Nelle campagne elettorali, l’uso delle foto è di fondamentale importanza. L’immagine, mai dissociata dallo slogan gridato, è alla base dei manifesti murali o dei cosiddetti “santini” che intasano il periodo elettorale. Volti sorridenti e rassicuranti. Volti che cercano di comunicare qualcosa. Da qualche giorno, in mezzo a questi volti, ne compaiono altri. Sguardi intensi che puntano il passante in mezzo alle facce dei più noti politici e candidati. Accanto a questi sguardi, le loro storie, i loro sogni e le speranze per il futuro, non gli slogan. Tuttavia, non si tratta di candidati alle prossime elezioni, né iscritti in alcuna coalizione: Ali, Rahman, Michael, Iqbal, Viltus, Anayet, Mahmut, Cheng, Jasvir e Abubakar sono i testimoni dell’invisibilità e della dimenticanza. In alcune città italiane (Trieste, Cagliari, Olbia, Roma, Milano, Bologna, Torino, Nuoro, solo per citarne alcune), nottetempo, sono comparsi su muri e pannelli elettorali, numerosi manifesti con lo slogan “Vota per me”. Si chiede “simbolicamente” un voto, o meglio si formula un invito a lasciare da parte odio e pregiudizi, a riflettere sulla realtà in cui siamo immersi fatta di metissage, a riportare le persone al centro del dibattito pubblico con le loro storie e il loro quotidiano, restando umani.
L’idea, lanciata da un collettivo di fotografi impegnati da anni nel sociale, vorrebbe essere «una risposta alla violenza contro gli immigrati che già prima dei fatti di Macerata ha caratterizzato la campagna elettorale in cui tutti i partiti hanno strumentalizzato in una direzione o nell’altra il ruolo degli extracomunitari, scegliendo la semplificazione come caratteristica fondamentale del loro linguaggio». L’ideatore del progetto di “guerrilla art”, Gianluca Vassallo, aggiunge: «Siamo un’Italia che non solo ha dimenticato la sua storia di migrazione, calpesta la costituzione, si nega la gioia della pluralità culturale; ma che, assai più colpevolmente, pur schiacciando gli ultimi pretende anche di averne paura».
I manifesti, stampati grazie ai contributi dei volontari, sono stati affissi nei panelli elettorali preparati per le elezioni, non coprendo quelli già impegnati da altri candidati, ma occupando spazi per ora liberi. Un’azione pacifica, dunque, senza alcuna volontà di censurare idee e volti ma con l’obiettivo di creare un momento di riflessione attraverso l’arte e la fotografia.
«Vota per me è un progetto di Guerrilla Art – spiega Vassallo – che, attraverso le facce e le storie dei migranti, cerca di riportare al centro del dibattito pubblico la verità delle vite, la dignità degli individui, il senso profondo della convivenza, con l’intenzione dichiarata di spostare l’asse dialettico verso la complessità dei fenomeni migratori, ovvero la sede culturale in cui il discorso politico dovrebbe svolgersi. Il progetto cerca questo risultato attraverso una pratica propria della politica, la propaganda elettorale, e lo fa per mezzo degli spazi per la pubblica affissione, disertati nella campagna elettorale in corso dai partiti di ogni orientamento, spazi che diventano, così, metafore».
Peccato che a Cagliari questi manifesti non siano durati neanche ventiquattr’ore. Ignoti, senza alcun riguardo, li hanno strappati e gettati per terra. E peccato che una bella iniziativa che valorizza l’arte della fotografia, venga ridotta a “blitz buonista” (vedi titolo su il Giornale di ieri: “Quel blitz buonista che “candida” i migranti“).