“Evitare di passeggiare per il paese in gruppi numerosi, limitandosi a gruppi ristretti di 4 o 5 persone. I gruppi numerosi devono essere accompagnati da personale idoneo. Evitare la frequentazione di parchi giochi o strutture pubbliche destinate a bambini e famiglie.”
Siamo forse in Sudafrica prima del 1994? O nell’Alabama degli anni 50? No: siamo a Sondrio, in Italia, nel 2016. E queste righe sono state scritte dalla Prefettura di Sondrio nella circolare inviata ai gestori delle strutture di prima accoglienza per richiedenti asilo. Nel ricordare “l’esigenza di rispettare le norme previste dalle convenzioni”, il documento prefettizio “in relazione al crescente numero di stranieri accolti nella provincia [..] richiama l’attenzione sulla necessità di una condivisione di azioni utili a garantire una gestione ottimale degli ospiti in oggetto”. Tra queste, il rispetto degli orari di ingresso e uscita dai centri, il divieto di praticare qualsiasi forma di accattonaggio, il divieto di camminare in gruppi numerosi, il divieto di frequentare spazi destinati a bambini e famiglie.
“Consigli” preoccupanti, dai quali trapela l’idea di “accoglienza” della prefettura del capoluogo piemontese. In primo luogo, i cittadini stranieri presenti nelle strutture devono essere gestiti, con una oggettivazione delle persone che non lascia alcuno spazio all’autonomia e alla costruzione di percorsi di crescita personale e comunitaria. Ma di fronte a quanto sollecitato dal Prefetto tutto questo sembra pura utopia: i cittadini di origine straniera – in questo caso richiedenti asilo – non devono camminare per le strade della città se non a piccoli gruppi, o “accompagnati da personale idoneo”. Perché degli adulti non possono essere liberi di camminare in giro per la città, non è dato sapere. Così come non si capisce cosa la Prefettura intenda con “personale idoneo”. Lo stesso vale per il consiglio di non frequentare parchi giochi e spazi con presenza di bambini. Per quanto riguarda l’accattonaggio, viene da pensare che se dei richiedenti asilo, che per legge dovrebbero ricevere accoglienza e servizi, sono costretti a chiedere l’elemosina, forse qualcosa che non va c’è, e deve essere rintracciato nel modello di accoglienza che il nostro paese è in grado di assicurare.
Il Prefetto non esplicita il motivo di tali direttive, lasciando così a noi il compito di interpretarne le intenzioni. Di fronte alle misure sollecitate, quello che emerge con forza è un approccio meramente securitario e contenitivo nell’ “accoglienza” dei richiedenti asilo, persone che la Prefettura sembra considerare come soggetti estremamente pericolosi.
Lo evidenzia anche Asgi in una lettera destinata al Prefetto: “Non possiamo non segnalare – afferma l’associazione – quanto la prescrizione di tenere lontani i richiedenti asilo dai luoghi frequentati da bambini accrediti una immagine del richiedente asilo come in sé stesso pericoloso, immagine che certamente non favorisce quegli obiettivi di socializzazione e di promozione della coesione sociale che dovrebbero invece essere perseguiti da qualsiasi autorità pubblica e massimamente da quella che rappresenta il governo”. Anche la Rete Antifascista di Sondrio denuncia il pregiudizio palese alla base delle misure previste dalla circolare, di cui sollecita il ritiro. Una richiesta avanzata anche da Asgi: l’associazione, sottolineando che le “misure suggerite non trovano alcun fondamento nelle norme di legge”, chiede la revoca immediata della circolare, annunciando, in caso ciò non dovesse avvenire, una pronta attivazione in sede giudiziale “al fine di ottenere il rispetto dei diritti lesi e il ripristino della parità di trattamento prevista dalla legge”.
Mentre scriviamo, apprendiamo che proprio in questo momento la Prefettura ha diramato un nuovo comunicato riguardante la convocazione di una riunione, su richiesta del responsabile Caritas di Como e del Vescovo della Diocesi di Como e Sondrio, sul tema dell’accoglienza. “Con l’occasione, – si legge nel comunicato – si fa presente che la circolare diretta ai gestori delle strutture di accoglienza, oggetto di mero errore materiale, va intesa non prodotta e sarà oggetto di totale revisione nella programmata riunione”. Accogliendo questa notizia positiva, non possiamo non sottolineare che è necessario e opportuno mantenere alta la soglia di attenzione: perché questo è quello che è successo nell’Italia del 2016, e forse senza il pronto intervento di opinione pubblica e movimenti della società civile non ci sarebbe stato alcun ripensamento.
Serena Chiodo