20 giugno, Giornata Mondiale dei Rifugiati. Al centro di Roma, al Pantheon, attivisti e collettivi antirazzisti organizzano un presidio con l’intento di “smascherare l’ipocrisia istituzionale, che piange le stragi in mare ma al contempo respinge chi fugge da guerra e miseria, utilizzando gli Hotspot come luoghi di selezione arbitraria ed espulsione, firmando accordi bilaterali, agendo una sempre più massiccia operazione di esternalizzazione delle frontiere”. L’intenzione iniziale era quella di organizzare, dopo gli interventi, un momento di festa e condivisione, con una cena in cui coinvolgere le comunità migranti di Roma: una possibilità esclusa dalla Questura, che ha concesso la piazza solo fino alle 20:00.
Insieme alle decine di attivisti anche Amnesty International, che organizza un flash mob in memoria delle migliaia di persone che muoiono fuggendo da guerra e povertà, chiedendo che i diritti dei migranti vengano prima dei controlli delle frontiere. Seguono due interventi: il primo a parlare è il portavoce italiano di Amnesty International, seguito da un giovane avvocato, attivista di “Resistenze Meticce”, collettivo antirazzista romano, il quale al megafono denuncia l’approccio securitario che domina il discorso pubblico e istituzionale rispetto alle migrazioni, facendo una dura critica ai due decreti Minniti-Orlando, su sicurezza urbana e immigrazione: “Oggi, a due mesi dell’entrata in vigore del Decreto che porta la firma Orlando-Minniti, vogliamo denunciare il fatto che i rifugiati e i richiedenti sono destinatari di norme allucinanti che eliminano qualunque tutela e qualunque possibilità per i migranti di stare nel nostro paese in un modo degno”. Decreti che, tra l’altro, son stati duramente criticati da diverse realtà che si occupano della tutela dei diritti dei migranti. Al termine dell’intervento, l’uomo viene identificato dai funzionari di Polizia presenti. Il giovane protesta, insieme agli altri presenti, che chiedono spiegazioni. Come risultato, la Polizia identifica altre dieci persone, negando intanto qualsiasi collegamento tra tale misura e l’intervento del giovane avvocato contro il ministro Minniti e i decreti che portano il suo nome: secondo i poliziotti sarebbe un semplice controllo di documenti. Il collegamento invece sembra esserci, tanto che, come dimostrano le testimonianze video, quando il responsabile di Amnesty chiede spiegazioni, un dirigente della Questura prima gli domanda:“Lei si dissocia da quello che il ragazzo ha detto prima?”, per poi chiedergli i documenti. “Le ragioni parrebbero legate nel primo caso, alle critiche espresse al decreto Minniti – Orlando e alla sua applicazione nella città di Roma; nel secondo, all’aver offerto il microfono per esprimerle”, scrive Amnesty International in una nota, denunciando che “gli interventi fatti rientrano in pieno nell’esercizio della libertà d’espressione e quanto è accaduto in seguito, nella misura in cui motivato dalle opinioni espresse da uno degli oratori, è del tutto ingiustificato“.
Un episodio grave, che palesa da una parte l’intento della Polizia, volto a mettere a tacere le voci di dissenso, e dall’altra il clima politico che si respira in questo paese: nel giorno in cui si commemorano i rifugiati non è possibile criticare le politiche governative che li riguardano.