Sono state rimpatriate le persone identificate dalla polizia come responsabili degli incendi che pochi giorni fa hanno reso inagibili due moduli del Cie di Torino. Si tratta di quattro cittadini nigeriani, imbarcati ieri mattina su un volo charter insieme ad altri 20 connazionali.
All’origine della protesta messa in atto domenica scorsa dai reclusi, culminata con l’incendio delle zone rossa e viola del Cie di corso Brunelleschi, ci sarebbe proprio la programmazione del volo per il rimpatrio dei venti cittadini del paese centrafricano.
Il gesto dei nigeriani era stato anticipato dal rogo che un giovane recluso tunisino avrebbe appiccato sabato scorso nell’area chiamata “ospedaletto”. Dopo essere stato interrogato dalle forze dell’ordine, il ragazzo era stato messo in isolamento.
I giorni seguenti, i reclusi identificati come responsabili degli atti di protesta (il tunisino e sei nigeriani) sono stati tratti in arresto dalla polizia, ma immediatamente scarcerati dal tribunale: il giudice non avrebbe infatti rinvenuto l’esigenza di trattenerli in carcere.
L’autorità giudiziaria ha dato l’autorizzazione a procedere all‘espulsione definitiva dal territorio nazionale: ieri mattina dall’aeroporto Pertini di Caselle è partito così un volo charter, con a bordo quattro dei sei responsabili dei roghi, più le venti persone, tutte nigeriane, delle quali era già programmato il rimpatrio. Un’operazione che sa di pesante sanzione, visto anche che inizialmente le persone interessate dal provvedimento avrebbero dovuto essere “solo” venti.
Una disposizione, inoltre, che in modo coatto riporta delle persone in un paese che avevano scelto di lasciare, forse per le stesse ragioni per cui il Ministero degli esteri italiano sconsiglia vivamente di andarci: “frequenti atti di terrorismo, insicurezza diffusa, rischio di violente sommosse, aggressioni, instabilità”, come si legge sul sito curato dal Ministero Viaggiaresicuri.it.
In questa vicenda, è importante ricordare le sentenze dei tribunali di Crotone e Milano, che in sostanza hanno considerato le proteste per cui erano stati accusati alcuni reclusi nei diversi Cie come reazioni a situazioni “oggettivamente caratterizzate da consistenti limitazioni della libertà personale”, o meglio ancora come, citando la sentenza emessa dal tribunale di Crotone, “una difesa proporzionata all’offesa”.
Infine, sulla struttura detentiva di corso Brunelleschi si è espresso recentemente anche il Consiglio comunale, approvando una mozione che chiede “ufficialmente al Governo di superare nel più breve tempo possibile il Cie”, considerando anche “i tanti episodi di rivolte e di fughe, di suicidio, di autolesionismo, il racconto delle violenze subite, lo stato di prostrazione che provocano anche pochi giorni di detenzione, l’alto tasso di consumo e abuso di psicofarmaci indispensabili a sopportare un “regime carcerario”. Condizioni denunciate già nel 2007 dal rapporto della Commissione De Mistura istituita dal governo italiano.
A tutto questo, però, il Ministero dell’interno sembra rispondere, ancora una volta, esclusivamente in modo repressivo.