Atto Camera 4-09459
Presentata da DI MAIO Luigi
12 giugno 2015, seduta n. 441
Ambito di interesse: immigrazione e lavoro, discriminazioni
LUIGI DI MAIO. — Al Ministro della giustizia . — Per sapere – premesso che:
il signor M.S.K., senegalese residente a Conegliano (Treviso) ha promosso un ricorso contro la Electrolux H.P. Italy spa;
tale ricorso ex articolo 414 del codice di procedura civile fu depositato in data 22 aprile 2010, dal momento che il signor K. è stato assunto il 1o gennaio 2003 alle dipendenze della Electrolux H.P. Italy spa presso lo stabilimento di Conegliano Veneto, con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ed inquadrato nel 3o livello del CCNL di categoria; è stato assegnato a lavori di «schiumatura», ovvero una attività di coibentazione che veniva eseguita all’interno di un locale chiuso e privo di mezzi adeguati di assorbimento delle esalazioni nocive, mediante l’applicazione di un liquido estremamente nocivo, il metan difenil diisocianato – MDI;
per effetto della fuoriuscita degli agenti chimici provenienti dall’applicazione del suddetto materiale, ha subito delle patologie cardio-respiratorie, come «l’asma indotta da metan difenil diisocianato (MDI)», peraltro diagnosticate dalle strutture del policlinico di Padova durante il ricovero e, successivamente, certificate dall’INAIL. Inoltre, ha contratto una forma di abrasione corneale con congiuntivite follicolare e linfonodo auricolare sempre collegata alla esposizione a tale materiale;
il signor K. ha esposto, altresì, che, per l’intero rapporto di lavoro, non solo non è stato dotato dei mezzi di sicurezza previsti dalla legge, ma è stato costretto a svolgere la propria attività lavorativa in un ambiente privo dei sistemi di assorbimento degli agenti chimici sprigionati dal materiale usato;
l’esposizione e il contatto quotidiano con i suddetti agenti chimici, hanno causato gravi danni alla salute, come ampiamente certificati, e pertanto il ricorrente si è rivolto alla magistratura per chiedere alla ditta presso cui ha lavorato contraendo tali patologie professionali il risarcimento di tutti i danni non patrimoniali;
il giudice del tribunale di Treviso, tuttavia, pur in assenza di qualsiasi attività istruttoria in merito all’accertamento dei mezzi di sicurezza adoperati dalla società e nonostante avesse in sentenza, riconosciuto – come da certificato INAL – la natura professionale della patologia denunciata, ha deciso per il rigetto della domanda con sentenza n. 157/2014 del 23 settembre 2014;
il giudice ovviamente avrebbe anche potuto rigettare la domanda nel merito, ma se ciò fosse avvenuto all’esito di un legittimo processo. Nel caso in esame, a parere del deputato interrogante e dei legali del signor K., la definizione del giudizio si basa su un gravissimo errore procedurale in cui è incorso il giudice di prime cure, laddove ha deciso il giudizio non sulla base di un risultato emerso dall’istruttoria ritualmente espletata in sede di giudizio, dove è assicurato il contraddittorio, ma sulla basa di una erronea e illegittima ricostruzione (rectius: rappresentazione) dell’ambiente di lavoro in cui ha lavorato il signor K., delegata unicamente al consulente tecnico d’ufficio, cui ha provveduto fuori dal processo e a distanza di 6 anni dal periodo lavorativo considerato;
per tale attività, il consulente tecnico d’ufficio, in effetti, ha esercitato funzioni istruttorie che la legge non gli consente, quali compiere un’attività istruttoria vera e propria come ha fatto: raccogliere dichiarazioni di persone, scelte autonomamente, che egli stesso (consulente tecnico d’ufficio) definisce «testimonianze», per di più acquisite in assoluta solitudine e fuori dal giudizio, senza contraddittorio, e sulla base di criteri che non è dato conoscere;
peraltro, la Suprema Corte ha ritenuto che la consulenza tecnica d’ufficio non sia un mezzo istruttorio in senso proprio, poiché ha la finalità di aiutare il giudice nella valutazione di elementi già acquisiti al processo, e quindi costituisce un mezzo di controllo dei fatti costituenti la prova, che deve essere fornita dalla parte a sostegno della propria posizione giuridica, non potendo in nessun caso la consulenza d’ufficio avere funzione sostitutiva dell’onere probatorio delle parti (Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 6 dicembre 2011 n. 26151);
come se non bastasse, oltre il danno anche la beffa: il giudice, nel rigettare la domanda, condannava il signor K. al pagamento delle spese di causa determinate in euro 7.800,00, oltre oneri di legge, per competenze professionali, ponendo a carico dello stesso le spese di consulenza tecnica d’ufficio pari a euro 5.618,38 oltre oneri di legge per competenze professionali;
in data 8 ottobre 2014 la Electrolux H.P. Italy spa faceva pervenire al signor K. intimazione di pagamento stragiudiziale con la richiesta di un importo complessivo di euro 10.943,40 e in data 19 marzo 2015 è stato notificato sempre al signor K. pignoramento presso terzi per un importo complessivo di euro 24.379,92;
in data 20 aprile 2015 il tribunale di Treviso ha assegnato le somme alla società ricorrente, che saranno trattenute sulle competenze mensili dell’appellante fino a concorrenza del credito vantato dalla società;
detto pagamento potrebbe, considerate le ridottissime e insufficienti risorse economiche di cui dispone il signor K., causare gravi problemi di sopravvivenza, poiché lo stesso deve far fronte alle esigenze di una famiglia composta dalla moglie e ben 5 figli che frequentano le scuole ai vari livelli –:
se il Ministro interrogato non ritenga anche alla luce dei gravissimi fatti esposti in premessa, di adottare iniziative normative volte a chiarire in maniera inequivocabile il ruolo del consulente tecnico d’ufficio, evitando possibili abusi. (4-09459)
Fonte: http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=37465