Dopo il muro, dopo il carcere per chi attraversa “illegalmente” i confini, il parlamento ungherese approva l’invio dell’esercito alle frontiere meridionali del paese. 3.500 militari saranno inviati al confine con la Serbia in sostegno della polizia già presente, con l’obiettivo di contrastare l’ingresso dei profughi. Il provvedimento adottato autorizza l’uso delle armi “in caso di pericolo di vita dei soldati”. Già oggi sono stati avvistati mezzi militari al confine con la Serbia. Il primo ministro Viktor Orban ha ipotizzato di adottare la stessa misura anche nella zona di frontiera con la Croazia.
La misura approvata dai due terzi del parlamento ungherese arriva dopo l’introduzione del reato di attraversamento illegale dei confini, punibile con la detenzione (contro le politiche intraprese dal governo la società civile ha lanciato un appello).
“L’Ungheria deve difendersi con ogni mezzo necessario da questa ondata di immigrazione illegale”, si legge nel documento approvato dal parlamento magiaro. Una posizione pericolosa: le persone che necessiterebbero di difesa sono proprio i migranti, in particolare i profughi che scappano da situazioni di pesante crisi, come ad esempio siriani, palestinesi, curdi, afghani. Sarebbe sufficiente dare un rapido sguardo alle brutali immagini che arrivano dai paesi da cui fuggono i richiedenti asilo per capire con chiara evidenza dove risiede il bisogno di protezione. Ciononostante, il governo ungherese prosegue con quella che si profila come una guerra contro chi scappa da povertà e conflitti, senza che le istituzioni europee facciano nulla per salvaguardare il diritto alla protezione. Al contrario, il modello ungherese sembra purtroppo che stia facendo scuola: la Slovenia ha iniziato la costruzione di una barriera a Bregana, al confine con la Croazia.