“Siamo a un centinaio di persone che dormono in strada nell’accogliente città di Udine”. Lo scrive sul proprio profilo Facebook un membro della rete Refugees Welcome – FVG, costituitasi per dare una risposta alla situazione in cui versano molti migranti presenti nella regione del Friuli Venezia, a due passi da Austria e Slovenia e dalla ormai famosa Balkan route. Una risposta tutta associativa e personale, visto che le istituzioni latitano. Almeno nella città di Udine: dove, appunto, le persone dormono per strada. Perchè? Lo abbiamo chiesto a Angela Lovat, membro di Ospiti in arrivo, associazione che fa parte della rete e che da un anno è attiva sul territorio per tutelare i diritti dei cittadini migranti e dei richiedenti asilo. “Non ci sono posti nel circuito di accoglienza della città”, ci spiega Angela. Dove accoglienza è una parola grossa, come sottolinea lei stessa: oltre ai CAS (Centri di accoglienza straordinaria), predisposti in alberghi e gestiti associazioni e cooperative locali e dalla Croce Rossa Italiana, sulla base di un introito di 30 euro pro capite pro die – da aprile scorso nel capoluogo è sorta una tendopoli, all’interno della caserma Cavarzerani, da tempo in disuso. Sotto una tettoia di acciaio, in un hangar prima usato come ricovero per i mezzi pesanti, sono state poste 31 tende da 8/10 posti. E lì vengono trasferite le persone che arrivano a Udine. Non è una sistemazione autogestita: è la “soluzione” prevista dalla Prefettura. Appena aperta, la tendopoli aveva una capienza di 80 posti e veniva gestita dalla Protezione Civile. Da allora la capienza è stata progressivamente allargata fino agli attuali 300 posti, e la conduzione è passata alla Croce Rossa, che ha partecipato a un bando. Almeno stando a quanto dichiarato dalla CRI: il bando infatti pare non sia leggibile. Il 21 agosto l’associazione Ospiti in arrivo ha inoltrato la richiesta di accesso agli atti, e il 21 settembre la Prefettura ha risposto con un diniego. Nessuno quindi ha potuto vedere con quale gara la CRI abbia vinto la gestione della tendopoli, e soprattutto con quali criteri. Quello che si sa, è che la Croce Rossa prende 25 euro al giorno pro capite per amministrare la tendopoli. “Ma ci chiediamo cosa venga garantito con quei soldi”, afferma Lovat. Una domanda lecita, anche solo pensando alle problematiche presenti all’interno della ex Cavarzerani. Fino a luglio l’acqua veniva portata dai vigili del fuoco nelle autobotti; non esiste alcun impianto di riscaldamento e, mentre il freddo a Udine è già decisamente arrivato, in Prefettura si parla, senza dare alcuna indicazione temporale, di un bando di gara dietro cui appaltare il servizio; nessun corso di italiano e nessun servizio legale è stato predisposto per i profughi: cosa che, sottolinea Lovat, avviene anche nei Cas, tanto che ci sono casi di richiedenti asilo che hanno sostenuto l’incontro con la Commissione territoriale senza alcun supporto legale; non ci sono lavatrici: le persone lavano i panni a mano con una saponetta, e poi li stendono sulle reti, sotto una tettoia. I bagni sono prefabbricati: 15 wc e 11 docce. Per trecento persone, tutti uomini, cittadini afghani e pakistani. “Sappiamo che 10 euro al giorno vengono usati per i pasti, gestiti tramite un servizio di catering”, ci spiega Lovat. Cosa viene fatto con i restanti soldi, potrebbe dirlo solo il testo della convenzione: se solo venisse resa pubblico.
