Atto Senato 4-04202
Presentata da GIAN MARCO CENTINAIO
1 luglio 2015, seduta n.475
Ambito di interesse: libertà religiosa, discriminazioni
CENTINAIO – Al Ministro dell’interno – Premesso che, a quanto risulta all’interrogante:
nel comune di Trecate (Novara), dal 2013 l’associazione culturale islamica presente e organizzata nel territorio svolge le proprie attività in una moschea abusiva. Essa sorge in un capannone sito nella periferia della città e considerato struttura inagibile per abuso edilizio;
in Italia il fenomeno sociale della diffusione di centri islamici e moschee, in molti casi abusivi, sta subendo negli ultimi anni un’allarmante crescita esponenziale. Nel giro di poco tempo sono sorte in tutta Italia: moschee di dimensioni enormi, centri culturali e religiosi, scuole coraniche e attività commerciali gestite direttamente dalle comunità musulmane (macellerie, phone center, eccetera);
è necessario a giudizio dell’interrogante intervenire in tempi rapidi, anche attraverso l’utilizzo della normativa d’urgenza, per stabilire che le Regioni, in attuazione di quanto disposto in materia di governo del territorio dal terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione, possano concedere l’autorizzazione per la realizzazione di nuovi edifici destinati a funzioni di culto, per la ristrutturazione o il loro cambiamento d’uso, alle confessioni religiose che non abbiano stipulato intesa con lo Stato secondo quanto disposto dall’articolo 8 della Costituzione, solo previa presentazione da parte del richiedente di apposita domanda da presentare alla Regione interessata, corredata di progetto edilizio, dal piano economico-finanziario e dall’elenco degli eventuali finanziatori italiani o esteri, sottoscritta da un numero di aderenti all’associazione stessa con atto notarile e approvata mediante referendum da parte della popolazione del comune interessato, secondo le disposizioni del relativo statuto comunale;
sempre più spesso, stando alle notizie pubblicate dagli organi d’informazione, ci si trova dinnanzi a casi emblematici dove è facilmente riscontrabile, da un lato il manifesto rifiuto da parte delle comunità musulmane presenti in Italia di rispettare le normative vigenti e di adeguarsi alle regole comportamentali e culturali del nostro Paese e dall’altro lato l’atteggiamento superficiale delle istituzioni che, non comprendendone i rischi, adottano semplicistiche soluzioni, mettendo conseguentemente in pericolo la sicurezza dei cittadini;
il mantenimento di questa costosissima rete di associazioni islamiche in Italia è impensabile senza il sostegno e la solidarietà di moschee, centri universitari, donazioni, finanziamenti di Stati e banche che hanno come obiettivo la «diffusione della fede» (da’wa). È ipotizzabile, inoltre, che i finanziamenti di tali attività avvengano anche attraverso strutture parallele formate da commerci illeciti, riciclaggio di denaro, sfruttamento dell’immigrazione;
è noto che tali centri culturali, oltre ad essere sede di attività religiosa, diventano anche centri della vita sociale e politica della comunità musulmana;
l’islam si presenta fin dalle origini come un progetto globale che include tutti gli aspetti della vita. Include un modo di vivere, di comportarsi, di concepire il matrimonio, la famiglia, l’educazione dei figli, perfino l’alimentazione. In questo sistema di vita è compreso anche l’aspetto politico: come organizzare lo Stato, come agire con gli altri popoli, come rapportarsi in questioni di guerra e di pace, come relazionarsi agli stranieri, eccetera. Tutti questi aspetti sono stati codificati a partire dal Corano e dalla sunna e sono rimasti “congelati” nei secoli. La legge religiosa determina la legge civile e gestisce la vita privata e sociale di chiunque vive in un contesto musulmano, e se questa prospettiva è destinata a rimanere immutata come è accaduto finora, la convivenza con chi non appartiene alla comunità islamica non può che risultare difficile;
per l’islam «l’adunata per l’esercizio del culto» è la massima espressione di fede e in quel momento il leader della comunità musulmana, l’imam, rappresenta, in sintesi, quello che in Italia sono insieme il vescovo, il sindaco e il preside di una scuola;
la legge islamica, rivolgendosi l’islam a tutta l’umanità, è una legge personale e non dipende in nessun modo dall’elemento territoriale. La stessa nazionalità non è collegata, come avviene nella tradizione occidentale, allo ius sanguinis e allo ius loci, ma allo ius religionis, cioè, alla appartenenza ad una comunità di credenti che non è legata all’esistenza di un’entità statuale;
mentre oramai è palese che anche in Italia all’interno di alcune comunità islamiche si annidi la presenza di gruppi eversivi, allo stesso tempo non è invece facilmente riscontrabile una collaborazione con le forze dell’ordine e la magistratura da parte di quei musulmani che si dichiarano moderati e che continuano a chiedere diritti, dimostrando la volontà di volersi integrare nella società italiana;
è stato più volte documentato da fonti giornalistiche che molto spesso, in occasione di funzioni religiose o di semplici incontri associativi, gli imam predicherebbero odio nei confronti della cultura occidentale e sentenzierebbero condanne contro tutti coloro che non si comportano secondo i dettami coranici (inutile ribadire come questi, in molti casi, siano antitetici ai principi e ai valori su cui è fondata la tradizione culturale italiana e che come tali si ritrovano anche nella Costituzione);
è necessario quindi ribadire come non vi potrà mai essere integrazione senza la preventiva accettazione da parte di tutta la comunità islamica del principio fondamentale della separazione inequivocabile tra la sfera laica e quella religiosa e delle normative vigenti in materia di libertà individuale e di pensiero, di obbligo scolastico, di autodeterminazione e di uguaglianza formale di tutti i cittadini davanti alla legge, lo status giuridico o religioso delle donne, il rispetto del diritto di famiglia e dell’istituto del matrimonio, dei minori e dei non credenti e il trattamento degli animali;
l’assenza di azioni istituzionali volte a scoraggiare tale fenomeno ha conseguentemente portato alla diffusione di uno stato di illegalità nel quale le organizzazioni islamiche di matrice fondamentalista hanno potuto operare in piena libertà,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno, nell’ambito delle proprie competenze, avviare, attraverso i propri uffici periferici, appositi controlli volti ad accertare il rispetto dell’ordinamento giuridico italiano da parte dell’associazione islamica presente a Trecate, e qualora ne riscontrasse la necessità, procedere all’immediata chiusura del centro islamico abusivo.
(4-04202)
Fonte: http://banchedati.camera.it/sindacatoispettivo_17/showXhtml.Asp?idAtto=38326