Non è una dichiarazione tratta da un giornale di fine ottocento. Non è una frase pronunciata al bar da parte di un avventore qualsiasi. E non è nemmeno un insulto provocato dal “rancore e dal disagio sociale” accumulato nelle periferie, che secondo molti sarebbero all’origine della diffusione della xenofobia e del razzismo nel nostro paese. No.
“Li abbiamo visti tutti mangiare i topi vivi o questo genere di cose”. Sono parole pronunciate ieri nel corso di una trasmissione televisiva trasmessa su Antenna 3 dal Presidente della Regione Veneto.
Il bersaglio di una xenofobia così rozza e imbarazzante solo a doverla riferire, è quello privilegiato in questi giorni di psicosi collettiva generata dalle notizie relative alla diffusione del Coronavirus: “i cinesi”. E secondo le acute argomentazioni del presidente, supportate come ben sappiamo da inoppugnabili dati scientifici, “L’igiene, che ha il nostro popolo, i veneti e i cittadini italiani, la formazione culturale che abbiamo, è quella di fare la doccia, di lavarsi, di lavarsi spesso le mani, di un regime di pulizia personale particolare. Anche l’alimentazione, le norme identiche, il frigorifero, le date di scadenza sugli alimenti. Cosa c’entra? C’entra perché è un fatto culturale.”
Dunque, secondo il presidente di regione, noi siamo puliti, i cinesi no e del resto si sa, non si limitano a mangiare i topi, ma li mangiano vivi.
Ora. L’intervista è stata rilasciata a una tv che ha una diffusione limitata, nel nord del paese. Ma come spesso succede, il liquido mondo dei social fa in modo di amplificare di molto l’eco di parole come queste, che meriterebbero di essere silenziate immediatamente, in primo luogo da chi ha ospitato la trasmissione, rimbalzando poi su tutti i principali media nazionali.
Come sosteniamo, certo non da ora, chi riveste un ruolo istituzionale ha una grande responsabilità: in primo luogo dovrebbe occuparsi di governare l’istituzione che rappresenta per fare in modo che le politiche pubbliche garantiscano il massimo benessere collettivo possibile; in secondo luogo, dovrebbe fare un uso parsimonioso e molto attento delle parole, perché proprio la sua posizione di potere fa sì che queste abbiano una visibilità e un impatto sull’opinione pubblica infinitamente superiore a quelle pronunciate da un comune cittadino.
Le parole sopra ricordate esemplificano perfettamente quello di cui ormai tutti parlano: l’hate speech inteso come parole ed espressioni che sono pronunciate con l’obiettivo di mortificare, denigrare, inferiorizzare le persone a cui sono riferite e di incoraggiare pregiudizi, ostilità quando non la violenza nei loro confronti. Né affermazioni di tal fatta possono essere definite come una semplice “opinione”, per giunta degna di maggiore tutela perché espressa da un rappresentante delle istituzioni.
L’associazione degli umani ai topi è ricorrente nella storia recente del razzismo italiano. Ad esempio, a Taranto nel 2012, nel corso di una campagna elettorale, vi fu un candidato sindaco che associò, questa volta ricorrendo alle immagini di un manifesto, una prostituta dell’est, un bambino per strada, un venditore ambulante, una donna rom con il suo bambino in braccio e, appunto, dei topi
Sembra che il presidente del Veneto abbia chiesto scusa, non rinunciando però al tentativo di dimostrare di “essere stato frainteso”. In ogni caso ha impiegato circa 24 ore.
Intanto le sue parole sono già dilagate in rete contribuendo ad alimentare la preoccupante sinofobia che incredibilmente, nel 2020, sta diffondendo nel nostro paese per strada, nei supermarket, come nei corridoi di qualche scuola.