Pubblichiamo, qui di seguito, l’appello del Presidio Permanente No Borders Ventimiglia che propone tre giornate di workshop, l’11, 12 e 13 settembre, che possano servire a costruire una mobilitazione ampia e transnazionale contro confini, razzismo, sfruttamento e militarizzazione dei territori.
La frontiera italo-francese di Ventimiglia è un luogo carico di contraddizioni. Dalla chiusura del confine alla metà di giugno 2015 questo luogo ha mostrato tutta la violenza che caratterizza le politiche europee in materia di immigrazione. Qui abbiamo visto coi nostri occhi i rastrellamenti della polizia sui treni e nelle stazioni fermare le persone sulla base del colore della pelle, siamo stati testimoni delle deportazioni che quotidianamente subiscono centinaia di migranti, siamo stati oggetto dei fermi di polizia messi in atto dai tanti posti di blocco di qua e di là dal confine.
A questa repressione risposero per primi i migranti, occupando gli scogli a ridosso della frontiera e costruendo un presidio che nel corso di questi mesi è diventato uno spazio di resistenza, complicità e lotta. Da allora sono state tante le iniziative e le azioni dirette che dal presidio No Borders hanno messo in discussione la chiusura del confine, la sua logica e le sue conseguenze.
A questa resistenza, dopo un primo fallito tentativo di sgombero, il potere ha opposto una strategia di bassa intensità, esercitando una pressione costante sul campo. L’attacco da parte delle forze di polizia, italiane e francesi, è stato portato avanti con il supporto dei trafficanti e della logistica fornita dalla Croce Rossa Italiana, nonché grazie al contributo di giornalisti e politici conniventi, tutti uniti nella strumentalizzazione della presunta “emergenza profughi”.
L’escalation repressiva nei confronti dei solidali è culminata in diversi episodi che qui accenniamo. La nostra azione di monitoraggio e contrasto delle deportazioni attraverso la frontiera alta di Ponte San Luigi ci sono già costate 18 denunce per occupazione, un arresto e 7 fogli di via, senza contare i tanti episodi di intimidazione ai quali quotidianamente siamo esposti. Questi provvedimenti amministrativi non sono comunque serviti a mettere fine al processo di autorganizzazione di migranti e solidali al confine.
Dopo due mesi il presidio permanente No Borders di Ventimiglia è ancora al suo posto, e fa appello a tutte le reti, i singoli e le collettività che in questi mesi si sono mobilitate in solidarietà ai migranti in viaggio per rilanciare un percorso transnazionale contro confini, razzismo, sfruttamento e militarizzazione dei territori.
A partire dalla tre giorni transnazionale del 24-25-26 luglio abbiamo aperto alcuni importanti ragionamenti sul senso e la direzione della nostra lotta. Se la Fortezza Europa ha ormai dismesso il volto umanitario con il quale è solita auto-rappresentarsi e mostra oggi tutta la violenza delle sue aspirazioni coloniali, il protagonismo e la determinazione mostrata dalle persone in viaggio nelle ultime settimane esprimono la necessità di rilanciare la lotta per la libertà di circolazione per tutte e tutti. I tentativi di attraversamento in massa dei confini che abbiamo visto a Ventimiglia e Calais, sulle isole greche e al confine Macedone, così come le migliaia di persone che individualmente o in piccoli gruppi attraversano quotidianamente i confini in tutta Europa e oltre, rendono evidente l’insostenibilità delle politiche europee e ci pongono il problema di quale contributo dare a questo movimento.
La moltiplicazione dei confini, la creazione di decine di campi profughi ai quattro angoli del continente e la criminalizzazione, o nel migliore dei casi la riduzione a oggetto, dei migranti che abbiamo sotto i nostri occhi ci impongono di proseguire il grande lavoro di relazione e condivisione delle pratiche di solidarietà attiva. Continuare a sostenere esplicitamente l’attraversamento dei confini e costruire nuove geografie che disegnino mappe di libertà è sicuramente una parte del lavoro che abbiamo davanti, ma non l’unica.
