Vicofaro come Riace. Controlli da blitz contro la criminalità organizzata in un centro di accoglienza, quello di don Massimo Biancalani, un luogo divenuto famoso in Italia per la sua capacità di fare solidarietà. A guardare le immagini del raid compiuto da polizia, polizia municipale, carabinieri, vigili del fuoco, ispettori del lavoro e guardia di finanza ieri al CAS (Centro di accoglienza straordinaria) di Vicofaro (Pistoia), viene da pensare a un’operazione antimafia. I controlli invece scattano perché sembra esserci in corso una campagna contro il centro di accoglienza chiuso ad agosto che svolge una funzione vitale.
I controlli, durati circa un paio d’ore, sono cominciati la sera, quando nella “Pizzeria del rifugiato” allestita nel centro era in corso una cena. Obbiettivo del blitz era chiaramente quello di cercare irregolarità di qualsiasi sorta: sono stati verificati i documenti dei migranti, il rispetto dell’ordinanza del Comune che aveva sancito la non idoneità dei locali dove una sessantina tra questi vengono accolti. Gli ispettori del lavoro e la guardia di finanza si sono invece concentrati sull’attività della pizzeria e su chi ci lavora. Controlli su tutto e con personale addetto a verificare ciascun aspetto della vita del centro. Cinquanta controllori per sessanta ospiti. Come se il centro fosse l’unico problema della provincia di Pistoia. Il controllo è infatti il secondo in poche settimane. Durante il primo le irregolarità relative ai locali che ospitano i rifugiati avevano portato a un’ordinanza di chiusura che nei prossimi giorni finirà davanti al Tar. I controlli di sabato, invece, non hanno prodotto risultati e hanno anzi verificato che sono in corso lavori di adeguamento dei locali – erano queste le irregolarità cui il sindaco faceva riferimento nella sua ordinanza. La scelte di compiere un’operazione così imponente giunge in seguito a una petizione contro il centro di accoglienza firmata da 190 cittadini. Come se a ogni petizione si mobilitassero i Carabinieri.
Il centro di Vicofaro era diventato un caso mediatico dopo che Don Biancalani aveva postato su Facebook le foto di un gruppo di rifugiati in piscina. Da un lato si era scatenata la solita polemica sui presunti privilegi dei migranti, dall’altro il parroco era stato denunciato dal garante della privacy per aver pubblicato le foto dei richiedenti asilo. Lo stesso centro è anche stato oggetto di intimidazioni da parte di Forza Nuova. Come abbiamo già scritto riferendoci all’arresto di Mimmo Lucano a Riace, in questa vicenda ci sono aspetti paradossali. C’è da un lato l’importanza di rispettare le regole anche da parte di chi fa accoglienza nel migliore dei modi e con il più alto degli intenti – la solidarietà, la giustizia, il rispetto delle persone e dei diritti. Dall’altro però, in un Paese in cui le irregolarità delle pratiche amministrative sono all’ordine del giorno, scegliere di controllare le attività proprio dei centri di accoglienza noti per la loro apertura, appare davvero come una persecuzione.
Nel commentare l’accaduto in un video postato su Facebook, Don Biancalani si dice molto preoccupato di cosa possa ancora capitare e lamenta lo scarso sostegno fornito dall’apparato ecclesiastico. Quel che viene da dire a noi dopo questo blitz è che la vicenda di Riace non è un fatto isolato ma un modus operandi: cercare di fiaccare la solidarietà nei confronti delle persone migranti utilizzando i regolamenti e i cavilli. Per questo la manifestazione di solidarietà a Vicofaro e le numerose reazioni sui social network sono importanti.