Fermare la strage, subito! Sotto questa richiesta intrisa di dolore e di rabbia ieri in piazza Montecitorio si sono riunite moltissime persone. Si parla di più di mille partecipanti al presidio romano, accompagnato da decine di iniziative in altre città italiane: uniti per gridare all’Unione Europea, ai governi dei paesi membri e all’esecutivo italiano che non c’è più tempo da perdere né vi sono parole da sprecare. E’ il momento, ora, delle “azioni concrete e immediate”.
In realtà questo momento è arrivato da tempo, e le persone, le associazioni, i sindacati e i movimenti presenti ieri denunciano da anni l’inerzia della politica europea e nazionale di fronte alle continue stragi che si consumano nel Mar Mediterraneo, e anche altrove, nel deserto libico, nei paesi in guerra, lontano dai nostri mezzi di comunicazione e dai nostri occhi, dunque più facilmente sottaciute. Ma ora, dopo la morte di circa 900 persone nell’ultimo naufragio, non si può più aspettare: tutti i calcoli, i dibattiti, le negoziazioni devono lasciare il passo al senso di umanità. Al cordoglio devono però sopraggiungere, appunto, le azioni. Altrimenti il cordoglio diventa ipocrisia, soprattutto se espresso da chi ha il potere di cambiare le carte in tavola e non lo fa.
“In una settimana più di mille morti in due stragi annunciate – si legge nel comunicato con cui è stato lanciato il presidio – Stragi che hanno responsabilità precise: le scelte politiche e le leggi dei governi dell’UE (compreso quello italiano) che consegnano le persone in cerca di protezione nelle mani dei mercanti di morte”. Quello che viene richiesto a gran voce dai tanti interventi che hanno animato la piazza è una presa di responsabilità istituzionale per invertire davvero la rotta. I punti sollevati sono concreti: l‘apertura di vie d’accesso legali e di canali umanitari, unico modo per evitare i viaggi della morte e permettere a chi fugge da guerre e persecuzioni di cercare protezione in modo sicuro e legale; la riattivazione da parte del governo italiano di un programma di ricerca e salvataggio, in attesa di un intervento europeo in tal senso, necessario e urgente; la sospensione del regolamento Dublino e la conseguente possibilità per le persone di scegliere il Paese dove andare; la creazione di un fondo europeo a sostegno di un piano di accoglienza dei profughi coordinato a livello europeo.
E’ questa l’agenda delle persone che ancora si addolorano e protestano per le molte, troppe morti che potevano essere evitate. Molto diversa da quella anticipata pochi giorni fa dal commissario europeo per l’immigrazione Avramopoulos, durante il vertice congiunto di ministri degli Esteri e dell’Interno europei. Le misure, che dovrebbero essere presentate ufficialmente a maggio, si concentrano sulla lotta ai trafficanti, sul controllo delle frontiere, sul contrasto delle migrazioni “illegali”. (Qui l’approfondimento sull’agenda presentata). Nessun accenno alle persone che hanno perso la vita nell’ultima strage. Nessun riferimento alle oltre 1.750 persone morte, dall’inizio del 2015, mentre cercavano di attraversare il Mediterraneo: un numero – che corrisponde a millesettecentocinquanta esseri umani – 30 volte superiore a quello registrato per lo stesso periodo nel 2014 (dati Oim). Le persone sono del tutto dimenticate anche dal Ministro dell’Interno che proprio poco prima dell’inizio delle proteste aveva parlato di “bombardare i barconi prima che partano”. Una pura e semplice follia.
La distanza tra le persone in piazza ieri e le scelte delle istituzioni resta dunque abissale.