Giovedì scorso, un bambina di 14 mesi è caduta nelle acque del Tevere, a Roma. Ricoverata presso il reparto di Terapia Intensiva Pediatrice del Policlinico Gemelli, è deceduta sabato.
La piccola era sfuggita al controllo dei genitori, cadendo nel fiume. Ma la famiglia non stava facendo una passeggiata. La famiglia della bambina vive sulle sponde del Tevere, sotto ponte Testaccio, in una baracca. Ma non è la disattenzione dei genitori la causa della morte della bambina. E’ un’intera società, e le sue istituzioni, che sono disattente verso molte persone.
In questo caso, è stata una famiglia di rom rumeni a essere colpita dall’incuria sociale. Un’incuria che è proseguita anche dopo la tragedia avvenuta. Nessun tipo di sostegno è stato dato alla famiglia, anzi: secondo l’associazione 21 Luglio, il giorno dopo la morte della bambina le forze dell’ordine hanno preavvisato la coppia dell’imminente sgombero dell’area.
Una situazione che ha spinto l’associazione a lanciare una sottoscrizione per sostenere la giovane coppia nelle spese per il funerale e per il rimpatrio del corpo della figlia. Inoltre, la 21 Luglio fornirà assistenza legale alla famiglia, che in questi giorni sarà ascoltata in tribunale per ricostruire la vicenda. “A distanza di giorni – spiega l’associazione – la famiglia, che ancora vive nella baracca lungo il fiume, non ha ricevuto alcuna assistenza dal Comune di Roma”.
I genitori, intanto, hanno dato il consenso alla donazione degli organi della figlia. Un gesto che ha ricevuto il plauso delle istituzioni: “La tragedia della piccola rom e la coraggiosa decisione dei suoi genitori – ha affermato in una nota il Ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione Andrea Riccardi – ci fanno riflettere sulle condizioni di degrado e di precarietà nella quale, a due passi dalle nostre case, vivono donne, uomini e bambini; ma anche sulla necessità di lavorare di più per il dialogo e l’integrazione”. Necessità reali, che richiederebbero, più che parole, prese in carico serie e concrete.