Il Comune di Roma decide di trasferire circa 70 Rom, tra cui 33 bambini e 22 donne, in un centro nel quartiere periferico di Torre Maura, accanto a un lotto di case popolari. Il centro fino a poche settimane fa ospitava dei richiedenti asilo, mentre i nuovi ospiti provenivano da un centro nella vicina Torre Angela.
L’arrivo dei nuovi ospiti ha generato piccole proteste che nel corso della giornata sono diventate più grandi e violente. Ai tumulti hanno naturalmente partecipato esponenti dei gruppi dell’estrema destra fascistoide CasaPound e Forza Nuova. La presenza dei militanti che gridano alla “sostituzione etnica” ha contribuito ad accendere gli animi. Cassonetti dati alle fiamme, cibo calpestato e dietrofront del Comune, che ha promesso che entro una settimana queste persone verranno di nuovo trasferite.
Le proteste sono state attraversate da slogan razzisti: i “Rom rubano”, “devono morire di fame” e così via. Non è la prima volta che accade, specie quando sono coinvolti i Rom e quando ci sono i militanti di estrema destra a fomentare la rabbia per le condizioni in cui si vive.
Non è neppure la prima volta che il Comune delocalizza vicino al Raccordo Anulare in un’area della città cresciuta in maniera disordinata da sempre, su una strada consolare particolarmente stretta, tra le più abbandonate in termini di servizi. I grandi campi Rom dei decenni passati erano localizzati proprio negli spazi lasciati vuoti dalla crescita a macchie di leopardo della città in direzione est.
Questa ennesima brutta vicenda di razzismo e scontro tra diversi disagi è una nuova tappa di un brutto clima. Ma viene da lontano. E c’è, non da ora, la presenza dei gruppi di estrema destra che non perdono occasione per indicare un nemico debole contro cui prendersela (qualcuno ricorda le proteste contro un centro per minori stranieri messe in scena a Tor Sapienza nel novembre 2014?). Se si tratti o meno dell’inizio di una campagna in cui le varie destre puntano a prendersi il Campidoglio, è presto per dirlo. Ma cose così ne vedremo ancora. Specie a ridosso della fine del mandato della sindaca Raggi (cfr i due tweet qui sotto). Il fatto che la procura indaghi anche per danneggiamento e minacce con l’aggravante dell’odio “razziale”, è un bene.
Caos Rom nella Capitale. No ad ogni forma di violenza, no allo scaricare su periferie ogni problema. Ribadisco obiettivo per cui sto lavorando: ZERO campi Rom entro fine del mio mandato.
Chi si integra è benvenuto, chi preferisce rubare verrà mandato altrove. #TorreMaura— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) April 3, 2019
Caro Sindaco le periferie sono abbandonate! Aspettano risposte e soluzioni, ma arrivano solo sfratti e ROM a spese dello Stato. Volevate uno striscione arcobaleno con scritto “benvenuti”? Vivete nei Palazzi, fuori dal mondo e vi permettete anche di giudicare! #TorreMaura https://t.co/Ve0K5N68Z5
— Simone Di Stefano 🇮🇹 (@distefanoTW) April 3, 2019
C’è poi la gestione delirante della presenza dei Rom in città che viene trattata come un’emergenza costante, spostata lontano dagli occhi della città che conta – il sindaco Veltroni fece chiudere i campi abusivi trasferendo la popolazione Rom in “villaggi della solidarietà” fuori dal Raccordo Anulare. Alemanno proseguì nell’opera a seguito della proclamazione nel 2008 “dell’emergenza nomadi” da parte del Governo Berlusconi. Anche oggi siamo di fronte a una soluzione che era già precaria che, dopo la rivolta, produrrà nuovi spostamenti. Si dice che i Rom non mandano i figli a scuola – e ovviamente casi ce ne sono – ma spostarli come pacchi postali che il mittente non vuole ricevere non è certo un modo per favorire l’inclusione scolastica e sociale dei minori.
Parallelamente, il trattare i campi e gli insediamenti come emergenze determina disagi per chi ci vive intorno: Roma nel 2019 è una città disordinata, sporca, maltenuta e la presenza degli insediamenti spontanei o meno non aiuta a renderla vivibile. Tra l’altro le case popolari del quadrante est – come tutte le altre – sono abbandonate a loro stesse e prive di manutenzione: l’assenza di riscaldamento in alcune di queste per un guasto era finita sui giornali lo scorso inverno. Ed è nel quadrante est che si trova un terzo degli Sprar presenti a Roma.
Attenzione però: qui non parliamo di grandi numeri e neppure di insediamenti, siamo in presenza di un centro di accoglienza che si suppone sottoposto a controlli e gestito in maniera funzionale – e se così non fosse sarebbero di nuovo le istituzioni o gli enti gestori ad averne le responsabilità. Come per la scuola, poi, vale la questione delle opportunità per i Rom di uscire dalla marginalità: più vivi in condizioni di esclusione e più c’è la possibilità che tu commetta reati. Nelle case popolari e nei quartieri più degradati e dove le istituzioni sono assenti o ci sono solo le auto della polizia c’è in media più piccola criminalità – italiana, straniera o marziana che sia.
Torniamo al ruolo delle istituzioni e ricordiamo che il piano della sindaca è del maggio 2017 e che l’affidamento della gestione di strutture come quella in questione è stato al centro di tutto quel che è andato sotto il nome di Mafia Capitale e che, dunque, l’emergenza continua non è efficace e neppure sana. Dal 2017 a oggi abbiamo visto sgomberi come quello del Camping River senza che la maggioranza delle persone che ci vivevano abbia trovato alternative. Il piano Raggi prevedeva il superamento dei campi per soli Rom. Nei giorni scorsi, invece, d’accordo con il Viminale, nei campi sono arrivati i militari a gestire l’ordine al posto dei vigili urbani. Un modo come un altro per ribadire che quella dei Rom è un’emergenza (l’emergenza Nomadi venne decretata dal ministro Maroni) e trattare problemi veri come questioni di ordine pubblico e non di diritti delle persone. Quelli dei 70 Rom e quelli degli abitanti di un quartiere di periferia.