“C’illudevamo che i Cie avessero fatto il loro tempo e fossero destinati a una progressiva scomparsa, se non altro perché risultati enormemente costosi e inefficaci rispetto alla stessa finalità per cui sono stati istituiti: rendere effettivi i provvedimenti di allontanamento coattivo di persone immigrate prive del permesso di soggiorno. E, invece, dai quattro attuali si passerà ad almeno venti, estesi in tutte le regioni, tranne che in Molise e Valle d’Aosta”. E’ quanto scrive Annamaria Rivera nel suo nuovo pezzo pubblicato ieri sul blog di MicroMega. Anche noi, qualche giorno prima della presentazione ufficiale del piano avevamo espresso le nostre perplessità e preoccupazioni.
di Annamaria Rivera
E’ davvero un ritorno all’antico il nuovo piano di misure sull’immigrazione e l’asilo, annunciato dal ministro dell’Interno, Marco Minniti, di concerto col capo della Polizia, Franco Gabrielli: tutte all’insegna del più puro spirito repressivo e sicuritario; tutte volte ad accelerare la macchina dei rastrellamenti e delle espulsioni, non importa quanti e quali diritti fondamentali si violino. Lo scopo asserito è la moltiplicazione del numero di espulsioni dalle attuali cinquemila a diecimila, con l’ambizione di arrivare addirittura a ventimila, nonché l’incremento dei rimpatri forzati tramite nuovi accordi bilaterali con paesi di provenienza.
Questo scopo, a sua volta, è dichiarato come funzionale a combattere il terrorismo jihadista: come se esso non fosse anzitutto, per citare Alain Bertho, “una mortifera espressione contemporanea” della rabbia sociale e della rivolta, che la sola logica poliziesca e militare di sicuro non riuscirà ad annientare. Tuttavia, una finalità complementare del piano Minniti sembra essere quella di compiacere gli umori popolari più malsani, con l’illusoria aspettativa di sottrarre terreno alla destra dichiarata: è la strategia consueta dei “riformisti” allorché sono al governo.
Il piano evoca persino un passato assai infelice, se è vero che, tra l’altro, prevede che i richiedenti-asilo svolgano lavoro gratuito – a vantaggio non solo di enti locali, ma anche di aziende private –, in attesa che le commissioni si pronuncino sulla loro domanda. Per quanto definito con l’eufemismo di “lavoro socialmente utile”, esso sarà, di fatto, una sorta di lavoro forzato, essendo concepito come uno dei requisiti per ottenere lo status di rifugiato.
Il che equivarrebbe a sovvertire la Convenzione di Ginevra e il diritto internazionale. L’asilo è, infatti, un diritto soggettivo che non può essere subordinato a imposizioni o ricatti. Non per caso v’è l’obbligo di esaminare le richieste caso per caso, tenendo conto delle storie individuali e della forma di persecuzione subita personalmente. Se a ciò si aggiunge la prevista abolizione del grado di appello per i richiedenti-asilo – la cui domanda sia stata respinta dalla commissione ad hoc, nonché da un giudice, in caso di ricorso –, ci si rende conto di come s’intenda fare carta straccia d’un tal diritto fondamentale.
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