Il gip di Ragusa ha disposto questa mattina il dissequestro della nave dell’ong spagnola Proactiva Open Arms. La notizia arriva dopo quasi un mese di fermo: l’imbarcazione è infatti ormeggiata al porto di Pozzallo dal 18 marzo scorso. Il sequestro era avvenuto su disposizione della procura distrettuale di Catania, poi il 27 marzo il Gip aveva convalidato il fermo escludendo l’accusa di associazione a delinquere. Gli atti sono poi passati alla procura di Catania che oggi ha proceduto a dissequestrare la nave. Per la nave Juventa la stessa cosa dovrebbe essere prevista per fine aprile. Qui di seguito un appello condiviso da realtà di diverse città e che continua a raccogliere nuove adesioni ogni giorno, un invito alla mobilitazione urgente in tutta Italia, dal 13 al 25 aprile, per chiedere il dissequestro delle navi umanitarie e rompere il silenzio e l’indifferenza di fronte al naufragio dei diritti umani.
La nave della ONG Proactiva Open Arms è ancora sequestrata al porto di Pozzallo, così come la nave Iuventa della ONG Jugend Rettet al porto di Trapani. Ogni giorno in cui queste navi restano ferme è una condanna a morte per centinaia di persone che annegano o che vengono riportate indietro nell’inferno della Libia.
L’accusa di fondo è sempre la stessa: avere salvato vite umane nel Mediterraneo e, nel caso della Open Arms, avere rifiutato di consegnare le persone sottratte alla morte alla Guardia costiera libica, la cui condotta è stata definita dalle Nazioni Unite come “spericolata e violenta”. Accusa mossa da procure siciliane che sembrano avere ingaggiato una guerra aperta contro la solidarietà, come se fosse questo il problema criminale dell’Italia.
In mezzo al mare restano solo loro, i libici, a riportare indietro, donne, bambini, uomini migranti, poi rinchiusi in centri che nel memorandum di intesa firmato dall’ex premier Paolo Gentiloni con uno dei capi libici Al Serraj vengono definiti “di accoglienza” e che l’Alto commissariato Onu per i diritti umani ha definito invece “inaccettabili”, perché “la sofferenza delle persone detenute in Libia è un oltraggio alla coscienza dell’umanità”.
Viviamo in un mondo alla rovescia, dove il governo italiano, con l’approvazione dell’Unione Europea, stringe accordi con un Paese dominato da milizie e mafie cui demanda la gestione di migliaia di persone inermi, e dove chi lavora ogni giorno per salvare vite viene incriminato e messo nelle condizioni di non poterlo più fare.
Dalle Alpi al Mediterraneo, l’attacco alla solidarietà si sta intensificando in tutta Italia.
Come si chiedeva Piero Calamandrei quando, nel 1956, difendeva Danilo Dolci colpevole di lottare in modo pacifico per la giustizia sociale, noi chiediamo qui oggi: Dov’è il delitto, in che consiste il delitto, chi lo ha commesso? Che cosa avevano fatto di male questi imputati? In che senso avevano offeso la solidarietà sociale e mancato al dovere civico di altruismo?
E chiedendoci qual è il crimine e chi sono i veri criminali, ricordiamo che la Corte penale internazionale dell’Aja sta in questo momento indagando sull’ipotesi di crimini contro l’umanità per quanto avviene in Libia. E che l’Italia ha, in questo crimine, delle responsabilità dirette e inequivocabili: non sono sue le navi con cui le persone vengono respinte nell’orrore, ma le ha pagate e ha addestrato i militari che le guidano; non sono italiani i torturatori nei centri libici, ma sono persone che agiscono di concerto con chi ha stretto gli accordi con l’Italia e a cui è stato sostanzialmente detto: tenetevi i migranti, a qualunque costo, fate di loro ciò che volete.
Con questo APPELLO chiediamo alla politica italiana, ai giudici dei tribunali, alle persone comuni, di rispondere a una domanda semplice: siete d’accordo e volete essere complici di politiche che nel Mediterraneo hanno conseguenze dirette di torture, stupri, riduzione in schiavitù, uccisioni? E in nome di cosa paghereste questo prezzo? Complici che credono a un’invasione che non esiste? Complici di chi usa i migranti per costruire carriere sulla paura e la diffusione del razzismo, e per spostare l’attenzione dai veri problemi della gente che sono il lavoro e il reddito, la sanità e la scuola privatizzate e sotto attacco, la povertà e le diseguaglianze sempre crescenti? Cosa hanno a che vedere le migrazioni con tutto questo? In che modo distruggere il diritto dei diritti umani e legittimare una società incattivita e piena di odio potrà aiutarci a vivere meglio?
Rompiamo il silenzio e l’indifferenza di fronte al naufragio dei diritti umani.
· CHIEDIAMO conto di quanto sta accadendo in spregio alle convenzioni internazionali ed europee, ai nostri princìpi costituzionali, al diritto del mare, ma anche alla stessa cosiddetta civiltà giuridica europea
· CHIEDIAMO con forza l’immediato dissequestro delle navi Open Arms e Iuventa
· CHIEDIAMO la sospensione immediata dell’accordo Italia-Libia
· CHIEDIAMO accessi legali e sicuri ai Paesi europei.
Dalla Sicilia parte questo appello a convocare presìdi di fronte alle prefetture di tutta Italia, dal 13 al 25 aprile per consegnare questa lettera e le nostre richieste ai rappresentanti del governo italiano su tutti i territori.
Le realtà antirazziste siciliane
Adesioni: p.decandia@cissong.org
Arci Palermo, Artemigrante Palermo, Associazione Onlus LAB.ZEN 2, Borderline Sicilia, Borderline-Europe Caffè Internazionale, Centro Salesiano S. Chiara, Ciai Palermo, CISS/Cooperazione Internazionale Sud Sud, CLEDU- Clinica Legale per i diritti umani Università di Palermo, Comitato Antirazzista Cobas Palermo, Cooperativa Libera…mente, Emmaus Palermo, Forum Antirazzista di Palermo, Giocherenda, Gris Sicilia, H.R.Y.O./Human Rights Youth Organization, Idee in movimento, Laici comboniani Palermo, Le Onde Onlus, Missionari comboniani Palermo, Rifondazione Comunista – Palermo, Sinistra Comune, Stato Brado