“Voi zingari non siete persone civili e non siete capaci di integrarvi. Pertanto non intendo iscrivere vostra figlia”. Queste le parole che il dirigente di un centro sportivo di Pescara avrebbe rivolto ai genitori di una bambina di 7 anni che, su consiglio del pediatra, volevano iscrivere la figlia al corso di nuoto e di danza.
La risposta negativa ha dato vita a una lite, al termine della quale il padre della bambina si è recato alla polizia per denunciare l’accaduto, accusando il responsabile della palestra di ingiurie con l’aggravante del razzismo.
Il titolare rigetta le accuse: “Non c’era posto e questo gli ho detto prima che iniziassero a insultarmi dandomi del razzista”. Il padre della bambina afferma però di aver telefonato per assicurarsi sulla disponibilità di posti, prima di recarsi presso il centro sportivo. “Io non ho parlato con nessuno”, ha dichiarato in merito il responsabile della palestra.
Secondo la Fondazione Romanì Italia, che ha segnalato l’accaduto all’Ufficio Nazionale Antidiscriminazione Razziale, quanto successo è “il risultato dell’istigazione all’odio razziale della politica abruzzese, dell’indifferenza delle istituzioni, della strumentalizzazione della società civile”.
Sicuramente, se le indagini dovessero confermare quanto accaduto, si tratterebbe di un comportamento grave.
Leggendo alcuni articoli con i quali i giornali locali hanno diffuso la notizia, non si può fare a meno di pensare che ci sia davvero molto lavoro da fare per eliminare stereotipi e pregiudizi radicati, spesso quasi inconsapevolmente, all’interno della società civile.
Nel riportare la notizia, il quotidiano online Cityrumors definisce il comportamento del titolare della palestra “razzista e ignobile”: nonostante questa presa di posizione, il quotidiano titola “Razzismo a Pescara: niente piscina per la piccola zingara”, utilizzando un termine che in Italia ha una valenza negativa e stigmatizzante forte e diffusa.
Ancora più preoccupanti, però, sono i numerosi commenti dei lettori dei diversi giornali.
Alcuni lettori di Giornalettismo.com scrivono “Solidarieta’ al gestore. Questa gentaglia ha capito da un pezzo che qui comandano loro. hanno solo diritti e nessun dovere”, “Ma come si fa a difendere ste persone che sanno solo derubare? andate in certi paesi a vedere che fine fanno fare a sti parassiti”.
Su Il Centro, compaiono questi commenti: “Sempre la stessa storia: uno non può dire di no che subito diventa razzista. Ma poi uno a casa sua non può decidere chi vuole e chi non vuole?”, “Ma dico io no ma sta gente che arriva con arroganza e prosopopea non la si può sbattere fuori da Pescara”, “Io genitore avrei qualche remora a mandare mio figlio in una struttura frequentata da rom”.
E sul quotidiano Il Pescara: “Come le piante ..vanno raddrizzate da piccole”, “Io personalmente non accetterei mai uno zingaro”.
Altri, fortunatamente, avvertono sulla pericolosità di generalizzazioni di questo tipo. In particolare, un lettore ricorda i manifesti affissi dal Pdl lo scorso maggio, per cui l’Unar aveva trasmesso alla Procura di Pescara una comunicazione di reato per la violazione della legge contro le discriminazioni “razziali”. Sui manifesti si leggeva “Fuori dalle case popolari rom e delinquenti”.