E’ il titolo di un interessante lavoro di informazione audiovisiva sulle condizioni dei minori stranieri non accompagnati in Spagna realizzato da Sos Racisme Catalunya.
L’associazione spagnola dal 1989 si occupa di lotta al razzismo e alla xenofobia con lo scopo di garantire uguali diritti e opportunità a tutte le persone che formano parte della società, senza alcun tipo di discriminazione.
Sos Racisme ha appena realizzato e pubblicato sul suo sito il progetto audiovisivo “De infancia en peligro a infancia peligrosa” (disponibile qui: http://www.sosracisme.org/campanyes/infanciamigrant) che racconta le problematiche e le difficoltà che caratterizzano il percorso migratorio che tanti bambini e adolescenti stranieri non accompagnati devono affrontare per arrivare e rimanere in Spagna e che sfociano, troppo spesso, in drammatiche forme di razzismo istituzionale.
Il webdoc è stato realizzato con l’obiettivo di decriminalizzare l’immagine che frequentemente viene associata ai minori non accompagnati dai mezzi di comunicazione. Per questo motivo il team di S.O.S Racisme ha deciso di dare parola attraverso delle interviste, agli addetti ai lavori, ovvero ai responsabili del sistema migratorio e di protezione all’infanzia e all’adolescenza e non ai ragazzi migranti che vengono generalmente sovraesposti mediaticamente. Una sovraesposizione che li condanna, purtroppo molto spesso, ad una profonda stigmatizzazione generalizzata, come denunciato nel documentario da Georgina Olivera (Secretaria Infancia, Adolescencia y Juventud – Generalitat de Cataluña).
Il racconto si articola tra Spagna e Marocco e attraverso immagini significative e suoni evocativi ci spiega le falle di un sistema incapace di proteggere l’infanzia di questi giovani ragazzi. Ciò che è più grave, come denuncia S.O.S Racisme, è il fatto che nella gestione di questo fenomeno migratorio, la condizione di “straniero” dei minori, venga prima di quella di “bambino”.
Si parte dalla frontiera di Melilla, città spagnola, situata geograficamente in Africa del Nord, a ridosso del Marocco e vero e proprio avamposto del paese iberico. Una linea divisoria tra l’Europa e l’Africa, un luogo di confine attraverso cui i migranti cercano di raggiungere il continente europeo. Le immagini e i suoni del documentario si spostano poi a Nador (Marocco), dove tanti giovani vivono in condizioni di estrema povertà e indigenza, con la speranza di raggiungere un giorno la città spagnola di confine. A Nador i migranti marocchini, così come coloro che vengono da altri paesi, sono vittime di violenze e arresti sommari da parte delle autorità locali, come denunciato dall’Associazione Marocchina per i Diritti Umani.
Si arriva infine in Spagna. Lo stato iberico sottopone (come in Italia) i migranti minorenni a degli esami fisici che hanno lo scopo di valutare la loro età (per verificare se si tratti effettivamente di minorenni). L’immagine di copertina del documentario è infatti la radiografia di una mano. L’esame dello sviluppo osseo serve a identificare l’età dei ragazzi. E nel caso in cui si dovesse stabilire la maggiore età non avrebbero diritto di accesso ad un Centro di protezione.
Una pratica questa, fortemente contestata e condannata sia da organi giuridici sia da organizzazioni che si occupano della protezione dei diritti umani.
Una volta arrivati in Catalogna, da Barcellona i ragazzi e le ragazze migranti vengono ricollocati in altri centri per minori presenti nella Comunità, ma, come denuncia, Albert Parés, avvocato e Presidente dell’Associazione “Noves Vies”, questi centri spesso sono isolati, dispersi tra le montagne e rischiano dunque di ghettizzare i giovani migranti invece di favorire la loro inclusione sociale.
Questi sono solo alcuni dei punti evidenziati nel documentario e per questo motivo vi invitiamo a visionarlo. Ciò che emerge sicuramente è un sistema che dovrebbe essere profondamente ripensato poiché non è ammissibile privare dei bambini e delle bambine del loro diritto all’infanzia.