che svolgono attività a favore degli stranieri istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e non presso Dipartimento per le pari opportunità;
considerato che:
il 4 luglio 2014 il Greta ha adottato il report (2014)18 concernente la concreta attuazione in Italia della Convenzione del Consiglio d’Europa, relativo al primo round di valutazione, nel quale emergono numerose criticità circa la lotta alla tratta di esseri umani in Italia;
l’articolo 9 del decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 24, recante “Attuazione della direttiva 2011/36/UE, relativa alla prevenzione e alla repressione della tratta di esseri umani e alla protezione delle vittime, che sostituisce la decisione quadro 2002/629/GAI”, introducendo il comma 2-bis alla citata legge n. 228 del 2003, ha previsto l’adozione di un piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani, il cui fine è quello di definire strategie pluriennali di intervento per la prevenzione e il contrasto al fenomeno della tratta e del grave sfruttamento degli esseri umani, nonché azioni finalizzate alla sensibilizzazione, alla prevenzione sociale, all’emersione e all’integrazione sociale delle vittime;
a tal proposito rileva il citato articolo 18 del testo unico sull’immigrazione, il cui comma 3-bis (anch’esso introdotto dal decreto legislativo n. 24 del 2014), prevede per gli stranieri e per i cittadini vittime dei reati di cui agli articoli 600 e 601 del codice penale l’adozione un programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale che garantisce (ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 228 del 2003), in via transitoria, adeguate condizioni di alloggio, di vitto e di assistenza sanitaria e, successivamente, la prosecuzione dell’assistenza e l’integrazione sociale. Tale programma di emersione deve essere applicato sulla base dei principi e criteri direttivi contenuti nel menzionato piano nazionale d’azione contro la tratta e il grave sfruttamento degli esseri umani;
la Presidenza del Consiglio dei ministri avrebbe dovuto adottare il piano nazionale di azione contro la tratta entro 3 mesi dall’entrata in vigore decreto legislativo n. 24 del 2014; ad oggi, come rilevato dallo stesso report del Greta e da numerose segnalazioni lanciate da diversi organismi (in particolare organizzazioni non governative), esso non è ancora stato varato. In un comunicato del 26 febbraio 2015, relativo alla compravendita, sventata dal personale dell’Arma dei Carabinieri, di un bambino rumeno di 8 anni per 30.000 euro, l’onlus “Save the Children” lamenta l’assenza di tale strumento fondamentale nella lotta contro la tratta;
il paragrafo 54 del report evidenzia inoltre come il finanziamento dei progetti di assistenza alle vittime di tratta, di cui all’articolo 25 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, recante “Regolamento recante norme di attuazione del Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286”, è cofinanziato da Stato e Regioni, mentre l’implementazione dei progetti di assistenza e di altre importanti misure connesse al contrasto della tratta di esseri umani è realizzata quasi esclusivamente a livello regionale e locale tramite il supporto di organizzazioni non governative locali e servizi sociali;
a tal proposito emblematica è la legge della Regione Puglia 4 dicembre 2009, n. 32, recante “Norme per l’accoglienza, la convivenza civile e l’integrazione degli immigrati in Puglia”, che, oltre a prevedere tra i suoi obiettivi precipui la rimozione delle situazioni di violenza o sfruttamento degli immigrati (articolo 1, comma 3, lettera f)), sancisce al titolo II un puntuale assetto istituzionale per l’osservazione del fenomeno migratorio, la programmazione delle attività di inserimento e integrazione dei migranti e la statuizione di linee guida per il coordinamento e la valutazione degli interventi;
dall’analisi svolta dai funzionari del Consiglio d’Europa emerge chiaramente come gli encomiabili sforzi svolti a livello regionale e locale non siano adeguatamente supportati a livello nazionale, mancando strumenti tipicamente utilizzati in altri Paesi per la lotta alla tratta, quali una strategia (o piano) nazionale antitratta, un coordinamento nazionale di tutte le forze coinvolte, un referente nazionale per la lotta alla tratta di esseri umani, delle linee guida generali per l’identificazione delle vittime della tratta;
considerato altresì che:
l’articolo 601 del codice penale, così come modificato dal più volte citato decreto legislativo n. 24 del 2014, definisce il reato di tratta di esseri umani, prevedendo la reclusione da 8 a 20 anni per chiunque “recluta, introduce nel territorio dello Stato, trasferisce anche al di fuori di esso, trasporta, cede l’autorità sulla persona, ospita una o più persone che si trovano nelle condizioni di cui all’articolo 600, ovvero, realizza le stesse condotte su una o più persone, mediante inganno, violenza, minaccia, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica, psichica o di necessità, o mediante promessa o dazione di denaro o di altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorità, al fine di indurle o costringerle a prestazioni lavorative, sessuali ovvero all’accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportano lo sfruttamento o a sottoporsi al prelievo di organi”. Il reato di tratta di esseri umani è, pertanto, intimamente connesso con un’altra fattispecie di reato, prevista dall’articolo 600 del codice penale ossia la riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, intesa come l’esercizio su una persona di poteri corrispondenti “a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all’accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporsi al prelievo di organi”. Il comma 2 dell’articolo 600 prevede inoltre che: “La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona”;
