“Dal 1 novembre 2014, l’operazione coordinata da Frontex ‘Triton’ inizierà le sue attività nel Mediterraneo centrale”: lo annuncia in una nota la Commissione Europea, sottolineando che l’operazione è stata delineata “sulla base delle esigenze espresse dalle autorità italiane”.
Sarà quindi Triton a spingersi fino a 170 miglia dalle coste italiane, come fanno i mezzi impiegati nell’operazione italiana Mare Nostrum? No: nonostante venga riconosciuto “lo straordinario lavoro svolto dall’Italia con Mare Nostrum nell’assistere e salvare centina di rifugiati”, Triton “non rimpiazzerà” l’operazione messa in campo dall’Italia dopo la strage del 3 ottobre 2013, quando al largo di Lampedusa persero la vita 366 persone. Lo ha specificato la Commissaria UE Cecilia Malmstrom secondo la quale “il Mediterraneo è un mare europeo e una responsabilità europea. Molte persone disperate stanno cercando di attraversare il Mediterraneo scappando da guerre e conflitti. L’Unione europea – ha proseguito Malmstrom – deve rispondere e attivare misure concrete per salvare vite”. Tutto questo, però, tenendo ben presente che Frontex non è “né un’agenzia di soccorso né un Centro di Coordinamento per il salvataggio”, come ricordato dalla Commissione. Il ruolo dell’agenzia europea è piuttosto quello di “assicurare i controlli delle frontiere nella regione del Mediterraneo [..] fornendo sostegno agli stati membri nelle circostanze che richiedano un incremento dell’assistenza tecnica”. Triton si estenderà 30 miglia oltre le acque territoriali italiane e coprirà anche 18 miglia di acque internazionali, come definito nelle linee guida: rappresenta al momento l’operazione più imponente lanciata da Frontex in mare, ma rimane fondamentalmente una misura di sostegno alle operazioni di controllo messe in atto dai paesi. Prima fra tutti l’Italia – come già fatto dalle operazioni precedentemente intraprese da Frontex, “Hermes e Aeneas” – visti gli “sforzi messi in campo a livello nazionale”. Un sostegno che si baserà sulle “risorse messe a disposizione dai paesi membri”, sollecitati in questo senso dalla Commissione. Cosa che conferma come, nonostante le dichiarazioni ufficiali, per l’Unione europea l’immigrazione rimanga una questione nazionale. E’ la stessa Malmstrom a sottolineare che Triton “non interessa in alcun modo le responsabilità che gli stati membri hanno nel controllare le frontiere esterne e nel salvataggio delle vite”.
Al momento, i paesi che hanno confermato la propria partecipazione sono Germania, Francia e Spagna.
Per il lancio dell’operazione Triton e per l’avvio della prima fase, la Commissione stima un costo mensile di 2.9 milioni di euro, riallocati dal “Fondo europeo per la sicurezza interna e dal bilancio di Frontex”. Se la partenza dell’operazione è certa e annunciata, lo stesso non si può dire per il proseguimento della stessa, visto che i fondi necessari a tal fine “devono essere ancora accordati dal Parlamento europeo e dal Consiglio”.
Stando alle note ufficiali, non sembra quindi che Triton risponda all’obiettivo primario di salvare vite umane. Va in ogni caso sottolineato – anche alla luce delle continue stragi di migranti, le ultime avvenute pochi giorni fa) che il ruolo dell’Unione Europea potrebbe e dovrebbe andare oltre quello del mero salvataggio – per quanto importante – delle persone. Le istituzioni europee potrebbero intervenire prima che queste persone – la maggioranza delle quali fugge da guerre, come ricordato da Malmstrom – siano costrette dalla mancanza di canali di ingresso regolari e sicuri, a affrontare viaggi rischiosi e costosi gestiti da reti criminal. E’ proprio sulle misure di ingresso che urge un intervento europeo. Oltre che su quelle di accoglienza, come sottolineato da Malmstrom: “Per avere pieno successo -ha dichiarato la Commissaria – le operazioni di salvataggio devono essere affiancate da altre misure. È fondamentale che gli stati membri implementino un sistema comune di asilo (Common European Asylum System), e che venga compiuto uno sforzo reale per creare un programma europeo di reinsediamento dei rifugiati all’interno dei paesi europei”.