Finalmente anche l’Italia ha aderito al Protocollo addizionale alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica. Si tratta di un primo passo verso la ratifica del documento elaborato dal Consiglio d’Europa ed entrato in vigore il primo marzo del 2006 per contrastare la divulgazione di materiali razzisti e a sfondo xenofobo su internet. Il protocollo è stato già ratificato da 20 Stati membri del Consiglio d’Europa, tra cui Francia e Germania e firmato da altri 14, tra i quali Canada e Sud Africa. Tra i paesi che non lo hanno ancora firmato ci sono Regno Unito, Spagna, Turchia e Russia. Questo protocollo, una aggiunta alla convenzione denominata ‘Cybercrime’, mira a rendere più efficace la lotta contro il razzismo on-line. Con la firma del protocollo, l’Italia si impegna ad adeguare la propria legislazione penale al fine di perseguire i reati di hate speech ovvero la diffusione tramite internet di idee razziste e xenofobe e il ‘negazionismo’ di atti di genocidio sanzionati dal Tribunale di Norimberga e dagli altri Tribunali internazionali e attraverso la possibilità per gli Stati di cooperare nel perseguire chi commette tali reati. In realtà, il Parlamento italiano avrebbe già dovuto adeguare la propria legislazione penale in materia di contrasto alla diffusione di forme ed espressioni di razzismo e xenofobia, per conformarsi alle disposizioni comunitarie della decisione Quadro n. 2008/913/GAI del Consiglio europeo del 28 novembre 2008. Nonostante il termine previsto dalla decisione quadro, il 28 novembre 2010, sia già abbondantemente scaduto, l’Italia non ha ancora assolto agli obblighi derivanti da tale strumento di diritto comunitario.
Per approfondimenti si veda: Protocollo addizionale alla Convenzione sulla criminalità informatica, relativo all’incriminazione di atti di natura razzista e xenofobica commessi a mezzo di sistemi informatici, STCE n° : 189