Il nostro supporto deve essere innanzitutto una denuncia delle cause reali che generano i movimenti migratori, delle conseguenze della chiusura dei confini sulla vita delle persone e dei responsabili di tutto questo. Se a migliaia stanno morendo annegati in mare, asfissiati in un camion o schiacciati da un treno in corsa questo avviene perché così è stato deciso. Le politiche del debito, l’esproprio delle risorse e lo sfruttamento delle persone in intere regioni del mondo ad opera di governi e multinazionali sono scelte consapevoli fatte da chi comanda. Le cosiddette elitès globali hanno le mani sporche di sangue, e sono nauseanti le loro dichiarazioni di cordoglio per le vittime del traffico di esseri umani. Alcuni dei rappresentanti della classe dirigente che oggi speculano sulla fuga di uomini e donne dai propri paesi d’origine sono gli stessi criminali e gli stessi assassini che su questo movimento fanno affari d’oro, anche sostenendo quei regimi autoritari dai quali formalmente prendono le distanze. Davanti alle loro lacrime di coccodrillo è necessario ribadire la loro responsabilità politica e trasformare il dolore per quanti muoiono in rabbia organizzata contro di loro.
Nel corso dell’assemblea vorremmo quindi sviluppare un ragionamento articolato, che tenga conto tanto delle cause che generano i movimenti migratori, quanto delle possibilità che si aprono sui territori in termini di lotta e risposta ai bisogni e allo sfruttamento che vivono i migranti nei luoghi di partenza e di destinazione. Riteniamo fondamentale infatti riflettere su come la militarizzazione dei territori, in Europa così come in Africa ed in Medioriente, abbia effetti devastanti sulle vite di chi li attraversa e di chi li abita, e sulle dinamiche di espropriazione e sfruttamento che sono causa e conseguenza dell’attuale strategia del comando capitalista.
E’ a partire da questi ragionamenti, per quanto approssimativi e senza pretese di esaustività, che proponiamo tre workshop che possano servire a costruire una mobilitazione ampia e duratura.
Questa nuova assemblea transnazionale a Ventimiglia dovrebbe quindi essere l’occasione per costruire maggiore incisività sul piano politico. Per fare questo è necessario che alle nostre riflessioni seguano mobilitazioni all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte.
Ci pare utile, in quest’ottica, rilanciare già alcune delle proposte di mobilitazione, alle quali speriamo di aggiungerne altre, emerse fino ad ora.
6 Settembre: Libertà senza confini! Basta frontiere, basta galere!
Giornata di iniziative ed azioni diffuse sui territori contro la repressione, per la costruzione di geografie alternative e solidali.
15 Settembre: giornata di mobilitazione per Kobane
Ci sembra interessante metterci in connessione con la settimana di mobilitazioni per l’apertura di una canale umanitario per Kobane, provando a costruire un appuntamento di solidarietà durante il 15 Settembre.
3 ottobre: A due anni dal naufragio sul canale di Sicilia in cui morirono più di 400 persone, ci sembra importante raccogliere la proposta che viene da Lampedusa riguardo la proiezione diffusa di un documentario d’inchiesta sui fatti di quel giorno e la costruzione un dibattito rispetto alle politiche securitarie e militari che ne sono seguite. Sia chiaro, non si tratta di compiere l’ennesimo vuoto rituale della commemorazione e del cordoglio su quella data che nulla produce oltre ad una estemporanea indignazione, quanto piuttosto si tratta di mettersi in connessione e trovare spazi per ragionare insieme e costruire pratiche che da Lampedusa a Calais sappiano sabotare le politiche europee sull’immigrazione.
17-24 ottobre: Partecipare ed estendere la proposta di mobilitazione lanciata dai Comitati Sans Papier, farne l’inizio di un processo transnazionale di lotta contro confini, razzismo, sfruttamento e militarizzazione dei territori.
From Lampedusa to Calais, we are not going back!
Presidio Permanente No Borders Ventimiglia