il legislatore, grazie alle modifiche apportate nel 2014, ha reso la fattispecie di reato prevista dall’articolo 601 del codice penale più affine a quanto disposto dall’articolo 4(a) della Convenzione del Consiglio d’Europa del 2005, con specifico riferimento alla presenza dei 3 elementi ontologicamente caratterizzanti il reato di tratta di persone, ossia l’azione (trasporto, trasferimento delle vittime), l’utilizzo di determinati mezzi per esercitare il controllo e il fine dello sfruttamento;
tuttavia, come evidenziato dal report Greta, la legislazione italiana non prevede un esplicito riferimento alla natura del traffico di esseri umani quale violazione dei diritti umani;
inoltre, è bene rilevare come l’esplicito rimando (finalizzato all’individuazione delle vittime di tratta) dell’articolo 601 del codice penale al precedente articolo 600 e il fatto che venga, pertanto, mutuata l’espressione “soggezione continuativa”, che effettivamente caratterizza il reato di riduzione in schiavitù (anche ai sensi di quanto disposto dall’articolo 1, lettere a) e b), della Convenzione supplementare di Ginevra del 7 settembre 1956), depotenzia sensibilmente la portata dell’articolo 601;
la presenza dell’espressione “soggezione continuativa” sulla vittima oltre ad essere difficilmente dimostrabile è prescindibile ai fini della caratterizzazione della vittima di tratta destinata, ad esempio, al traffico di organi,
impegna il Governo:
1) a rafforzare il framework istituzionale relativo alla lotta alla tratta, al fine di aumentare il coordinamento e assicurare un coinvolgimento più efficace e concreto di tutti gli organi e le autorità pubbliche che rivestono un ruolo nella lotta e prevenzione della tratta di esseri umani;
2) a concentrare l’attenzione sul contrasto della tratta legata allo sfruttamento lavorativo delle vittime, coinvolgendo a tal fine i principali sindacati nazionali e la loro capillare distribuzione sul territorio;
3) a potenziare la struttura del Dipartimento per le pari opportunità, dal punto di vista delle risorse sia umane che finanziarie, qualora continuasse ad essere l’organo destinato a coordinare e dirigere la lotta contro la tratta in Italia, così che possa concretamente provvedere all’ampia gamma di “compiti” connessi alla lotta contro la tratta, ma anche alle altre funzioni attribuite in generale al Dipartimento;
4) a realizzare un’efficace campagna informativa destinata a sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo al fenomeno della tratta, nonché a far maturare consapevolezza nelle vittime circa la i loro diritti, prerogative e garanzie offerte dallo Stato;
5) ad attivarsi al fine di modificare l’articolo 601 del codice penale al fine di introdurre una chiara fattispecie di reato concernente la tratta, connessa ma qualitativamente distinta dalla riduzione in schiavitù. La nuova formulazione dovrà prioritariamente intendere la tratta di persone quale grave violazione dei diritti umani, prescindendo, inoltre, la limitante previsione della “soggezione continuativa” sancita dall’articolo 600 del codice penale;
6) ad attivare il piano nazionale antitratta che preveda in particolare:
a) la creazione di un organo interistituzionale di coordinamento che coinvolga in maniera sistemica organismi della società civile e, più specificatamente, migliori, rafforzandolo, il coordinamento tra la pubblica amministrazione e le organizzazioni non governative coinvolte nel contrasto al traffico di esseri umani;
b) lo sviluppo di linee guida nazionali, facenti riferimento all’expertise già esistente a livello regionale e locale, per l’identificazione delle vittime di tratta, con specifico riferimento alle categorie particolarmente vulnerabili, quali minori non accompagnati, per la creazione di canali di riferimento mediante i quali le vittime possano facilmente e con certezza trovare assistenza;
c) la crescente professionalizzazione degli organismi deputati a livello nazionale a contrastare il fenomeno del traffico di esseri umani e ad assicurare la protezione e l’inserimento nella società civile delle vittime;
7) a realizzare un efficiente e sistematico meccanismo di raccolta dei dati relativi al fenomeno della tratta, imperniato sulla creazione e gestione di una banca dati centralizzata, in grado di effettuare elaborazioni in tempo reale che consentano un’efficace analisi della tratta e degli interventi di risposta nelle loro molteplici sfaccettature, strumento indispensabile per un’efficace politica di contrasto della tratta degli esseri umani.
Fonte: http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=34140