L’altro ieri un uomo ha insultato una ragazza incinta sul tram n.4 di Torino. I due, intorno alle 13, erano entrambi in piedi sul tram, quando la ragazza, araba, avrebbe accidentalmente urtato l’altro passeggero, un uomo italiano di 50 anni, che anziché accettare le scuse ha reagito in modo violento, alzando i toni e urlando verso di lei parolacce e insulti razzisti.
Quando il fatto è accaduto, era presente sul tram anche il controllore. Diversi passeggeri, per fortuna, secondo quanto riportato dalla stampa, sono intervenuti per calmare la situazione e soccorrere la ragazza, che in seguito all’aggressione si è sentita male e si è accasciata sul pavimento del mezzo pubblico, mentre non sono mancati commenti razzisti e xenofobi: “Tornassero al loro Paese tutti quanti“, “Vestita così per forza si sente male“, “Ha fatto solo una scenata” (torinooggi.it). “Solo una scenata” che ha indotto l’autista a fermare il tram e a chiamare sul posto l’ambulanza, che ha portato la ragazza in ospedale, e le forze dell’ordine, per i dovuti accertamenti. Nei confronti dell’uomo non è stato preso nessun provvedimento: la donna, se vorrà, potrà sporgere querela. Per fortuna la caduta non ha avuto conseguenze gravi.
Il problema è che un certo tipo di atteggiamento, per il tono, i contenuti e il linguaggio, non sarebbe stato tollerato qualche tempo fa. Oggi, invece, continuiamo a spostare sempre più in là il limite di cosa possiamo tollerare. Fino a pochi anni fa esprimere apertamente idee razziste era considerato riprovevole, si rischiava di incontrare disapprovazione sociale e di suscitare indignazione.
Oggi, invece, assistiamo sempre più frequentemente a esempi di razzismo, da parte di chi non si comporterebbe allo stesso modo con un estraneo italiano perché sa che probabilmente non riceverà nessuna critica particolare da parte dei presenti.
Il modello di vita urbano e le nuove modalità di relazione che passano attraverso la rete tendono a non creare legami e solidarietà, anzi sembrano favorire la frammentazione delle relazioni, rendendoci estranei. Individualismo e paura rendono le persone sono sempre più sole, chiuse ciascuna nelle sue paure e pronte a costruire muri o a reagire in modo violento con chi è percepito come un estraneo.
Per questo è importante lavorare per costruire una comunità, dove convivere, vivere assieme nel rispetto l’uno dell’altro, non semplicemente “tollerandolo”. È un processo che richiede un impegno paziente nella costruzione di nuove occasioni di confronto e di relazione.