Con il nostro lavoro cerchiamo di combattere soprattutto il razzismo quotidiano, spesso sottile e nascosto. Qualche giorno fa, abbiamo ricevuto un messaggio da un nostro lettore, che ha voluto raccontarci quello che personalmente ha visto nella Stazione di Milano. Una segnalazione di un comportamento che, sebbene all’apparenza non illecito, esemplifica molto bene come il dibattito pubblico distorto e stigmatizzante nei confronti dei migranti, possa condizionare anche i comportamenti quotidiani, che spesso diventano offensivi anche quando non si traducono in esplicite violenze verbali o fisiche. Questa testimonianza ci rincuora poiché ci mostra che per fortuna sono ancora molte le persone sensibili alla garanzia dei diritti. Insieme a lui, abbiamo deciso di pubblicare il racconto perché resti traccia ed altri possano leggere. Che possa essere da stimolo a tutti i nostri lettori a scriverci e raccontare quel razzismo e quelle discriminazioni di cui sono testimoni, nella loro vita quotidiana.
Ieri sera ho assistito a una scena che mi ha colpito molto e che vorrei condividere. Erano le 23 circa, avevo appena salito le scale della stazione centrale di Milano, e mi trovavo nello spazio antistante a quello riservato ai controlli dei biglietti. La stazione era abbastanza affollata. Tre uomini della Polizia di Stato hanno avvicinato un ragazzo nero, intimandogli di consegnare i documenti. Il ragazzo, un po’ agitato, ha tolto dallo zaino una cartelletta nella quale evidentemente conservava quanto richiesto, i poliziotti si sono subito impossessati della cartelletta; aprendola, diversi fogli e biglietti vari sono caduti per terra. Il ragazzo li ha raccolti con cura mentre i tre uomini in divisa verificavano i suoi documenti e, accertatane la regolarità, glieli hanno riconsegnati e hanno fatto per allontanarsi da lui.
Al ragazzo però era sfuggito un biglietto, che era rimasto a terra. Stavo per avvicinarmi e raccoglierlo, ma mi ha anticipato un giovane di fianco a me, che con questo gesto ha destato l’attenzione dei poliziotti. Uno di loro, vista la scena, si è rivolto a questo ragazzo, quasi alzando la voce, e dicendogli: “Proprio di ‘sto bigliettino ti dovevi preoccupare?”. Il ragazzo ha risposto in inglese dicendo che non parlava italiano e ha cercato di spiegare il motivo del suo gesto; il poliziotto, sorridendo ironicamente, gli ha risposto: “Ecco, allora la prossima volta fatti i c….. tuoi!” E si è allontanato tra le risa dei colleghi.
Il ragazzo nero, visibilmente scosso (avendo – immagino – compreso anche le parole del poliziotto) ha ringraziato il turista con un timido sorriso e si è allontanato. Non voglio generalizzare in alcun modo, e non voglio che questa lettera diventi un pretesto per accusare la polizia e le forze dell’ordine italiane, che – ne sono fermamente convinto – nella stragrande maggioranza dei casi svolgono il proprio dovere con diligenza e responsabilità. Oltre tutto non è stato commesso – credo – nulla di illecito, ma il modo di comportarsi e l’atteggiamento tenuto da questo poliziotto mi hanno davvero colpito molto. Vorrei che tutti riflettessimo sul fatto che i toni del dibattito su questo tema sono davvero troppo alti e accesi: sentiamo ogni giorno, anche da parte di chi si appresta a prendere in mano il governo del paese, slogan e minacce nei confronti degli stranieri, spesso basati sul pregiudizio e sui peggiori luoghi comuni.
A mio parere non è questo il modo giusto per risolvere i problemi che queste situazioni portano con sé, ma anzi, in questo modo corriamo il rischio di giustificare e legittimare comportamenti e atteggiamenti come quelli a cui mi è toccato assistere. È giusto, doveroso e sacrosanto garantire il rispetto della legalità, ma in un paese civile non ritengo siano ammissibili scene del genere.
Diamoci da fare anche noi, per quanto possibile, a sconfiggere l’ignoranza, l’odio e l’indifferenza.