Per la seconda notte di seguito, il centro di accoglienza sito in viale Giorgio Morandi, nel quartiere Tor Sapienza -periferia est di Roma -, è stato oggetto di una violenta aggressione. Bombe carta, pietre e fumogeni sono stati lanciati all’indirizzo del centro, che non ospita “circa 60 nigeriani”, come è stato scritto dalla maggioranza dei quotidiani: “in realtà è una enorme struttura su sei piani che ospita un CPA (centro di prima accoglienza dedicato ai minori stranieri non accompagnati), uno SPRAR (Servizio Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati), una casa famiglia, e uffici della cooperativa”, sottolinea una operatrice della struttura. La cooperativa è Un Sorriso, che gestisce il centro su appalto del Viminale.
Dopo l’aggressione avvenuta tra lunedì e martedì, anche questa notte circa un centinaio di persone hanno assalito il centro. “E’ stata un’iniziativa spontanea di alcuni abitanti esasperati. Non è una questione di razzismo né di ronde, siamo solo stanchi, non ne possiamo più. Negli ultimi giorni ci sono stati scippi, un tentativo di stupro e furti negli appartamenti”, affermava ieri, dopo la prima nottata di tensione, Tommaso Ippoliti, presidente del comitato di quartiere Tor Sapienza, di cui il quotidiano La Repubblica riporta le parole. “E’ da tempo che segnaliamo la nostra situazione alle istituzioni, che però non intervengono. Abbiamo bisogno di aiuto perché ormai siamo al limite”.
L’aggressione al centro avvenuta due notti fa sarebbe scaturita proprio dopo il tentativo di violenza che una ragazza avrebbe subito nel parco di via Tranquillo Cremona. Secondo le voci che girano nel quartiere “sarebbero stati alcuni dell’est”. Un’indicazione estremamente generica e non supportata da indagini. Ad ogni modo, nel centro non è presente alcuna persona “dell’est”. Così come gli episodi per cui si lamentano i cittadini residenti non sono riconducibili – almeno non tutti – ai migranti del centro di accoglienza, che secondo gli abitanti del quartiere si esporrebbero nudi dalle finestre, molestando i passanti. “Stop invasione”, “Basta immigrati incivili”, si legge su due striscioni. La collera è stata dunque canalizzata contro i migranti presenti nel centro. Ma se ci si sofferma su quanto successo e sulle parole dei residenti, si ha piuttosto l’impressione di trovarsi di fronte a un coacervo di rabbia covata, senso di abbandono, percezione di esclusione dal tessuto sociale. Sentimenti facilmente strumentalizzabili dall’estremismo di destra. “Viva il duce”, “bruciamoli”, “negri di m…”, “andate a casa vostra a violentare le donne” sono alcune delle frasi che hanno accompagnato le aggressioni. Anche se chi era presente, operatori e attivisti accorsi per capire cosa stava succedendo, parla più di singoli individui che di veri e propri gruppi organizzati. Anche se non è mancato, durante le aggressioni, l’intervento di alcuni membri dei movimenti di estrema destra.
Viale Giorgio Morandi è circondata da edifici enormi. Molte sono case popolari. Da anni i residenti si lamentano per la prostituzione presente nelle strade, dove i rapporti sessuali vengono consumati alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti, anche dei minorenni. Lo stesso per quanto riguarda lo spaccio di sostanze stupefacenti. L’illuminazione del quartiere è carente: i lampioni, sempre rotti, secondo le testimonianze degli abitanti sarebbero stati riparati in fretta e furia solo dopo l’aggressione di lunedì sera. “Il quartiere di Tor Sapienza, e in particolar modo le case popolari di viale Giorgio Morandi, sono luoghi di situazioni sociali precarie”, scrive una operatrice del centro, che ogni giorno entra in quella struttura ora bersaglio dell’esasperazione dei residenti. Le condizioni in cui versa il quartiere rappresentano il terreno fertile per lo sviluppo di “ideologie fasciste e razziste veramente pesanti”, denuncia ancora l’operatrice. Non è infatti la prima volta che i migranti del centro subiscono aggressioni e minacce. Anche gli operatori spesso vengono presi di mira, in quanto colpevoli di aiutare “gli stranieri”. Alle segnalazioni degli operatori, è sempre seguito un nulla di fatto.
Lo stesso si può dire per le varie richieste avanzate dagli abitanti: da anni i cittadini chiedono una maggiore presenza delle istituzioni. Alessandro Rosi, assessore al sociale del V municipio, oggi si è recato nel quartiere: “E’ riduttivo pensare che il problema siano 36 ragazzi adolescenti (i minori attualmente presenti nel piano dedicato alla prima accoglienza). Il disagio è più grande”, afferma.
