Medici per i Diritti Umani (MEDU), organizzazione umanitaria e di solidarietà internazionale no profit, porta da anni assistenza medica alle popolazioni vulnerabili in situazioni di crisi in Italia e all’estero, e sviluppa spazi democratici e partecipativi all’interno della società civile per la promozione del diritto alla salute e degli altri diritti umani fondamentali. Per il quarto anno consecutivo il progetto Terragiusta è tornato ad operare in Basilicata e Puglia portando assistenza sanitaria e orientamento socio-legale ai lavoratori stranieri stagionali impiegati in agricoltura. Ad un anno dall’approvazione della legge contro il caporalato, il dato di fatto evidenziato nel rapporto è che questa pratica continua ad essere un fenomeno pervasivo. Quasi tutti i braccianti stranieri incontrati da MEDU ricorrono ancora al caporale per trovare lavoro, per l’organizzazione della giornata lavorativa e per il trasporto sui luoghi di lavoro, e il pagamento a cassone (il 39% dei lavoratori incontrati viene retribuito a giornata, l’8% a ora e il restante 53% “a cassone”, che diventa fonte di maggior guadagno, nonostante lo sforzo fisico richiesto sia decisamente maggiore) e il lavoro grigio (i lavoratori regolarmente soggiornanti ricevono la comunicazione di assunzione, ma nessuno la busta paga, da cui si evince il numero di giornate effettivamente dichiarate) restano le modalità di impiego più diffuse. Ne consegue che, con questo sistema di impiego dei braccianti, i contributi versati dal datore di lavoro non necessariamente corrispondono al numero di giornate effettivamente svolte, con conseguenti problemi per il bracciante ad accedere ad istituti di previdenza, quali la disoccupazione agricola. A tale proposito, da anni, la Regione Basilicata riferisce l’intenzione di voler adottare una modalità di controllo più approfondita, che faccia riferimento ad una serie di indici, tra cui la quantità di acqua consumata dall’agricoltore, di ettari produttivi e di prodotto offerto al trasformatore: l’adozione di questo sistema di verifica potrebbe risultare efficace nel persuadere i datori di lavoro a dichiarare tutte le giornate effettivamente lavorate dai dipendenti, ma ad oggi non si constata nessun passo avanti in tal senso.
Le condizioni alloggiative, tanto nella zona del Vulture – Alto Bradano (negli insediamenti informali siti tra i Comuni di Venosa, Montemilone e Palazzo San Gervasio, in particolare in contrada Sterpara, contrada Saraceno e nel “ghetto” di Mulini Matinelle) che a Borgo Mezzanone (l’insediamento che ospita circa 1500 migranti, a fronte di una capienza massima di poco più di 600, a ridosso del CARA), permangono assai critiche. Attorno ai vecchi casolari del Vulture Alto Bradano, sorgono baracche e altri ripari di fortuna costruiti dai migranti con traversine di legno ricoperte da teli di plastica, “cuciti” insieme con i tubicini di irrigazione. L’interno dei ripari è rivestito in cartone e talvolta polistirolo recuperato dai contenitori delle piante di pomodoro, che permette una maggiore coibentazione. L’elettricità è garantita da alcuni generatori, mentre due grosse cisterne che attingono acqua non potabile dalla casa di un caporale attraverso una lunga tubatura alimentano anche un ingegnoso sistema di docce. Le circa 450 persone presenti sono di varia nazionalità: Burkina Faso, Mali, Sudan, Costa d’Avorio, Ghana, Niger, Senegal, Gambia, Guinea Conakry e Sierra Leone. Tra queste è presente anche un numero esiguo di donne, quasi tutte di nazionalità nigeriana. A tale proposito, come già lo scorso anno, si è registrato un aumento di cittadine di origine nigeriana in tutti gli insediamenti informali, le quali sono presumibilmente vittime di tratta a scopo di sfruttamento sessuale.
MEDU fa rilevare che, nel Comune di Palazzo San Gervasio, in una zona periferica, il 3 agosto ha aperto i battenti il centro d’accoglienza temporaneo per lavoratori stranieri, affidato per il quarto anno consecutivo al Comitato locale della Croce Rossa Italiana. Dalla visita effettuata il 12 settembre dal team di MEDU sono emerse una serie di criticità in relazione alle dotazioni a disposizione degli ospiti del centro (essendo presenti complessivamente 13 fornelli, 5 tavoli, 30 sedie, 10 bagni e 10 docce); mancano alcuni servizi essenziali tra cui la distribuzione di lenzuola, cuscini e coperte per le brandine; non è presente un’infermeria né operatori sanitari che possano far fronte a situazioni d’emergenza. Il personale inoltre è composto da volontari ed operatori della CRI, ma sono assenti mediatori culturali ed operatori sociali con conoscenze specifiche su immigrazione e diritti sul lavoro. Nonostante sia previsto dal Contratto Collettivo Nazionale e da quello Provinciale, i datori di lavoro non offrono ai lavoratori una sistemazione abitativa durante il periodo della raccolta. Oltretutto, resta difficile anche l’esercizio di diritti fondamentali e basilari, quali il diritto alla salute, al lavoro, alla casa, che vengono negati attraverso il mancato riconoscimento del diritto all’iscrizione anagrafica, in assenza di una dimora effettiva, e di conseguenza la mancata iscrizione al servizio sanitario e il mancato rinnovo dei documenti di soggiorno.
A fronte dei piccoli passi in avanti compiuti dalla Regione Basilicata, cosi come dalla Regione Puglia, nel corso degli ultimi anni, nell’implementazione di politiche e prassi volte al superamento dell’illegalità e dello sfruttamento lavorativo in agricoltura, restano molto critiche le condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri, tanto nel potentino che nel foggiano. MEDU, quindi, formula, nelle conclusioni, una serie di raccomandazioni a breve e medio termine, per contribuire al superamento delle problematiche descritte e riscontrate sul terreno.
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