Da qualche giorno via Quarti, nel quartiere di Baggio, alla periferia di Milano, è salita alla ribalta delle cronache locali.
Sabato scorso, un’auto è stata incendiata. Un gruppo di persone l’avrebbe accerchiata e poi data alle fiamme, mentre il conducente fuggiva. Alla base dell’aggressione sembra esserci il fatto che l’autista, guidando in modo spericolato, avrebbe rischiato di investire un bambino. Un’informazione che, per la verità, non viene ancora confermata dalle forze dell’ordine, che stanno indagando.
Stando alle cronache locali, comunque, l’episodio sembra aver dato vita a una serie di reazioni a catena, con incendi di auto e di un furgone.
Da una parte italiani, dall’altra rom. Si perchè quello che sta emergendo dalla maggior parte dei mezzi di comunicazione è che in via Quarti sia in corso una lotta tra rom e italiani.
Stando alle cronache, il motivo alla base della rabbia dei cittadini italiani sarebbe l’occupazione abusiva di due alloggi Aler vuoti da parte di due famiglie rom. Che, nel frattempo, sono state sgomberate.
Può davvero essere questo il motivo? Ce lo chiediamo, soprattutto consapevoli della situazione in cui da anni versa via Quarti. 454 appartamenti costruiti negli anni ’80, sette palazzoni popolari, un racket di italiani che ne gestirebbe l’occupazione abusiva. Già nel 2008 (sei anni fa) alcune telecamere entravano nella zona: militari, ambulanze che non riuscivano a entrare nella via senza scorta, criminalità organizzata, spaccio di droga, omertà. La situazione del quartiere è conosciuta da tutti, e da tempo. Nel 2012 la Cooperativa Comunità Progetto lancia il piano triennale Quarti si nasce… primi si diventa, con l’obiettivo di riqualificare la zona, che nel progetto viene definita “l’estrema periferia [..] sia dal punto di vista urbanistico che sociale, per la devianza e la marginalità economica e culturale in cui versa”. Di fianco ai palazzi popolari sorgono “una discarica abusiva e baracche containers che ‘ospitano’ gruppi di migranti”, e “la forte presenza di famiglie numerose e disagiate e di cui alcune legate al mondo della criminalità incoraggia azioni illegali e condotte delinquenziali”.
In via Quarti vige da anni l’abbandono istituzionale. Le persone sono lasciate a loro stesse, non ci sono servizi pubblici né esercizi commerciali. Quello che sta succedendo non è una lotta di “brave persone che perennemente stanno subendo soprusi e prepotenze, che cercano di ribellarsi”, di residenti cui “non va giù la ‘tolleranza’ dell’amministrazione Pisapia nei confronti degli alloggi vuoti e occupati abusivamente”, come scrive il Corriere della Sera.
Questo è l’esito di mancanze politiche ormai datate. Per questo, non c’è stupore nelle parole della Consulta milanese di rom e sinti: “non ci sorprende che una delle tante periferie abbandonate a se stesse, dove le disgrazie degli uni si sfogano sulle disgrazie degli altri, produca fenomeni di intolleranza, di conflitto tra disperazioni e occupazioni abusive nelle quali soccombe sempre il più debole”, scrivono i membri della Consulta, sottolineando anche “la versione giornalistica per la quale i rom sono ‘abitanti abusivi’ mentre gli italiani sono solo ‘abitanti’”. La Consulta immagina inoltre che “come in tante altre occasioni, una giustizia con l’occhio guercio se la prenda con i danneggiati perché rom (tra gli abusivi da sfrattare chi saranno i primi e forse gli unici, se non i rom?)”. Quello che chiede la Consulta, però, è una giustizia vera, ossia “che i responsabili del raid razzista siano identificati e puniti, che gli inquilini abusivi vengano sfrattati senza distinzioni etniche ma piuttosto economiche”.
Polemiche politiche come quella avanzata dall’ex vice sindaco De Corato, secondo cui quanto successo “è la dimostrazione che la gente non ne può più di queste famiglie nomadi, che oltretutto sono abusive”, e che “l’illegalità di queste tribù nomadi (!!) si sta espandendo in tutte le periferie milanesi”, appaiono solo strumentali e pericolose per il carico di pregiudizio che si portano dietro.
Servirebbe, piuttosto, una reale presa in carico istituzionale di una zona colpevolmente abbandonata a se stessa perchè considerata troppo problematica.