Mentre l’Unhcr denuncia la morte nel mar Mediterraneo di almeno 3.419 persone, decedute nel 2014 nel tentativo di raggiungere l’Europa, Frontex si lamenta per gli interventi “fuori area” delle navi impegnate nella missione Triton (per un approfondimento su Triton clicca qui).
Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati il Mediterraneo sarebbe “diventato il più letale dei tragitti”. Lo ha affermato l’Alto Commissario per i Rifugiati António Guterres a Ginevra, durante i preparativi per l’apertura del Dialogo dell’Alto Commissario per il 2014, forum annuale di discussione politica, quest’anno dedicato alla protezione in mare (Qui l’intervento completo: http://www.unhcr.org/54882c149.html). Protezione che, denuncia l’Unhcr, è pressoché assente: Guterres ha infatti sottolineato che “la priorità di alcuni governi sembra essere sempre di più quella di tenere lontani gli stranieri piuttosto che di garantire il diritto di asilo. Un errore – ha proseguito l’Alto commissario – e più precisamente la reazione sbagliata in un’epoca in cui il numero di persone in fuga dalle guerre ha raggiunto livelli record”. Secondo le stime delle autorità costiere e le informazioni derivanti da attività di monitoraggio, sarebbero almeno 348.000 le persone che hanno provato ad attraversare il mare dall’inizio di gennaio. “L’Europa, che confina con importanti conflitti a sud (Libia), est (Ucraina) e sud-est (Siria/Iraq), è stata destinataria del numero più elevato di arrivi via mare”: più di 207.000 persone hanno provato a raggiungere il Vecchio Continente, quasi tre volte in più rispetto al picco di circa 70.000 del 2011, in corrispondenza con la cosiddetta Primavera araba. E, se “storicamente la motivazione principale è sempre stata la ricerca di migliori opportunità economiche”, nel 2014 i richiedenti asilo rappresentano la componente maggioritaria di questo flusso: “il 50% circa degli arrivi è composto infatti da persone provenienti da paesi di origine dei rifugiati, principalmente Siria ed Eritrea”.
Mentre l’Unhcr mette “in guardia la comunità internazionale sul rischio di distogliere l’attenzione dall’impegno nel salvare vite umane”, Frontex esprime la propria preoccupazione “per i ripetuti interventi ‘fuori area’ di queste settimane nel Mediterraneo, oltre le 30 miglia marine dalle coste italiane”. Come riportato dall’agenzia Adnkronos e dal sito di informazione Euractiv.it, il direttore della divisione operativa dell’agenzia Frontex Klaus Rosler ha scritto una lettera al direttore dell’Immigrazione e della Polizia delle Frontiere del Viminale Giovanni Pinto, dicendosi “preoccupato per i continui interventi ‘fuori area’ di Triton”. In particolare, Rosler si riferirebbe a un evento accaduto il 20 novembre scorso, quando il Centro operativo di controllo di Roma, dopo aver ricevuto una telefonata satellitare, ha dato istruzioni a un’unità di Frontex di recarsi sul posto per verificare l’eventuale presenza di imbarcazioni in difficoltà. “Frontex ritiene che una telefonata satellitare non possa considerarsi di per sé un evento di search and rescue – si leggerebbe nella lettera – e raccomanda, dunque, che siano intraprese azioni per investigare e verificare, e solo in seguito, in caso di difficoltà, attivare un altro assetto marittimo. Frontex, inoltre, non considera necessario e conveniente sotto il profilo dei costi l’utilizzo di pattugliatori (offshore patrol vessel) per queste attività di verifica iniziale al di fuori dell’area”. Una vera lettera di richiamo, in cui Frontex spiega che “le istruzioni impartite alle navi di portarsi in zone poste fuori dall’area operativa di Triton per prestare soccorso a imbarcazioni in difficoltà non sono coerenti con il piano operativo, e purtroppo non saranno prese in considerazione in futuro”.
La lettera di Frontex, che ben esplicita gli obiettivi dell’agenzia europea – il controllo delle frontiere e non certo il soccorso delle persone– arriva non solo nello stesso giorno in cui l’Unhcr lancia un forte allarme alla comunità internazionale. Solo cinque giorni fa, un gommone partito dalla Libia, da giorni in avaria, è stato raggiunto da due motovedette della Guardia costiera e da un rimorchiatore civile, 110 miglia a sud di Lampedusa e 50 miglia a nord di Tripoli. 73 le persone tratte in salvo. 18 i morti per ipotermia, nell’ennesima strage accaduta nel “più letale dei tragitti”.