Tutto in 48 ore. E l’Europa si sente nuovamente “assediata” (o almeno è quello che vogliono farci credere) e reagisce alle frontiere tanto via mare quanto via terra. Intanto, l’aumento del numero degli sbarchi sbandierato sulle prime pagine dei quotidiani di questi giorni non è ovviamente un caso: l’arrivo della primavera, del clima favorevole e la situazione incerta in Libia favoriscono del resto le nuove partenze.
Questo week end, però, c’è stata un’impennata delle traversate, in grande prevalenza dalle coste libiche: sono state salvate 1.400 persone (circa un quarto del dato complessivo registrato dall’inizio dell’anno, ndr) nel Canale di Sicilia grazie all’intervento di tre navi umanitarie (Aquarius, Proactiva Open Arms e Seawatch) e dalle navi militari di Eunavformed, mentre almeno 11 persone sono morte in un naufragio a nord di Sabratha, in Libia, dove la Guardia costiera libica ha fermato 263 persone, riportandole sulle coste africane.
Secondo i più recenti dati del Ministero dell’Interno, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, gli sbarchi sarebbero in calo: ovvero finora 7.814 rispetto ai 36.871 dello stesso periodo (il 79% in meno). Questo sarebbe dovuto in parte alle politiche adottate dal governo Gentiloni e dal ministro degli Interni Minniti, in parte al ruolo della Guardia Costiera libica, e in parte perché i paesi in cui i migranti transitano hanno cominciato a chiudere le loro frontiere. E’ stato lo stesso ministro dell’Interno a rivendicarne i risultati: “C’è una riduzione degli sbarchi per il nono mese consecutivo. Abbiamo messo in campo un modello che tiene insieme umanità e sicurezza e questo è un orgoglio per il nostro Paese”. E ad aprile si è registrato il segno negativo per il decimo mese consecutivo.
Intanto, la “Iuventa” resta sotto sequestro al porto di Trapani. Lo ha deciso, poche ore fa, la prima sezione penale della Corte di Cassazione che si è pronunciata sul ricorso, presentato dai legali della ong tedesca “Jugend Rettet”, impegnata nelle attività di soccorso ai migranti nel Mediterraneo. La nave era stata fermata lo scorso 2 agosto da un provvedimento del gip di Trapani, con l’accusa di “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina”. Lo scorso 20 aprile un’altra nave impegnata in operazioni di salvataggio, la “Open Arms” della ong spagnola Proactiva, era stata invece dissequestrata a Ragusa dopo il provvedimento di sequestro disposto lo scorso 18 marzo dalla Procura di Catania.
Sul fronte opposto, alla frontiera con la Francia la situazione non migliora. Anzi. La tensione resta alta anche su questo fronte: un’escalation cominciata con i respingimenti di Bardonecchia, proseguita con l’occupazione da parte dei migranti di una parrocchia a Clavière, e culminata con l’irruzione di doganieri francesi nel centro di accoglienza in territorio italiano. E poi ancora, terminata con l’azione degli estremisti di Generation Identitairie, i quali hanno indetto un presidio erigendo una rete di plastica lunga centinaia di metri contro il passaggio degli stranieri “illegali” (vedi anche la nuova legge sul diritto d’asilo proposta da Macron).
Intanto, sull’altro versante, in Grecia, a Lesbo, decine di migranti sono rimasti feriti dall’aggressione di un gruppo di estremisti, mentre da giorni protestavano in piazza per le condizioni di accoglienza e per ottenere risposta alle loro istanze di asilo.
Un’Europa che, insomma, non cessa di alzare gli scudi, tirando fuori vecchi slogan e già note strategie di difesa dei confini. E l’impressione è quella di essere di fronte a un maledetto e infinito déjà vu.