Un fatto di cronaca può ispirare un’analisi a più livelli sul linguaggio utilizzato dalla stampa. Accade che, nella notte di ferragosto, intorno all’una e mezza, vengono sparati almeno quattro colpi di pistola in un parcheggio di camionisti, sull’Aurelia, a Vado Ligure. Un proiettile raggiunge persino il parabrezza di un camion, in cui il conducente stava dormendo. Per fortuna, l’uomo è rimasto illeso. Quando i carabinieri sono arrivati sul posto, per raccogliere le testimonianze, gli attentatori si erano già dileguati nel buio. Questi i fatti. Ma ad incuriosire sono piuttosto i titoli, come al solito “etnicizzanti” e stigmatizzanti, e il quadro dei fatti legato alle vittime della sparatoria: una “carovana di nomadi” o “di zingari” (“Vado Ligure, spari su una carovana di Rom”, 15 agosto 2015, ilsecoloxix.it; “Savona, spari contro carovana nomadi”, 15 agosto 2015, tgcom24.mediaset.it; “Quattro colpi di pistola sparati contro la carovana degli zingari a Vado Ligure”, 15 agosto 2015, ivg.it, tanto per citarne alcuni). In questi casi, la provenienza geografica si trasforma in una sorta di etichetta per identificare i protagonisti positivi o negativi della cronaca, con il dito puntato contro una “categoria” più che un tipo d’informazione. E il fenomeno si aggrava perché associato all’uso impreciso degli stessi termini, che rischia di creare confusione per chi legge e di diventare esempio di un giornalismo superficiale.
Intanto, si potrebbe già riflettere sull’uso del termine “carovana” (il dizionario riporta: “Insieme di persone e di mezzi di trasporto che viaggiano uniti per motivi di sicurezza: c. di cammelli; estens. Gruppo numeroso di persone, di veicoli che viaggiano incolonnati SIN convoglio: c. del circo; c. di turisti; nel ciclismo, insieme di atleti, giornalisti e mezzi al seguito di una gara”): non poteva essere definito semplicemente gruppo di “gitanti” o “vacanzieri” o “turisti”? Non in questo caso ,visto che si tratta di “rom”.
Anche sulle motivazioni dell’accaduto pendono pregiudizi legati allo stereotipo diffuso del “rom”. Le prime indagini attribuivano la sparatoria ad un atto d’intimidazione a sfondo razzista, a seguito di una serie di furti avvenuti nel comprensorio, e attribuiti per “presunzione” ai rom. A detta della stampa, una situazione che aveva sollevato malumori e anche apprensione tra gli abitanti e i commercianti vittime dei colpi avvenuti sia di giorno che di notte. L’indomani della sparatoria, tuttavia, si profila una nuova motivazione: che si sia trattato di uno scontro tra “clan di rom e sinti”. Insomma, una cosa “tra di loro”, “pregiudicati” (in tutti i sensi!) per furti e rapine.
Da ultimo, questa mattina, la chiosa sul caso: “Sparatoria sugli zingari, i vadesi sono sotto choc. Proteste dei residenti per l’invasione dei caravan”, riporta lastampa.it. Nell’articolo, si racconta in minuzie dell’installazione di questi gitanti nello spiazzo del parcheggio: «Erano 3 o 4 auto più 3 camper: uno di questi nuovissimo, da almeno 90.000 euro. I nomadi hanno preso possesso di una parte del parcheggio di Vado Ligure intorno alle 18. Poi sono arrivati gli altri, con un via vai che si è concluso intorno alle 21,30. Hanno piazzato gli asciugamani sulle aiuole e si sono messi a far baccano: c’erano tantissimi bambini», riferiscono al giornalista i residenti. E poi la solita solfa: «Vanno e vengono ad ogni ora del giorno e della notte, soprattutto d’estate – raccontano –. Si lavano in una fontanella qui vicino e poi dormono nel piazzale, davanti alle nostre finestre: non è uno spettacolo edificante. Se abbiamo paura? Più che altro siamo prudenti. Alcuni negozianti chiudono bene le porte del retro. Per il resto, stiamo con gli occhi aperti. Speriamo sia stato un regolamento di conti fra loro e che non vengano più. Ora, finalmente, vediamo le forze dell’ordine girare».
Scollare e scrollare di dosso queste “etichette” stigmatizzanti è un utile esercizio tanto per il lettore che per il giornalista di turno. Se si vuol dare una corretta informazione, fuor di stereotipo.