Nulla di nuovo sotto questo cielo. Non è la prima volta che le associazioni antirazziste denunciano le pratiche sistematiche di razzismo istituzionale e di violazione dei diritti all’interno di Questure e Prefetture. Di recente ci erano giunte segnalazioni da Milano e Roma (leggi qui e qui). A queste si aggiunge ora anche Bologna. E’ quanto denuncia il Coordinamento Migranti. “Se un migrante oggi chiede un appuntamento alla Questura di Bologna per presentare domanda di richiesta asilo verrà molto probabilmente convocato non prima di marzo 2017”, scrivono nell’ennesimo comunicato. “Un anno di vita sospesa a inseguire i tempi di Questura e Prefettura. Che i migranti chiedano un permesso di soggiorno per lavoro o protezione umanitaria, il tempo è da sempre una variabile politica nelle mani della Questura, che invoca l’emergenza per coprire il razzismo istituzionale delle sue pratiche. I tempi infiniti di Questure e commissioni non dipendono da un’«invasione» che non c’è, ma da una precisa gestione politica dei richiedenti asilo che ne blocca, sospende o respinge i progetti di vita”.
Nei comunicati, susseguitisi in questi giorni, si lamenta anche una scarsa e frammentaria erogazione di informazioni, anche con tempi di risposta “imprevedibili”. Il Coordinamento analizza anche i dati sulla situazione dei dinieghi che confermano l’andamento nazionale, ovvero: nel 2015 oltre il 55% dei richiedenti asilo ha ricevuto un diniego, mentre hanno ottenuto lo status di rifugiato politico meno del 5%. I dati nazionali per il 2016 registrano però un significativo incremento dei dinieghi, con tassi superiori al 60%, con punte in alcuni mesi del 68%. Dei 10.000 migranti accolti in Emilia-Romagna, ben l’80% sono ospitati in centri di accoglienza straordinaria (CAS), e soltanto il 10% trova posto negli Sprar. È evidente, a fronte dei numeri, che l’accoglienza, anche qui come altrove, è gestita con criteri emergenziali e con risposte “temporanee” a problemi oramai strutturali. E non è un mistero che, nella gran parte dei casi, la “malaccoglienza” proviene da appalti al ribasso a cooperative che non investono minimamente in percorsi di inclusione socio-lavorativa. Su questo punto, anche il dossier il Mondo di dentro di Lunaria (clicca qui per scaricare il dossier) propone una sua lettura sull’urgenza di predisporre servizi di accoglienza pubblici efficienti e capaci di favorire effettivamente la progressiva autonomia delle persone ospitate. E si ritorna sempre al punto di partenza.
Laddove le Regioni ostentano presunti “modelli” di accoglienza che funzionano alla perfezione, cosi come avrebbe assicurato l’Assessora Gualmini in Emilia-Romagna, è necessario sempre scavare più a fondo e andare oltre la facciata del fenomeno.
Ad esempio, di recente, anche il Presidente della Regione Basilicata, Marcello Pittella ha promosso l’immagine di una Basilicata “accogliente” (“La Basilicata si candida a diventare, nella cornice europea dell’emergenza sanitaria – ha dichiarato in occasione della presentazione del progetto “We are the people” – una Regione-Laboratorio per sviluppare un nuovo modello socio-economico di integrazione, in grado di apportare benefici tanto ai lucani in difficoltà, quanto ai migranti provenienti dai Paesi del Mediterraneo”), pur sapendo che dei 2714 migranti accolti in regione, ad oggi, ben 2268 sono accolti nei CAS, e soltanto 446 negli Sprar, un misero 2% del totale nazionale dei richiedenti asilo. Sono così disattese le promesse fatte da oltre un anno di elevare gli “standard” di accoglienza.
Tutto questo spesso dimenticando o rimuovendo le condizioni di abbandono in cui versano molte strutture di accoglienza temporanea e in assenza di reali percorsi d’inclusione.