La prima sezione civile del Tribunale di Milano, il 13 giugno, ha condannato Editoriale Libero srl in merito alla portata “diffamatoria” di un editoriale, firmato da Vittorio Feltri (anche lui parte resistente nel procedimento), dal titolo “Turpe speculazione. Elenco dei papponi che si arricchiscono con la tratta dei neri. Nel 2016 fatturati miliardari per coop ed associazioni cattoliche” (qui il pdf).
Si tratta di un editoriale che risale al 2017, nel quale, in prima pagina, con tanto di titolone si faceva riferimento all’accoglienza dei richiedenti asilo, allegando una tabella in cui si citava esplicitamente, tra le altre, la cooperativa sociale “Intrecci” che ha sede a Rho (Milano).
Quest’ultima depositava un ricorso, nel febbraio 2017, chiedendo ai giudici di accertare innanzitutto il carattere discriminatorio, e poi diffamatorio della condotta del quotidiano, nonché della sua principale penna, poiché integrava l’ex art 2 D.vo 215/03. Sostenendo, in buona sostanza, che l’editoriale di Libero avrebbe contribuito a creare un clima “intimidatorio, ostile degradante ed offensivo e renderebbe più difficoltoso per i richiedenti asilo accedere alle prestazioni di assistenza e costituirebbe molestia per l’attrice, che si occupa esclusivamente della attività a favore del gruppo protetto”.
I giudici, tuttavia, hanno motivato la condanna non tanto sulla base del carattere discriminatorio e/o “molesto” della condotta di Libero e di Feltri, quanto piuttosto accertandone la portata “diffamatoria” ai danni della Cooperativa.
La Caritas Ambrosiana, in comunicato stampa, rende noto che il giudice, nel dispositivo della sentenza, ha riconosciuto che il titolo del quotidiano “ha volontariamente ricercato l’offesa gratuita nei confronti di chi lecitamente percepisce contributi per lo svolgimento di essenziali attività d’assistenza”.
Per l’enfasi dell’articolo (“pubblicato in prima pagina, quasi fosse la notizia del giorno”) e l’esclusiva finalizzazione “alla derisione ed insinuazione del carattere para-delittuoso del ricevimento di fondi per lo svolgimento delle attività” della cooperativa, Libero è stato condannato a risarcire i danni per un totale di 25.000 euro.
Inoltre, il Tribunale ha ordinato la deindicizzazione dell’articolo dai motori di ricerca generali e la creazione nell’articolo archiviato di un link di riferimento alla sentenza stessa. Infine, ha ingiunto la pubblicazione del dispositivo della sentenza su Libero, a caratteri doppi del normale.
La Caritas Ambrosiana si augura che questa sentenza aiuti a “ristabilire i termini del dibattito pubblico anche su un tema così divisivo come è diventato quello delle migrazioni”. E ce lo auguriamo anche noi, visto che non è la prima volta che lo stesso quotidiano viene accusato di utilizzare titoli diffamatori e discriminatori, attraverso il solo uso del linguaggio. Forse Libero dimentica (spesso) che le parole sono pietre e che la libertà di espressione trova un limite nella necessità di fornire una corretta informazione.