Un grave caso di cronaca nell’indifferenza totale di un quartiere, della città di Torino e della stampa nazionale. Noi l’avevamo segnalato la scorsa settimana, ma davvero poche notizie hanno circolato in rete a riguardo. Nella notte fra il 7 e l’8 maggio, intorno alle 23, una molotov viene lanciata appositamente contro un camper parcheggiato davanti alla chiesa di via Negarville a Torino, quartiere Mirafiori sud. Nel camper, vivono due famiglie rom. A seguito dello sgombero del 4 marzo scorso dell’area di sosta autorizzata di Borgaretto, sita nel Comune di Beinasco, le due famiglie, che lì avevano vissuto per anni, si erano spostate in quella via di Mirafiori sud.
Una delle due donne, all’interno del camper, con suo figlio di appena 4 mesi, avverte a stento la frenata di un’auto e poi un botto. Si affaccia e vede l’inferno. Viste le fiamme già alte, ha solo la prontezza di afferrare i bambini, e insieme all’altra donna, correre lontano. Se l’attentato fosse stato compiuto poco più tardi, quando tutti già dormivano, le mamme non avrebbero avuto la prontezza di uscire. E sarebbe stata una tragedia. Mentre il camper brucia, si raccolgono una trentina di abitanti del quartiere: tutti intenti a scattare foto o a filmare, altri ridono ed osservano compiaciuti, ma nessuno accorre in aiuto.
Per fortuna, adesso sono tutti salvi e stanno bene, ma la paura è stata tanta. E le tracce di quanto accaduto hanno profondamente segnato anche i bambini.
Da tempo, su alcune pagine Facebook locali (ad es. Circoscrizione 2: Basta degrado oppure NO SUK a Mirafiori), sotto gli hashtag #BastaDegrado e #BastaFeccia, che richiamano sinistramente (!) i manifesti con cui CasaPound nel marzo 2017 ha tappezzato Torino, i residenti discutono si attivano nel fomentare, attraverso messaggi d’odio, le proteste contro il “degrado” nel quartiere. Nei vari post c’è chi paragona i rom ai “ratti”, altri esortano la popolazione a fare «quello che non fanno le istituzioni»; altri ancora, proprio sotto la foto delle famiglie vicino al camper, suggeriscono «Tanica di benzina è la risposta».
E come più volte abbiamo sottolineato nelle varie edizioni del libro bianco sul razzismo, il passo tra il virtuale e il reale può essere breve e concretizzarsi in violenze razziste. Il tentativo maldestro di certa stampa, poi, all’indomani dell’attentato, è stato quello di sminuire l’accaduto, “banalizzandolo” e “semplificandolo” ad una “faida” fra famiglie rom.
Due avvocati Asgi hanno assunto la difesa delle famiglie, raccolto e trasmesso alle autorità competenti la loro denuncia che al momento è contro ignoti (un esposto per incendio doloso e tentato omicidio).
Questa mattina, nel suo blog su ilfattoquotidiano.it, Dijana Pavlovic, attrice e attivista per i diritti umani, scrive e descrive la sua rabbia dinnanzi a quanto accaduto. E si rivolge al Presidente della Repubblica, Mattarella, alla sindaca di Torino Chiara Appendino, ma anche ai giornalisti che non hanno dedicato l’attenzione dovuta alla gravità di quanto accaduto. L’attivista si indigna non solo nei confronti di chi ha lanciato la molotov ma anche nei confronti di coloro che con i loro commenti ne hanno condiviso l’operato, hanno deriso le vittime dell’aggressione o sono rimasti indifferenti.
Chi da un lato li ha derisi, gli ha urlato contro, di sicuro non fa più rumore del silenzio e dell’indifferenza di chi, come la gente del quartiere o i giornalisti, ha preferito “vigliaccamente” tacere sull’accaduto.
Come se le vite di questi 4 bambini e delle loro madri fossero meno importanti di altre.