“Zingaro voglio vivere come te, andare dove mi pare non come me, e quando trovi uno spiazzo nella città, montare la giostra e il disco di un anno fa”, cantava Umberto Tozzi nel lontano 1978. Sarà stata forse questa la canzone che ha ispirato il tema della trasmissione Announo, condotta da Giulia Innocenzi, in onda su La7? La puntata si intitola “Senza rom”, tanto per cambiare.
Certo che se non ci fossero i social network e la tv ad infiammare il dibattito, staremmo qui ad annoiarci. Ma tralasciamo tutti i giudizi di valore sulla qualità delle trasmissioni televisive che, oramai, non possono fare a meno di parlare di campi rom, stranieri e profughi (per la gioia del quasi onnipresente Matteo Salvini, o della on. Daniela Santanché), cosa che comporterebbe una trattazione a parte. Ieri, durante Announo, il dibattito sui social, che avrebbe dovuto coinvolgere anche il pubblico da casa, gravitava attorno alla domanda: “I rom hanno il diritto di vivere secondo la loro cultura?”. Già la questione appare abbastanza scivolosa. Ma sono i due hashtag creati ad hoc per la serata ad infiammare i cinguettii: #viviNORMALE e #viviZINGARO.
Ecco che i telespettatori segnalano, con uno screenshot, come “razzisti” i due hashtag. Quasi immediata la cancellazione del tweet con i due hashtag associati. Giulia Innocenzi, quasi sul finire della puntata, affronta la questione rivolgendosi a Miguel, uno dei ragazzi presenti in studio, cittadino italiano di madre rom e padre sinto: “Sta succedendo un casino su Internet, ci sono i siti che ci attaccano perché è partito un tweet di un cartello che volevamo lanciare in questa parte di trasmissione per chiederci se chi vuole portare avanti la cultura zingara e rom e vivere anche di nomadismo ha il diritto di poterlo fare. Avevamo preparato due hashtag… vita zingaro… adesso non me lo ricordo neanche più. Però quando tu ci hai detto ‘Stasera diciamo no alla parola zingaro’ noi abbiamo ritirato subito il tweet e da lì sono partiti dei complottismi incredibili… Quindi Miguel, hai fatto scatenare tutti. Non volendo, assolutamente”. “Cultura zingara”? “Nomadismo”?
I pochi articoli sulla stampa che segnalano l’accaduto, parlano di “gaffe”. In effetti, sarebbe qualcosa di più di una semplice “gaffe”. Bisognerebbe capire cosa s’intende per vivere “normale”, ma soprattutto come sarebbe il “vivere zingaro”.
Siamo alle solite. Una trasmissione TV ripropone visioni stereotipate e stigmatizzanti che certo non giovano ad una sana crescita del dibattito culturale a riguardo. Anzi, al contrario, lo fanno ricadere nella più odiosa e scontata banalità, fomentando i pregiudizi.