Ma non è questo l’unico documento di cui non viene concessa la lettura: recentemente il dirigente del comitato provinciale della Croce Rossa Fabio Di Lenardo ha infatti bloccato il trasferimento di alcuni documenti relativi alla tendopoli, richiesti dalla parlamentare del M5S Laura Castelli. La deputata, insieme a una delegazione di persone appartenenti alla campagna LasciateCIEntrare e all’associazione Ospiti in arrivo -i cui membri sono stati definiti da Di Lenardo “elementi non graditi”- ha infatti effettuato, lo scorso 9 ottobre, una visita alla ex caserma Cavarzerani, durante la quale si sono esplicitati i tanti nodi problematici della situazione. Già dall’ingresso: l’on. Castelli aveva avvisato la Prefettura, ma all’entrata della tendopoli le è stato chiesto un permesso scritto. Solo una telefonata alla Prefettura stessa ha sciolto, anche se non senza difficoltà, la situazione, permettendo alla parlamentare e a una sua assistente di compiere la visita, lasciando però fuori i membri di Ospiti in arrivo e LasciateCIEntrare. Alla richiesta di avere accesso alle informazioni amministrative (copia del bando e dei contratti di utenza acqua, lista dei presenti, date di ingresso..), l’operatrice presente aveva assicurato l’invio di una mail. Mail mai arrivata, nonostante nel pomeriggio dello stesso giorno l’on. Castelli abbia telefonato alla Croce Rossa per sollecitare l’invio. Nemmeno la richiesta diretta alla Prefettura da parte della deputata è riuscita a smuovere qualcosa dopo l’esplicita negazione dei documenti da parte di Di Lenardo.
Non è dato sapere nemmeno perché all’interno della tendopoli si trovino anche persone titolari di un permesso per protezione, già ospitati precedentemente nei CAS gestiti dalla CRI. Nè con che criteri vengano allontanate alcune persone: “regna una totale discrezionalità”, afferma Lovat. Ad esempio, denuncia sempre l’associazione Ospiti in arrivo, dodici persone con protezione sussidiaria e un richiedente asilo sono stati allontanati dopo aver manifestato per ottenere il pocket money (che la Croce Rossa ha consegnato loro a seguito della protesta, motivando il ritardo con il fatto che la prefettura non aveva effettuato i pagamenti), e dopo aver testimoniato in un video l’inadeguatezza della tendopoli come struttura di accoglienza per persone già in possesso dei documenti, che dunque non necessitano prima accoglienza, bensì l’avvio di un percorso di inserimento socio-economico che possa portare all’autonomia.
Nella tendopoli ci sarebbero anche dei minori, i quali, stando a quanto dichiarato alla deputata dall’operatore presente alla visita, avrebbero un tutore. Chi? Il primo maggiorenne che la polizia riesce ad individuare già in frontiera. “Ad esempio, il numero 517 è tutore di 3 ragazzi”, afferma l’operatore, specificando inoltre di aver pagato di tasca propria i medicinali per gli “ospiti” durante i primi quindici giorni di attivazione della tendopoli.
Nessuna informazione si ha, inoltre, a proposito della ristrutturazione in atto, gestita dalla Regione: sulla caserma si stanno infatti compiendo dei lavori, che dovrebbero portare alla costruzione di un dormitorio, di alcune stanze per i corsi e di un centro medico fisso, mentre una parte verrà occupata da uno sportello della Questura. Di fronte al fatto che le persone dormono all’interno di tende in un edificio abbandonato, se non per strada, si potrebbe pensare che la creazione di una struttura fissa sia un passo in avanti. Ma davanti a “soluzioni” di questo tipo ci si deve chiedere che tipo di inserimento sociale ed economico si pensa di ottenere, prevedendo per le persone strutture solo per loro, con servizi solo per loro. “E’ una proposta segregante”, dichiara Lovat, sottolineando il fatto che “la creazione di uno sportello della Questura all’interno ci preoccupa molto, non ne capiamo le motivazioni”. Ad ogni modo, tutto questo doveva essere finito per settembre: siamo a inizio novembre, i lavori non sono ancora conclusi e manca il riscaldamento.
Intanto le persone continuano a dormire al freddo: in tenda, o per strada. Coperte e tè caldo vengono distribuiti da alcune persone, per lo più membri di Ospiti in arrivo, in modo del tutto volontario.