L’aereo è decollato. Con le persone dentro. La frase, lapidaria, arriva da un poliziotto di guardia all’ingresso del Terminal 5, aeroporto di Fiumicino. L’aereo è un velivolo della compagnia Meridiana. Le persone coinvolte dovrebbero essere circa venti donne nigeriane. Il condizionale è d’obbligo, perché le informazioni che arrivano – quando arrivano – non hanno alcuna forma ufficiale. Sembra che non sia lecito per nessuno sapere cosa stia succedendo, da questa mattina, all’interno del Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria (Roma). Ma l’allarme che è stato lanciato parla chiaro: stanno deportando le ragazze.
“Le ragazze” sono venti delle sessantasei donne nigeriane che lo scorso 26 luglio sono state rinchiuse nel Cie. Arrivate in due gruppi, alcune in Sicilia e altre a Lampedusa, sono state identificate tramite fotosegnalamento. Nessuno ha comunicato loro la possibilità di chiedere protezione né fatto domande sul viaggio. E dire che sarebbe bastato chiedere quanto hanno pagato il trasporto in mare, per capire che c’era qualcosa di strano: nessuna di loro ha pagato nulla, un chiaro segnale che le ragazze sono vittime di tratta. Nessuno deve averle nemmeno guardate, visto che portano sulla pelle i segni più che visibili delle percosse e delle violenze subite. Al contrario, le donne sono state trasferite senza alcun tipo di comunicazione nel Cie, dove hanno trovato subito il console nigeriano ad attenderle per l’identificazione e il conseguente rimpatrio immediato. Solo grazie all’allarme lanciato dalla cooperativa Be Free, che ha uno sportello di consulenza all’interno della struttura detentiva di Ponte Galeria, una delegazione della campagna LasciateCIEntrare è entrata a fine agosto all’interno del Cie, incontrando le ragazze. Le quali hanno chiesto il motivo della detenzione, hanno parlato del lungo e drammatico viaggio che hanno fatto, hanno mostrato i segni delle violenze. E’ tutto testimoniato anche in un servizio video andato in onda al Tg2. Le donne hanno finalmente potuto presentare domanda di asilo. Quattro sono state accolte in un percorso di protezione. Quaranta invece hanno ricevuto il diniego dalla Commissione per il riconoscimento della protezione, e conseguentemente l’ordine di rimpatrio. Contro i provvedimenti sono stati presentati ricorsi e sospensive del mandato di espulsione verso la Nigeria. Un paese, va sottolineato, dove la Farnesina sconsiglia di recarsi. Un paese da cui provengono le immagini terrificanti dei sequestri e delle violenze perpetrate da Boko Haram. #bringbackourgirls, recitava tempo fa un hashtag diventato virale, proprio per sollevare l’attenzione sulla sorte di molte donne rapite dal gruppo terroristico nigeriano. Mentre l’Italia le sta deportando proprio in quell’inferno. Mettendo a serio rischio la loro vita, come denuncia anche l’europarlamentare Barbara Spinelli, sottolineando che durante i colloqui con le ragazze gli avvocati non sono stati ammessi.
Era già criminalmente assurda la reclusione di queste ragazze in un posto del genere: avrebbero bisogno di accoglienza, avrebbero diritto per legge alla protezione, invece sono state chiuse in una struttura deumanizzante, le cui condizioni sono da tempo denunciate dalla campagna LasciateCIEntrare, e il cui solo scopo è l’espulsione, non certo l’accoglienza. Anche il sindaco di Roma Ignazio Marino ha parlato loro, incredibilmente, di protezione, durante una visita effettuata la settimana scorsa. Di fronte a questa terribile situazione, si è riusciti addirittura a fare di peggio.
Intorno alle alte sbarre di ferro e ai muri che circondano il Cie non c’è nulla: un vuoto desolante fa si che nessuno senta le grida che provengono da dentro. E oggi le grida sono alte, perché le persone provano a resistere alla deportazione. Alcune persone, solidali con i migranti, hanno raggiunto il Cie, e provano a mettersi in contatto telefonico con i reclusi e le recluse. Una donna nigeriana spiega che questa mattina i poliziotti, insieme agli operatori di Gepsa, ente francese gestore del Cie, sono venuti a prelevare alcune delle sue compagne. E afferma che con loro c’era un funzionario del consolato nigeriano. Dopo qualche ora, due blindati arrivano davanti al Cie: scendono i poliziotti in assetto antisommossa che spintonano le persone accorse in solidarietà con le recluse. Nel frattempo esce un pullman con sopra le ragazze che gridano contro i finestrini. Si muove verso l’aeroporto di Fiumicino.
Sembra che cinque ragazze, quelle con la sospensiva confermata dal Tribunale di Roma, siano state fatte scendere dall’aereo. Sembra, perché nessuno fornisce informazioni ufficiali. Ma il gruppo era di venti: per tutte era stata richiesta la sospensiva del provvedimento di espulsione, il Tribunale stava analizzando le richieste. Il volo intanto è decollato. Il Viminale, contattato da Gabriella Guido, portavoce di LasciateCIEntrare, non risponde.
Serena Chiodo
Questo articolo è pubblicato anche su Il Manifesto.