Camminando per il quartiere, ascoltando i residenti, gli operatori del centro di accoglienza e i migranti presenti nella struttura, la sensazione è che la vita, a Tor Sapienza, non sia troppo facile in generale. Né per i residenti, né per i migranti del centro. Oggi uno di loro, un ragazzo minorenne originario del Bangladesh, è stato aggredito fuori dal centro e ora si trova in ospedale. “Sono ragazzi che hanno già vissuto maltrattamenti e che dovrebbero essere protetti” – afferma l’operatrice – “ragazzi che per colpa di una organizzazione della legge italiana folle aspettano da più di un anno i loro documenti”. Anche loro esasperati dalle attese burocratiche, esausti per le condizioni precarie in cui vivono all’interno del centro, nato nel 2011 a seguito dell’Emergenza Nord Africa, diventato centro per minori e ora anche Sprar. Il tutto senza alcun reale cambiamento strutturale, con gli operatori sommersi di lavoro che effettuano turni di notte massacranti per uno stipendio irrisorio considerate le responsabilità che gravano su di loro. Durante le aggressioni, ad esempio, “sono stati lasciati soli due operatori in turno con 90 utenti, 100 poliziotti in assetto antisommossa e un quartiere in rivolta. Cooperativa: assente. Come sempre”, afferma un operatore accorso ieri al centro.
“Siamo arrivati alla disperazione. Siamo sempre al punto di partenza”, commenta una donna del comitato di quartiere. “Non se la prendono – afferma parlando dei vicini di casa che urlano arrabbiati – con chi ha la pelle scura, se la prendono perché non sono tutelati e dopo alcuni episodi francamente preoccupanti hanno reagito. Questa è una periferia depressa e impoverita. Chi si farà carico del loro problema?“.
“Noi stiamo intervenendo con alcuni strumenti che abbiamo, potenziando le telecamere e i controlli – ha commentato l’assessore alla Roma Produttiva, Marta Leonori, intervenendo a Le Strade di Roma su Radio Città Futura – Dove ci sono delle tensioni bisogna agire con ‘puzzle’ di interventi che non siano solo il presidio delle forze dell’ordine ma anche ricreare una serie di opportunità per i quartieri affinché non si sentano trascurati”. Giusto. Per ora però l’unico intervento che si è visto è quello della polizia, sull’onda dell’emergenza che si è creata.
Ieri, durante l’assemblea, alcuni dei presenti proponevano un’analisi critica: “Ma non capite che è una guerra tra poveri? Non vedete che questi son stati scaricati come noi lontano dal centro, come la spazzatura?”. Alcuni annuiscono. La maggior parte, però, si organizza per partecipare alla manifestazione di sabato 15, a piazza dell’Esquilino. Un appuntamento lanciato dal Coordinamento Ponte di Nona, dal Coordinamento periferie e da gruppi di estrema destra “per manifestare contro il degrado in cui versa Roma”: lo si legge sul sito di Gianni Alemanno, il quale annuncia la propria partecipazione. Impossibile non ricordare che proprio lui fino all’anno scorso amministrava la città. Impossibile non pensare alla strumentalizzazione di situazioni, che necessitano piuttosto di interventi sociali e attenzione politica: invece, da alcune parti si soffia sul fuoco. “Ogni violenza va sempre condannata ma l’immigrazione incontrollata e il razzismo nei confronti degli italiani rischia di alimentare reazioni sbagliate”, afferma Matteo Salvini, segretario federale della Lega Nord, annunciando che la prossima settimana visiterà i territori romani.
Al di là delle frasi demagogiche, l’immigrazione non ha nulla a che vedere con quanto sta succedendo a TorSapienza, che ricalca alcune situazioni già viste in altre periferie romane. La responsabilità è tutta politica. Interi territori sono stati abbandonati da istituzioni sorde agli appelli dei residenti. Nessuno si è fatto carico di alcune questioni sociali, che sono state semplicemente delocalizzate, diventando problemi che si sono sedimentati fino a esplodere con forza contro il capro espiatorio più facile da trovare.
A Tor Sapienza la responsabilità politica è palese, da qualsiasi punto di vista si osservi la situazione: l’insediamento rom di via Salviati è la palese dimostrazione dell’assenza di politiche sociali inclusive verso la minoranza rom, segregata e ghettizzata, abbandonata in condizioni indegne di un paese civile. La microcriminalità è diffusa, lo spaccio totalmente tollerato. I servizi per le persone sono assenti, in un territorio trasformato in quartiere-dormitorio. Per non parlare dell’accoglienza dei migranti: un piano del centro è stato trasformato in Sprar da un giorno all’altro, senza che ci sia stato un reale cambiamento strutturale. I servizi di accoglienza sono esternalizzati, come avviene in tutto il territorio nazionale, e la gestione è in appalto a cooperative, cosa che ha dato vita a un giro di affari le cui conseguenze negative ricadono sui migranti “ospiti” e sugli operatori sociali. In generale gli interventi politici, quando ci sono, restano solo nell’ambito dell’emergenza e dell’ordine pubblico: non c’è alcuna costruzione di un tessuto sociale, di una rete, di percorsi di inclusione duraturi. Occorre ora una risposta forte: delle associazioni e dei singoli che, rifiutando di essere strumentalizzati a fini propagandistici, riconoscano i reali responsabili di una situazione prevedibile, e a loro chiedano conto.
Serena Chiodo