Cinquecentoventotto: sono le persone che hanno perso la vita nel 2016, provando a raggiungere l’Europa in “pericolosi attraversamenti via mare”. Cinquecentoventotto (528) persone che si sono scontrate contro le barriere, fisiche e normative, che impediscono il libero accesso nei paesi dell’Unione e in quelli vicini.
Ragionare sui numeri è terribile, ma a volte può servire a ricordare il dramma quotidiano che si sta consumando di fronte ai nostri occhi pericolosamente assuefatti: circa 5 persone al giorno sono morte dall’inizio di quest’anno ai confini europei, o nel tentativo di raggiungerli. Sono i dati diffusi dall’Unhcr, relativi ai primi mesi del 2016. Numeri che ci parlano degli spostamenti di persone che le istituzioni europee, di concerto con i governi nazionali dei paesi membri e degli stati confinanti, provano in tutti i modi a fermare. Senza riuscirci: al 26 marzo, sono 164.338 le persone arrivate in Europa via mare (1.015.078 nel 2015). Nello specifico, 149.208 persone hanno raggiunto la Grecia, arrivando in prevalenza dalla Turchia, mentre 14.492 l’Italia passando da Libia, Tunisia, o dalla stessa Grecia. In generale, le persone arrivate dal primo gennaio 2016 sarebbero per il 40% uomini, per il 35% bambini e per il 20% donne. Secondo UNHCR, l’86% di queste persone arriva dai dieci paesi al mondo da cui provengono la maggior parte dei profughi: 24.764 persone sono di origine siriana, 9421 sono afghane, 5123 irachene. Si tratta perlopiù di persone che fuggono da guerre, violenze e persecuzioni, e che necessitano di protezione internazionale: e proprio per la realtà che si lasciano alle spalle, non sembrano intenzionate a fermarsi, nonostante l’Unione europea moltiplichi gli sforzi in tal senso. Ne è una prova il recente sbarco in Sicilia di 1482 persone, soccorse dalla Guardia costiera italiana questo fine settimana al largo delle coste libiche, nel corso di dodici distinte operazioni di soccorso, durante le quali sono stati recuperati anche i corpi senza vita di tre persone.
Un arrivo che potrebbe coincidere con una ripresa dei viaggi dai paesi nordafricani, Libia in particolare: se la tratta del Mediterraneo non è mai stata abbandonata, è stato però riscontrato un significativo calo dei viaggi, direttamente proporzionale al forte aumento degli arrivi in Grecia. Dopo l’accordo stretto tra Unione europea e Turchia, volto di fatto a facilitare le espulsioni e impedire gli ingressi (per info qui), i flussi si stanno nuovamente spostando sulla rotta mediterranea. Che nel 2014 veniva considerata dall’Unhcr “il più letale dei tragitti”.