E’ online, da ieri, lunedì 25 giugno, la terza edizione della Mappa dell’Intolleranza, il progetto ideato da Vox- Osservatorio Italiano sui diritti, in collaborazione con l’università Statale di Milano, l’università di Bari, La Sapienza di Roma e il dipartimento di sociologia dell’università Cattolica di Milano. Al suo terzo anno di rilevazione, la mappatura consente l’estrazione e la geolocalizzazione dei tweet che contengono parole considerate “sensibili” e identifica le zone dove l’intolleranza è maggiormente diffusa. I gruppi bersaglio sono 6: donne, omosessuali, immigrati, diversamente abili, ebrei e musulmani. Strumento essenziale per la mappatura del cosiddetto hate speech, la Mappa dell’Intolleranza si è rivelata anche un valido mezzo per individuare e combattere i fenomeni di cyberbullismo. Nel periodo esaminato, tra maggio e novembre 2017 e marzo- maggio 2018, risultano evidenti alcune importanti variazioni rispetto agli anni passati. Innnazitutto, sommando i cluster che si riferiscono a xenofobia, islamofobia e antisemitismo (quindi atteggiamenti di forte intolleranza contro migranti), la percentuale dei tweet dell’odio si attesta al 32, 45% del totale nel 2017 e sale al 36, 93% nel 2018. Sono stati estratti e analizzati 6.544.637 tweet, rispetto ai 2.659.879 della Mappa anno 2, rilevati tra maggio e novembre 2017, e tra marzo e maggio 2018, considerando 76 termini sensibili. Tra questi, 547.151 sono stati i tweet negativi. I termini sono stati individuati a partire da quelli che nelle rilevazioni precedenti sono risultati più frequenti; inoltre, è stata diffusa a livello nazionale una survey online, che chiedeva agli intervistati di indicare 5 termini negativi che rivolgerebbero a ognuno dei 6 gruppi di persone. Sebbene non sia possibile calcolare un preciso tasso di risposta, delle 1358 persone che hanno avuto accesso alla survey, 935 (69%) hanno completato il questionario. Il risultato sono le cartine termografiche dell’Italia. Quanto più “caldo”, cioè vicino al rosso, è il colore della mappa termografica rilevata, tanto più alto è il livello di intolleranza rispetto a una particolare dimensione in quella zona. Aree prive di intensità termografiche non indicano assenza di tweet discriminatori, ma luoghi che mostrano una percentuale più bassa di tweet negativi rispetto alla media nazionale. Sebbene tra i social network non sia quello maggiormente utilizzato, il fatto che Twitter permetta di re-twittare dà l’idea di una comunità virtuale continuamente in relazione e l’hashtag offre una buona sintesi del sentimento provato dall’utente. Il lessico dell’odio infine annovera termini dialettali e termini usati comunemente per indicare categorie di persone considerate spregevoli, oltreché insulti e turpiloquio. Attraverso l’analisi comparata dei picchi di tweet negativi con i fatti di cronaca, infine, lo studio condotto con la Mappa ha potuto evidenziare i seguenti punti:
– L’estremismo online può corrispondere prima o dopo a forme di estremismo offline.
– La concentrazione e la localizzazione di atteggiamenti intolleranti varia in funzione di eventi locali,
nazionali e internazionali.
– L’importanza dei media come influencer e diffusori di una certa tipologia di atteggiamenti, nel trattare
notizie ad essi collegati.
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