“Sporco negro, gli immigrati via dall’Italia”: queste le parole che hanno accompagnato l’aggressione subita da due uomini, un cittadino bengalese di 27 anni e un egiziano, nella notte fra sabato e domenica 29 ottobre, in piazza Cairoli, a Roma. Sono cinque gli aggressori fermati dalle forze dell’ordine: tutti italiani, hanno tra i 17 e i 20 anni. Quattro sono indagati a piede libero per lesioni volontarie, e su di loro la questura di Roma ha emesso cinque daspo della durata di cinque anni. Convalidato invece l’arresto per tentato omicidio nei confronti del 19enne che si sarebbe accanito sul volto della vittima quando era già a terra, colpendola ripetutamente con calci. Il giovane originario del Bangladesh ha infatti diverse lesioni, e si trova al momento ricoverato all’ospedale San Camillo, con 30 giorni di prognosi per importanti fratture a mandibola, orbite oculari e naso. Sarebbe stato l’intervento delle amiche degli aggressori a evitare il peggio.
Le indagini confermano l’aggravente dell’odio razziale, e sottolineano il legame tra i giovani e gli ambienti di estrema destra: un legame che emerge anche dai profili Facebook dei giovani, tra saluti romani e sostegno alla manifestazione di Forza Nuova convocata a Roma per il prossimo 4 novembre (vedi qui). I giovani sono anche legati agli ambienti ultras romanisti.
Questa ennesima, grave aggressione deve necessariamente portare a una riflessione politica. Sono numerosi i casi di razzismo e xenofobia che attraversano tutti gli ambiti sociali: sicuramente le curve dello stadio, dove da anni sono presenti frange importanti dell’estrema destra. Il caso degli adesivi ritraenti Anna Frank con la maglietta della Roma è l’ultimo grave episodio che palesa questa presenza (che varca i confini nazionali: i tifosi del Düsseldorf hanno infatti diffuso molti adesivi con Anna Frank con la maglia dello Schalke 04. Ma incasellare questi atti esclusivamente all’interno dell’ambito calcistico sarebbe fuorviante, oltre che profondamente scorretto. Da anni assistiamo a un incremento della violenza razzista: una violenza che va a colpire i “diversi”, gli “stranieri”, le persone considerate maggiormente vulnerabili, prese di mira su molti fronti. Dai tagli finanziari, che decidono di non investire nell’edilizia popolare, nella scuola pubblica, nella sanità, marginalizzando chi non può permettersi di pagare affitti sempre più costosi, rette per la mensa dei figli, ticket sanitari sempre più alti; dal discorso politico, che strumentalizza la presenza sul territorio italiano di persone senza voto, evitando di costruire programmi a lungo termine ma mirando piuttosto alla ricerca di un capro espiatorio contro cui scagliarsi; dai media, che spesso cadono nei tranelli di una comunicazione rapida, poco approfondita, molto sensazionalista, che non aiuta la comprensione del reale ma alimenta stereotipi e pregiudizi. Tutto questo si esplicita poi, conseguentemente, negli atteggiamenti sempre più aggressivi di cui le nostre città sono diventate teatro, e nei quali spesso i protagonisti sono giovani.
La violenza razzista non è un fenomeno SOLO giovanile, non è un fenomeno SOLO calcistico, così come non è un fenomeno SOLO social: interessa l’intera nostra società. A gennaio 2017, a Roma, in zona Tuscolana, un gruppo di minorenni italiani aggrediva un 51enne originario del Bangladesh, a cui poi era stata asportato un occhio per le botte subite. Nello stesso periodo, tre ventenni, coordinavano un gruppo di minorenni, tra i 14 e 17 anni, per portare a termine diverse rapine in esercizi commerciali siti tra l’Appio e il Tuscolano, tutti gestiti da cittadini stranieri: “Tornatene al tuo Paese”, “Andate via”, “Non chiamate la polizia o sarà peggio per voi”. Nel marzo 2017, a Brindisi, un cittadino di origine indiana che vendeva in strada mazzetti di mimose veniva aggredito a calci e pugni da due cittadini italiani. Pochi giorni dopo, di nuovo a Roma, un 33enne originario del Bangladesh veniva picchiato da un gruppo di giovani a bordo del treno per Anzio. Dopo pochi giorni, a Rimini un 39enne italiano aggrediva un richiedente asilo nigeriano di 25 anni, prima con insulti razzisti e poi con uuna coltellata all’addome. A giugno 2017, a Lucca, uno studente di 14 anni, nato in Italia da genitori tunisini, veniva aggredito da un gruppo di italiani tra i 40 e 50 anni: insultato («marocchino di mer..», «bastardo», «ti ammazzo», «andatevene via») e picchiato nell’indifferenza generale. Pochi giorni dopo si chiudevano le indagini condotte a Massa sull’atteggiamento razzista e violento di alcuni carabinieri, che avrebbero portato avanti pestaggi e aggressioni ai danni di diversi cittadini di origine straniera. Lo scorso luglio un cittadino italiano di origine bengalese di 52 anni, 25 dei quali vissuti in Italia, è stato picchiato e insultato con frasi razziste da un gruppo di giovani, perchè gli era stato assegnato un alloggio popolare a Tor Bella Monaca. E andando indietro nel tempo: Emmanuel Chidi Namdi, richiedente asilo nigeriano di 36 anni, è stato ucciso il 5 luglio 2016 a Fermo, da un uomo vicino a gruppi di estrema destra. Sare Mamadou è stato ucciso da un colpo di fucile in pieno petto, a Lucera il 21 settembre 2015, perché ha rubato in un campo un melone da mangiare. Roberto Pantic nella notte tra il 21 e 22 febbraio 2015 a Calcio, in provicia di Bergamo, è stato ucciso con un colpo di pistola mentre stava dormendo nella sua roulotte. Muhammad Shazad Kan, cittadino pakistano di 28 anni, è stato picchiato a morte a Roma nel quartiere di Tor Pignattara il 18 settembre 2014, da un diciassettenne che veniva incitato dal padre. Queste sono solo alcune delle aggressioni che abbiamo documentato nel Quarto libro bianco sul razzismo in Italia, con cui abbiamo provato a proporre alcune riflessioni e abbiamo ricordato alcune delle aggressioni razziste degli ultimi anni. Sono 1483 le discriminazioni e le violenze fisiche e verbali che abbiamo monitorateo per il periodo compreso tra l’1 gennaio 2015 e il 31 maggio 2017. Solo nel 2016, sono state 210 le manifestazioni, le barricate, le raccolte di firme, le aggressioni contro le strutture preposte all’accoglienza di cittadini di origine straniera. Spesso sono state organizzate da esponenti di estrema destra (qui il dossier ‘Accoglienza. La propaganda e le proteste del rifiuto, le scelte istituzionali sbagliate’).
Stiamo costruendo una società escludente, razzista, sessista, aggressiva e violenta. Invece di stupirci (o fare finta di stupirci) ogni volta che qualcosa ce lo ricorda, dobbiamo al più presto attivarci per invertire la rotta.