Un morto e tre feriti. E’ questo il bilancio, tragico, della violenta rissa avvenuta ieri notte, nel Cara – Centro Accoglienza Richiedenti Asilo – di Bari.
Intorno alle tre, sarebbe scoppiato un violento diverbio tra cittadini kurdi, pakistani ed afghani. La discussione si sarebbe poi trasformata in rissa, con botte e coltelli.
Un giovane kurdo di 26 anni ha perso la vita: sul suo corpo è in corso l’autopsia. I tre feriti, anche loro kurdi, hanno riportato ferite lievi, ritenute guaribili in una decina di giorni.
Non conosciamo ancora i motivi che hanno scatenato la rissa. Certamente, è un atto da condannare, ancora più tragico perché ha causato la morte di un ragazzo.
Ma, pensando a quanto successo, è impossibile non fare riferimento alla situazione del Cara: attualmente nella struttura con capienza di circa 700 posti, sorta sulla vecchia pista dell’aeroporto militare di Bari Palese, vivono più di mille persone, di oltre 40 nazionalità.
Anche se le persone fossero 700, sarebbe comunque una situazione di sovraffollamento estremamente drammatica: 700 persone arrivate da contesti estremamente difficili, chiusi in una struttura sorvegliata, lontana dai centri abitati e dai servizi, che devono fare anche conto con la frustrazione per il tempo passato senza fare nulla, in attesa del colloquio con la Commissione che deve decidere se riconoscere o meno lo status di rifugiato. I tempi burocratici possono essere lunghissimi, per il colloquio ma anche dopo, per l’eventuale rilascio del permesso di soggiorno.
L’esasperazione porta spesso a atti di autolesionismo e a episodi di rivolta. Nell’agosto 2011, la demoralizzazione e la rabbia sono sfociate in una grande e violenta protesta, che ha coinvolto circa 300 richiedenti asilo. Erano mesi che le persone manifestavano contro i ritardi e i dinieghi dello status di rifugiato, senza ottenere alcuna risposta.